Già, è proprio tempo di pregare. E come si prega? E perché? Sono domande che qualcuno ancora si pone, ma la vita frenetica e vorticosa che viviamo, spesso se non sempre, ci impedisce anche di pregare. E non alludo alle preghiere preconfezionate come i prodotti di un supermercato, recitate solo ed esclusivamente al bisogno, al momento, per chiedere aiuto e grazie e pensare di essersi messi davvero in adorazione.
Certo, in questo momento terribile che sta attraversando l’intera umanità tra epidemie, guerre, carestie e conseguenti crisi alimentari, pare che la preghiera sia rimasta l’ultima possibilità. Penso comunque che la preghiera sia altro: è meditazione, è contemplazione, si è richiesta, ma è anche lode e ringraziamento; ce lo ricordiamo qualche volta? Ed è soprattutto tempo. In fondo è la stessa Bibbia nel libro di Qoelet a recitare: “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire…un tempo per piangere e uno per ridere, un tempo per fare lutto e un tempo per danzare..” e la lista continua per concludere poi: “Tutto è vanità” E non dobbiamo scandalizzarci del messaggio inquietante diffuso da Qoelet.
In fondo siamo ancora nell’Antico Testamento, Gesù non era ancora entrato nella storia a completare la Legge con la sua “rivoluzione” e il suo messaggio di salvezza per l’umanità. Quindi se c’è un tempo per ogni cosa, mi chiedo, perché troviamo così difficile trovare uno spazio per la preghiera? Sempre per lo stesso motivo: il tempo che ci sfugge dalle dita come sabbia, perché non siamo mai soddisfatti, perché la lista delle cose da fare in giornata era lunghissima e non siamo riusciti a portare a termine tutto ciò che ci eravamo imposti. Risultato? La sera siamo distrutti, stanchi e insoddisfatti e pregare sembra forse un’altra imposizione, per alcuni proprio una perdita di tempo.
E hanno ragione, perché accostarsi così alla preghiera, ma anche alle pratiche devozionali, è un’autentica perdita di tempo. Papa Francesco ci raccomanda di trascorrere almeno tre minuti con il Signore, ma fatti bene. Non si tratta solo un’ave Maria e un Padre nostro recitati come una poesia, a disco. A questo proposito ricordo sempre un’insegnante che alle scuole medie ci faceva recitare le preghiere all’inizio e alla fine delle lezioni: e già allora un’altra insegnante agnostica, ci prendeva pesantemente in giro, definendoci “pecore” perché recitavamo ciò che ci veniva ordinato senza convinzione, biascicando le parole insieme al pane e salame della merenda. Io mi ci arrabbiavo tantissimo, pur pensando che in fondo un po’ di ragione l’aveva, ma quel rito era importante e poi pensavo: “Ma non siamo tutte pecore di un unico gregge?.
Gesù parla spesso di pecorelle smarrite, di agnelli, e di pecore e non in senso negativo” e così mi consolavo. Ritornando al discorso del tempo è proprio così, dobbiamo cambiare marcia, smettere di imporci maratone impossibili e liste di cose da fare. Il Signore non misura il quanto, ma il come; guarda al nostro cuore, non sta lì a misurare quante cose buone abbiamo fatto, o quante orazioni abbiamo recitato, ma mira alle intenzioni, alla buona volontà, al poco che possiamo fare, al tempo che gli dedichiamo con sincerità e amore. Quindi smettiamola con corse frenetiche contro il tempo; smettiamola di lasciarci trascinare dalla follia del “tutto e subito” perché così perderemo il gusto di tutto ciò che stiamo vivendo. E ripeto troviamolo questo scampolo di tempo per pregare! Impariamo a fare tesoro del tempo che Dio ci dona, a godere il momento della gioia, a sopportare il periodo della prova, a tacere per accettare il momento del silenzio e dell’ascolto.
E proprio in questo momento non rinunciamo al dialogo con Lui, col Padre misericordioso per un attimo autentico di vera preghiera. Quanti pregiudizi, in tanti fratelli credenti a modo loro, bloccati nella loro sclerosi spirituale e mentale. Costoro sono proprio allergici ai luoghi sacri, ai sacerdoti e ai religiosi in genere. Credono e si autoassolvono a modo loro perché tanto “i preti” non sono credibili e citano solo gli scandali. Di tutto il bene che viene fatto silenziosamente non ne parlano proprio. E anche andare in chiesa è una pena per loro, perché, anche lì, ti accoglie un Cristo in croce, come se già non soffrissimo abbastanza! E poi i sacerdoti di che parlano? Di beata “Speranza” non di certezze, quindi neanche loro sanno di che stanno parlando.
Gli si propone un cammino di fede, di catechesi, un gruppo di preghiera, una qualunque attività per illuminare la loro vita spirituale. Ma anche lì, la risposta è sempre la stessa: ma chi ce l’ha il tempo? Ecco, la grande tentazione del nostro tempo è proprio questa : trovare il tempo per mille cose e affannarsi all’inverosimile per trovarlo, ma non avere mai tempo per Dio.
Troviamolo invece questo momento da vivere accanto a Lui, anche senza parole: un tempo di pace, di ascolto, di amore e di abbandono. Proviamoci, almeno!