Commento al Vangelo Lc 9,51-62
Eh sì, si riparte. Dopo il lungo periodo trascorso, ora riprendiamo la lettura continua del vangelo di Luca portando tutto quello che abbiamo vissuto. Il Signora affida a noi suoi discepoli di raccontare di Dio. Cosa dobbiamo raccontare, aiutati dallo Spirito Santo in questo tempo di mezzo in attesa del suo ritorno? Che Dio è comunione di amore, che siamo amati, che siamo esseri amati da Dio e che possiamo amare, facendo diventare la Chiesa non un’organizzazione del Sacro ma la compagnia degli uomini e delle donne che si sono scoperti amati e che scelgono di amare e di donare Dio agli altri. Come dire di Dio? Ecco che la parola ci viene in aiuto ancora una volta. Esso parla del discepolato.
Cosa vuol dire essere cristiani oggi? Chi è cristiano? Quello che va a messa la domenica? Più o meno … quello che anche se non va a messa la domenica difende i valori cristiani? Più o meno … quello che fa delle scelte di vita coerenti? Mi chiedo cosa vuol dire per me essere discepolo, essere cristiano e non cattolico convenzionale. Più di ogni altra riflessione magari bisognerebbe leggere il Vangelo, bisognerebbe sentire che cosa dice Gesù del discepolato! È la pagina di oggi. L’inizio del brano di oggi ci dice che Gesù (siamo verso la fine del capitolo 9 del Vangelo di Luca) prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme; in realtà in greco, che è la lingua in cui sono scritti i vangeli, c’è scritto che egli indurisce il suo volto e si diresse verso Gerusalemme.
Dal capitolo 9 al 19 Gesù è sempre in cammino, ha deciso di andare a Gerusalemme perché Gerusalemme è la città che uccide i profeti, Gerusalemme è la città in cui tutto si consuma, in cui c’è una specie di scontro fra bene e il male, in cui i profeti vengono uccisi; quindi Gesù sa che a Gerusalemme si gioca la partita definitiva. Non fugge, non va da altre parti e non gira intorno, ma va diritto! Ora, questa fermezza, questa durezza del volto cioè questa determinazione, è la ragione per cui il Signore non vuole accanto a sé discepoli senza un’appartenenza, discepoli senza una spina dorsale. Questo non significa essere dei fanatici o formare una setta, però di questi tempi un cristianesimo che sia solo appartenenza sociale o culturale, un cristianesimo che sa solo di Natale, di segni di croce o tradizioni, ma che non diventa il desiderio di stare con, di condividere la visione del mondo e delle cose che ha Gesù, non ce ne è bisogno.
Se tu non sei convinto, se tu veramente non hai fatto esperienza di Dio attraverso Gesù, se tu non sei di Cristo, se tu non sei disposto a indurire il tuo volto anche andando controcorrente, beh allora non va bene! Il Vangelo dice che Gesù manda avanti 6 discepoli, in particolare il gruppo a lui più vicino, che passano attraverso la Samaria. I giudei non andavano proprio d’accordo con i samaritani. I discepoli vanno, ma vengono rifiutati e così tornano indietro. Tra questi c’è Giovanni, che avete sentito, dice a Gesù: “Vuoi che mandiamo un fuoco dal cielo?”. Alla faccia! Giovanni, avete capito? Giovanni l’apostolo che nell’immaginario è quello più tenero, più dolce! Che uno dei dodici, quello che secondo la tradizione è quello più mistico, invochi sui Samaritani che non lo hanno accolto il fuoco dal cielo, è un po’ inquietante! E infatti Gesù lo rimprovera e tira oltre. A volte c’è il rischio che noi discepoli oggi facciamo così, non dico che invochiamo il fuoco dal cielo, ma qualche accidenti a questo mondo che ci tratta male, che rinnega i valori cristiani, che ci sta portando nel baratro, beh un po’ li mandiamo.
Dobbiamo essere molto sinceri e molto onesti: una delle prime condizioni per essere discepoli è prepararsi a prendere qualche rifiuto e non a ragionare secondo la logica del mondo per cui chi mi rifiuta poi in qualche modo merita una punizione divina o da parte mia. Bisogna avere un atteggiamento veramente accogliente, veramente paziente, veramente disposto a capire gli altri. Il vangelo dopo la brutta figura dei discepoli continua e ci racconta di tre incontri di Gesù con tre persone che si offrono dicendogli: “Vengo con te”. Qui troviamo tre modi scorretti di vivere il discepolato. Il primo dice: “Ti seguirò ovunque tu vada”. Gesù specifica a lui e a noi che le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo hanno il loro nido ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Noi a volte cerchiamo la fede, abbracciamo una parrocchia, un gruppo, un movimento, facciamo un percorso per Gesù, sì, ma perché ci dà sicurezza, perché ci troviamo bene con gli altri, perché il mondo fuori è brutto, sporco e cattivo e qui dentro invece mi capiscono.
Cosa sta dicendo Gesù a questo discepolo aspirante e a noi? Guarda di non fare della tua fede un nido, una cuccia, un rifugio. Il figlio dell’uomo non sa dove posare il capo, cioè Gesù per primo non ha voluto una stabilità, e questo a me interroga anche sul fatto che dopo duemila anni di cristianesimo ci siamo un po’ appiattiti. Siamo ancora chiusi nelle nostre piccole roccaforti, nelle nostre chiese, nelle nuove parrocchie di periferia con parcheggio, cancellata, saloni e salette. Questa è una mentalità di fondo che probabilmente va cambiata, è un atteggiamento interiore; siamo ancora disposti a seguire colui che non ha dove posare il capo? Il secondo discepolo chiede di poter andare a celebrare i funerali del proprio genitore che è una cosa assolutamente bella, ma Gesù dice lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Ora ci tengo a dire questo: purtroppo questa parola a volte è stata interpretata in maniera un po’ strana, come dire, esiste una definitività nel seguire il Signore per cui anche dei tuoi genitori chi se ne frega! Molti parlano del “taglio”! Non è proprio scritto questo.
Gesù sta dicendo di stare attenti perché a volte c’è un’urgenza dell’annuncio che può essere ostacolata, che può essere ridiscussa, che può essere smorzata dalle logiche degli affetti, dalle logiche del clan, della famiglia, del gruppo. Le relazioni primarie sono fondamentali con i genitori, con le proprie sorelle, i propri compagni, i propri figli, però nemmeno queste sono esenti dal rischio di essere mortiferi cioè di creare dei legami che alla fine invece di far crescere bloccano, invece di far fiorire ristagnano. Questo sta dicendo Gesù; egli sta dicendo di non anteporre nulla all’amore di Cristo. Ecco chi segue Gesù sa in cuor suo che l’esperienza del seguirlo è la più importante e fondamentale che possa capitare nella vita; perciò egli non coltiva relazioni mortifere, non perde tempo a curare, a coltivare, a seguire relazioni che in realtà non ti portano verso la vita. L’ultimo invito infine è forse quello più impegnativo: nessuno che abbia messo mano all’aratro e si volge indietro è adatto per il regno.
Questa frase sicuramente da una parte ci indica di smettere di guardare indietro e purtroppo, a volte, nella Chiesa abbiamo sempre quelli che guardano indietro, al Papa di prima, al Concilio di prima, com’era una volta, ai miei tempi. È fondamentale e costitutivo nella chiesa, ma questo non vuol dire sedersi, avvitarsi, dicendo si è sempre fatto così! Esiste però secondo me una seconda interpretazione molto bella, perché io mi sono sempre chiesto perché uno si gira indietro quando sta arando. Io non sono un esperto. Penso per questa ragione: per vedere se abbiamo camminato diritto, per non fare i solchi paralleli uno all’altro; e ci sta! Ma perché non va bene per i discepoli? Perché vedere se siamo andati diritti nella nostra vita vuol dire giudicare la nostra vita, vuol dire cercare la coerenza che Gesù non chiede. Le nostre vite sono fatte a zig zag, le nostre vite sono fatte di alti e bassi, di ombre e luci anche quelle del discepolo. Perciò avere la puzza sotto il naso, dire no ma io mi sono comportato bene quindi sono degno di essere discepolo del Signore è il percorso sbagliato. Allora riprendiamo il tempo ordinario, ormai l’estate è arrivata e quindi un po’ mandiamo in vacanza la nostra fede. Spero di no! Portatela in vacanza la vostra fede, portate con voi questo Vangelo che ci aiuta a riflettere molto su cosa significa essere discepoli. Vi auguro una buona domenica!
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Imparare il discepolato!
Commento al Vangelo Lc 9,51-62
Eh sì, si riparte. Dopo il lungo periodo trascorso, ora riprendiamo la lettura continua del vangelo di Luca portando tutto quello che abbiamo vissuto. Il Signora affida a noi suoi discepoli di raccontare di Dio. Cosa dobbiamo raccontare, aiutati dallo Spirito Santo in questo tempo di mezzo in attesa del suo ritorno? Che Dio è comunione di amore, che siamo amati, che siamo esseri amati da Dio e che possiamo amare, facendo diventare la Chiesa non un’organizzazione del Sacro ma la compagnia degli uomini e delle donne che si sono scoperti amati e che scelgono di amare e di donare Dio agli altri. Come dire di Dio? Ecco che la parola ci viene in aiuto ancora una volta. Esso parla del discepolato.
Cosa vuol dire essere cristiani oggi? Chi è cristiano? Quello che va a messa la domenica? Più o meno … quello che anche se non va a messa la domenica difende i valori cristiani? Più o meno … quello che fa delle scelte di vita coerenti? Mi chiedo cosa vuol dire per me essere discepolo, essere cristiano e non cattolico convenzionale. Più di ogni altra riflessione magari bisognerebbe leggere il Vangelo, bisognerebbe sentire che cosa dice Gesù del discepolato! È la pagina di oggi. L’inizio del brano di oggi ci dice che Gesù (siamo verso la fine del capitolo 9 del Vangelo di Luca) prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme; in realtà in greco, che è la lingua in cui sono scritti i vangeli, c’è scritto che egli indurisce il suo volto e si diresse verso Gerusalemme.
Dal capitolo 9 al 19 Gesù è sempre in cammino, ha deciso di andare a Gerusalemme perché Gerusalemme è la città che uccide i profeti, Gerusalemme è la città in cui tutto si consuma, in cui c’è una specie di scontro fra bene e il male, in cui i profeti vengono uccisi; quindi Gesù sa che a Gerusalemme si gioca la partita definitiva. Non fugge, non va da altre parti e non gira intorno, ma va diritto! Ora, questa fermezza, questa durezza del volto cioè questa determinazione, è la ragione per cui il Signore non vuole accanto a sé discepoli senza un’appartenenza, discepoli senza una spina dorsale. Questo non significa essere dei fanatici o formare una setta, però di questi tempi un cristianesimo che sia solo appartenenza sociale o culturale, un cristianesimo che sa solo di Natale, di segni di croce o tradizioni, ma che non diventa il desiderio di stare con, di condividere la visione del mondo e delle cose che ha Gesù, non ce ne è bisogno.
Se tu non sei convinto, se tu veramente non hai fatto esperienza di Dio attraverso Gesù, se tu non sei di Cristo, se tu non sei disposto a indurire il tuo volto anche andando controcorrente, beh allora non va bene! Il Vangelo dice che Gesù manda avanti 6 discepoli, in particolare il gruppo a lui più vicino, che passano attraverso la Samaria. I giudei non andavano proprio d’accordo con i samaritani. I discepoli vanno, ma vengono rifiutati e così tornano indietro. Tra questi c’è Giovanni, che avete sentito, dice a Gesù: “Vuoi che mandiamo un fuoco dal cielo?”. Alla faccia! Giovanni, avete capito? Giovanni l’apostolo che nell’immaginario è quello più tenero, più dolce! Che uno dei dodici, quello che secondo la tradizione è quello più mistico, invochi sui Samaritani che non lo hanno accolto il fuoco dal cielo, è un po’ inquietante! E infatti Gesù lo rimprovera e tira oltre. A volte c’è il rischio che noi discepoli oggi facciamo così, non dico che invochiamo il fuoco dal cielo, ma qualche accidenti a questo mondo che ci tratta male, che rinnega i valori cristiani, che ci sta portando nel baratro, beh un po’ li mandiamo.
Dobbiamo essere molto sinceri e molto onesti: una delle prime condizioni per essere discepoli è prepararsi a prendere qualche rifiuto e non a ragionare secondo la logica del mondo per cui chi mi rifiuta poi in qualche modo merita una punizione divina o da parte mia. Bisogna avere un atteggiamento veramente accogliente, veramente paziente, veramente disposto a capire gli altri. Il vangelo dopo la brutta figura dei discepoli continua e ci racconta di tre incontri di Gesù con tre persone che si offrono dicendogli: “Vengo con te”. Qui troviamo tre modi scorretti di vivere il discepolato. Il primo dice: “Ti seguirò ovunque tu vada”. Gesù specifica a lui e a noi che le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo hanno il loro nido ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Noi a volte cerchiamo la fede, abbracciamo una parrocchia, un gruppo, un movimento, facciamo un percorso per Gesù, sì, ma perché ci dà sicurezza, perché ci troviamo bene con gli altri, perché il mondo fuori è brutto, sporco e cattivo e qui dentro invece mi capiscono.
Cosa sta dicendo Gesù a questo discepolo aspirante e a noi? Guarda di non fare della tua fede un nido, una cuccia, un rifugio. Il figlio dell’uomo non sa dove posare il capo, cioè Gesù per primo non ha voluto una stabilità, e questo a me interroga anche sul fatto che dopo duemila anni di cristianesimo ci siamo un po’ appiattiti. Siamo ancora chiusi nelle nostre piccole roccaforti, nelle nostre chiese, nelle nuove parrocchie di periferia con parcheggio, cancellata, saloni e salette. Questa è una mentalità di fondo che probabilmente va cambiata, è un atteggiamento interiore; siamo ancora disposti a seguire colui che non ha dove posare il capo? Il secondo discepolo chiede di poter andare a celebrare i funerali del proprio genitore che è una cosa assolutamente bella, ma Gesù dice lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Ora ci tengo a dire questo: purtroppo questa parola a volte è stata interpretata in maniera un po’ strana, come dire, esiste una definitività nel seguire il Signore per cui anche dei tuoi genitori chi se ne frega! Molti parlano del “taglio”! Non è proprio scritto questo.
Gesù sta dicendo di stare attenti perché a volte c’è un’urgenza dell’annuncio che può essere ostacolata, che può essere ridiscussa, che può essere smorzata dalle logiche degli affetti, dalle logiche del clan, della famiglia, del gruppo. Le relazioni primarie sono fondamentali con i genitori, con le proprie sorelle, i propri compagni, i propri figli, però nemmeno queste sono esenti dal rischio di essere mortiferi cioè di creare dei legami che alla fine invece di far crescere bloccano, invece di far fiorire ristagnano. Questo sta dicendo Gesù; egli sta dicendo di non anteporre nulla all’amore di Cristo. Ecco chi segue Gesù sa in cuor suo che l’esperienza del seguirlo è la più importante e fondamentale che possa capitare nella vita; perciò egli non coltiva relazioni mortifere, non perde tempo a curare, a coltivare, a seguire relazioni che in realtà non ti portano verso la vita. L’ultimo invito infine è forse quello più impegnativo: nessuno che abbia messo mano all’aratro e si volge indietro è adatto per il regno.
Questa frase sicuramente da una parte ci indica di smettere di guardare indietro e purtroppo, a volte, nella Chiesa abbiamo sempre quelli che guardano indietro, al Papa di prima, al Concilio di prima, com’era una volta, ai miei tempi. È fondamentale e costitutivo nella chiesa, ma questo non vuol dire sedersi, avvitarsi, dicendo si è sempre fatto così! Esiste però secondo me una seconda interpretazione molto bella, perché io mi sono sempre chiesto perché uno si gira indietro quando sta arando. Io non sono un esperto. Penso per questa ragione: per vedere se abbiamo camminato diritto, per non fare i solchi paralleli uno all’altro; e ci sta! Ma perché non va bene per i discepoli? Perché vedere se siamo andati diritti nella nostra vita vuol dire giudicare la nostra vita, vuol dire cercare la coerenza che Gesù non chiede. Le nostre vite sono fatte a zig zag, le nostre vite sono fatte di alti e bassi, di ombre e luci anche quelle del discepolo. Perciò avere la puzza sotto il naso, dire no ma io mi sono comportato bene quindi sono degno di essere discepolo del Signore è il percorso sbagliato. Allora riprendiamo il tempo ordinario, ormai l’estate è arrivata e quindi un po’ mandiamo in vacanza la nostra fede. Spero di no! Portatela in vacanza la vostra fede, portate con voi questo Vangelo che ci aiuta a riflettere molto su cosa significa essere discepoli. Vi auguro una buona domenica!
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