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Commento al Vangelo Lc 10,38-42

Betania, casa del povero o casa dell’afflizione. Un nome nel cui significato traspare tutta l’ordinarietà e la quotidianità di quella esperienza di Gesù. Quando leggo questa pagina sono sempre commosso dall’immagine di Gesù che vive questa casa come un luogo di riposo, di tranquillità. La casa di Marta, Maria e di Lazzaro non è un luogo dove egli deve indossare le vesti del rabbì, non è un luogo in cui egli deve difendersi dalle accuse o dagli sguardi che insidiano contro di lui.

Betania è l’esperienza dell’accoglienza, è l’esperienza in cui Dio chiede di riposarsi, come fa Gesù. Non sappiamo come Gesù abbia conosciuto questi tre fratelli. Gli storici sembrano dirci che probabilmente Gesù abbia conosciuto questa casa durante il suo soggiorno in Giudea quando era discepolo del Battista e quando per un breve tempo aveva cominciato la sua attività lì in parallelo con Giovanni Battista. Eppure in tutti i Vangeli sembra che quella casa, quelle relazioni e quelle persone hanno un posto particolare nel cuore del Maestro.

Betania sarà per lui un luogo di rifugio quando in quei tre giorni a Gerusalemme le cose cominceranno ad inasprirsi e sei giorni prima della sua passione andrà a riposarsi. È una casa con tanta quotidianità descrittaci dalla pagina del vangelo di oggi; è una casa che attraversa il dolore con la morte di uno dei tre fratelli, è una casa dove si percepisce che la persona è sacra, che Gesù è importante per loro. La tradizione orientale celebra la festa degli amici del Signore, Marta, Maria e Lazzaro.

Prima di tutto il vangelo ci parla di una casa, non del tempio. In questa casa avviene veramente quello che Gesù aveva chiesto ai suoi connazionali: essere accolto. Questo non avviene nel tempio, tra chi ha la sapienza, la legge, ma in una casa. Ma prima di essere accolto in casa, Gesù era stato accolto nel cuore da questi tre fratelli. Gesù ha la sua vera Betania nel cuore di queste persone. È lì che chiede di risposarsi. Anche oggi lo chiede a noi: «Posso riposarmi sul tuo cuore?». Spesso il nostro cuore è troppo chiassoso, troppo pieno di cose da non lasciare a Dio il tempo di riposare in noi.

Di tanto in tanto invitiamo Dio a sedersi con noi, prepariamo per lui un buon pasto, lasciamolo sfogare, ascoltiamo le sue fatiche e il suo dolore; diciamogli che può contare su di noi! Ridiamo spazio a tutto questo in noi. In quella casa è una donna ad accogliere Gesù: Marta! È strano, perché gli uomini accoglievano gli ospiti e in quella casa un uomo c’era! Maria ascolta. Cosa significa essere cristiani? Per molti esserlo si riduce a fare delle cose o a non fare delle cose. Il cristiano prega, va a messa non si droga, non ruba, ecc. molto riduttivo! Come se descrivessimo l’amore con una lista di cose da fare o non fare. Quando ci innamoriamo tutto diventa travolgente, non c’è bisogno che qualcuno ci suggerisca cosa fare.

Queste donne sono travolte dall’amore e vivono il loro amore come sanno fare. Nella Chiesa c’è Marta e Maria, non solo Marta o Maria! Marta ci riporta con i piedi per terra: solo se la fede diventa azione, ascolto, servizio è autentica. Altrimenti rischia di diventare un comodo rifugio, una cuccia. Sono sicuro che Gesù dopo aver detto quelle parole a Marta, si sia rivolto a Maria dicendole: “Su, adesso aiutiamo tua sorella!”. Maria ci ricorda che esiste una parte sorgiva, una parte originaria, la parte essenziale, come a dire: per vivere “l’invece” del buon samaritano devi prima avere un percorso interiore in cui incontri “l’invece” di Dio.

Allora cura la tua salute, la tua intelligenza; valorizza il tuo fisico, il tuo vestiario, fai sport, mangia sano e riposa il tempo necessario. E cura la tua intelligenza e la tua anima: leggi, guarda, impara, ascolta il silenzio, entra in te stesso, ascolta la Parola, meditala, impara a pregare. Sfama il Cristo che c’è in te.

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