Una atmosfera familiare e serena ha accolto il Vescovo Gennaro martedì 5 luglio scorso presso il Convento dei Padri Passionisti a Casamicciola, che hanno ospitato, nel fresco giardino della loro struttura, la presentazione della Relazione Sinodale ai membri del Consiglio Pastorale Diocesano. Erano anche presenti i membri dell’Equipe Sinodale Diocesana, che ha elaborato la Relazione, il Consiglio di Presidenza e alcuni referenti parrocchiali per il Sinodo. I lettori del Kaire ricorderanno che la presentazione della Relazione era stata programmata per il 5 maggio, dopo la celebrazione eucaristica per ricordare i venti anni dalla visita di San Giovanni Paolo II a Ischia, ma le avverse condizioni del tempo non lo avevano permesso.
La serata è stata occasione per chiudere l’anno pastorale e fare il punto della situazione a un anno dall’apertura del Sinodo. La prima fase del Sinodo ha visto protagoniste, dopo una prima fase formativa, le parrocchie del territorio diocesano, chiamate ad accogliere ed elaborare le richieste proposte dalla Segreteria del Sinodo. Si apre infatti, già a partire dal mese di luglio, un nuovo capitolo della prima fase del Sinodo (fase dell’ascolto), le cui prospettive e aspettative sono già state rese note dalla CEI attraverso la pubblicazione di una nota (“I Cantieri di Betania”), già disponibile sul sito del Cammino sinodale delle Chiese in Italia (https://camminosinodale.chiesacattolica.it/).
Non è mancata la nota conviviale: ad allietare la riunione hanno contribuito i preziosi coniugi Margherita e Angelo che hanno offerto un ottimo rinfresco, mentre la Segreteria ha organizzato la parte tecnica, la relazione è stata infatti presentata attraverso la proiezione di slide di sintesi, slide che avete trovato già nel numero scorso del Kaire.
L’omelia del Papa per la solennità dei santi Pietro e Paolo
Don Pasquale Trani, referente diocesano per il Sinodo insieme a Pina Trani, ha dato inizio all’incontro introducendo il video dell’omelia pronunciata da Papa Francesco mercoledì 29 giugno in occasione della solennità dei santi Pietro e Paolo, nella quale il pontefice si è soffermato su due brani della Scrittura: gli Atti degli Apostoli (At 12,7) e la Seconda Lettera a Timoteo (2Tm 4,7), insistendo su due aspetti “alzarsi in fretta e combattere la buona battaglia”, che le comunità cristiane devono e possono applicare nel corso del loro cammino sinodale. Come Pietro – ha detto il Papa – rischiamo di rimanere incatenati nelle nostre prigioni quotidiane, che sono le nostre comodità, alle quali preferiamo non rinunciare: tiriamo a campare, viviamo nella mediocrità, perché temiamo i cambiamenti. Lo facciamo nella vita, ma anche nella prassi pastorale. Il cristiano, la Chiesa, deve avere invece il coraggio di alzarsi, aprire le porte e uscire, senza creare muri o recinti sacri dentro i quali godere delle proprie comodità. Non bisogna cedere al pericolo del clericalismo, è necessario aprirsi agli altri, a tutti, come ha più volte sottolineato il Papa nel suo discorso: “Non ci sono cristiani di prima e seconda classe, tutti, tutti sono chiamati!”
L’intervento di Pina Trani
La relazione – che il Kaire sta pubblicando integralmente dal numero scorso – è stata sintetizzata dalla referente Pina Trani, che ha preso la parola per illustrare prima di tutto le fasi del lavoro condotto da settembre a oggi dall’Equipe sinodale, ma anche per tirare le somme e provare a dare un quadro generale dello stato dell’arte del cammino sinodale diocesano, anche alla luce di quanto espresso da Papa Francesco nell’omelia: siamo chiamati a non escludere nessuno, ma soprattutto ad aprire le porte e rendere concreto il nostro essere cristiani – ha precisato Pina Trani nel suo intervento – sebbene la pandemia abbia in questi ultimi tre anni limitato fortemente lo sviluppo del cammino sinodale, compromettendo le relazioni umane, raffreddando i contatti e aumentando le nostre paure. Il Sinodo è stato però in ogni caso una preziosa occasione per fare esperienza e conoscenza di nuovi contesti e realtà. “Il Sinodo – ha precisato Pina Trani riportando la propria esperienza personale – mi ha fatto immaginare una Chiesa che vorrei e una parrocchia che vorrei. Non sempre l’ho incontrata”. Facendo proprio l’invito alla franchezza e alla sincerità – la parresia –, che è uno dei leitmotiv del Sinodo, Pina Trani con onestà ha riferito quanto è emerso sia dall’esperienza vissuta dall’Equipe sinodale nelle parrocchie, dove essa è intervenuta per portare il proprio contributo nella fase dell’ascolto, sia dalla lettura delle singole relazioni sinodali parrocchiali, esperienze e narrazioni non sempre confortanti. Se alcune parrocchie hanno chiesto e accettato di buon grado di partecipare al sinodo, altre hanno aggirato la chiamata, rispondendo con sufficienza che la propria comunità è sinodale da sempre, un atteggiamento che ha limitato lo sviluppo del processo sinodale ad una sola parte del territorio diocesano. Non tutti hanno dunque partecipato e non tutti quelli che hanno partecipato lo hanno fatto in modo corretto o con lo spirito corretto. Ma la Chiesa non prevede esclusioni, si viaggia tutti insieme, nessuno può sentirsi esonerato, ognuno deve contribuire alla buona riuscita del cammino, senza creare disarmonie o “tappi” alla sinodalità, ha concluso Pina Trani.
Le parole del Vescovo Gennaro
Dopo gli interventi di alcuni componenti del Consiglio Pastorale Diocesano, il Vescovo ha concluso ricordando quanto sia importante riunirsi nel nome di Gesù, per realizzare quanto lui stesso ci ha promesso e garantito: che sarebbe stato in mezzo a noi ogni qualvolta ci si fosse riuniti nel suo nome. Questo – ha detto il Vescovo – è il fondamento del Cristianesimo, ma ad esso si associa un altro pilastro della nostra fede: la relazione. Radunarsi nel nome di Gesù, e averlo tra noi, presuppone un radunarsi nell’armonia e nella corretta relazione, nel rispetto reciproco, nell’attenzione per l’altro, nell’ascolto, nella franchezza e nell’umiltà: “Una comunità unita secondo questi criteri attira la presenza del Risorto e fa spazio allo Spirito Santo che agisce nel nome del Signore”. Ma questo è anche e precisamente ciò che richiede a tutti noi il Sinodo nelle sue premesse. La realtà che emerge dalla lettura della Relazione diocesana per il Sinodo – ha proseguito il Vescovo – non è esattamente consolante, ma è facile comprende come la franchezza, la parresia, faccia emergere per definizione anche i lati negativi, quella realtà concreta che va guardata negli occhi e non nascosta. Ha però precisato che lo sguardo e il taglio con il quale gli innegabili problemi vengono presentati nella Relazione non sono inquisitori, “non c’è un dito puntato o un giudizio tagliente, ma piuttosto un modo per guardare in faccia la realtà, dicendo che questo è quello che siamo, è in questa realtà che noi dobbiamo costruire, con le nostre ricchezze e le nostre povertà”. Il Vescovo ha concluso ricordando che di recente il Papa ha detto che lo Spirito Santo non guarda all’ideale, ma alla concretezza, soprattutto alla concretezza del “qui e ora”, senza concessioni a quello che ha definito “l’indietrezza”, la nostalgia del passato, di ciò che era e non c’è più. Bisogna vivere dunque l’oggi concretamente e con passione.
Come proseguire nel cammino sinodale? Avendo fiducia, confidando nelle luci, che sono tante, e non spaventandosi per le ombre, che vanno accettate e fatte oggetto di analisi, con franchezza.