Commento al Vangelo Lc 12,32-48
“Non temere piccolo gregge perché al Padre è piaciuto mostrarti i segreti del regno”. Mi piace questa parola in quest’estate. In un mondo preso da milioni di problemi, di affanni, di preoccupazioni, il Signore dice a me e a voi: “Non temere piccolo gregge, non avere paura perché a Dio, il Padre, è piaciuto raccontarti come stanno veramente le cose”. Al Padre che Gesù è venuto a raccontarci è piaciuto dire com’è che sta andando questa storia. Dio ci è venuto a raccontare come è la nostra vita, che siamo eterni, che quello che viviamo qui è solo una parte, un pezzetto di strada. Dio è venuto a dirci perché viviamo: questa vita è un pezzo della vita vera, è un pezzo del percorso verso questa eternità a cui tendiamo.
Di tutto questo si parla poco oggi. Sì, siamo eterni, l’anima ha un suo percorso, è eterna e deve tornare a Dio. E il Signore ci incoraggia: non temere, non scoraggiarti, c’è un progetto che si compirà. Allora il tempo dell’estate è tempo per dire, mettendomi di lato: cosa sto facendo? Ho capito veramente tutto questo? Ecco che Gesù ci chiede prima di tutto di essere dei buoni amministratori. Gesù continua il vangelo di domenica scorsa. Ricordate quando abbiamo parlato della ricchezza di questi due fratelli che chiedevano a Dio di intervenire per dividere l’eredità e ancora di quel tale che ha passato una buona annata e quindi aveva cercato di costruire granai maggiori e Gesù ci chiedeva di interrogarci su cosa stiamo investendo? Gesù ancora qui ci parla della sua logica, ci dice che siamo noi gli amministratori, siamo noi quelli che aspettano lo sposo, siamo noi qui, adesso, tra la venuta di Gesù nella storia e il suo ritorno nella gloria, a costruire un pezzo di regno. Si, per vivere bene abbiamo questa seconda indicazione di Gesù: l’affanno per il regno.
Cos’è il Regno di Dio? Regno di Dio è banalmente dove Dio regna, dove è Lui al centro della nostra riflessione e non è teocrazia o nostalgia di cesaropapismo o cose del genere; è bello pensare al Regno come una specie di malattia, un tumore al contrario. Così come un tumore contagia le cellule buone e le rende malate, il regno di Dio contagia con il bene il male, per condurre tutto in Cristo come direbbe San Paolo. Noi siamo in mezzo a questo Regno a contagiare i cuori e le persone. Penso che forse il Signore abbia peccato di ingenuità (naturalmente sono ironico), nel senso che non so se ha fatto un buon affare con noi a darci questo compito, ma è così la sua scelta, la scelta di affidare a me, a te, a noi il regno di Dio. Siamo amministratori del regno: Che significa? Costruiamo il regno, rendiamolo presente là dove viviamo con la nostra comunità. È bellissimo vedere come questo regno si costruisce nei cuori delle persone, combattendo la solitudine, parlando di Dio, mettendo a frutto i carismi, seguendo le diverse possibilità. È bello vedere come esso si costruisce nonostante i nostri limiti e i nostri peccati. Una terza indicazione per essere buoni amministratori è questa parola: “estote parati, state pronti!”. Gesù ci dice che egli viene quando meno ce l’aspettiamo.
Quando pensiamo allo stare pronti pensiamo subito alla morte (anche se sorella morte quando arriva è la benvenuta), ma questo invito ci ricorda che spesso diventiamo troppo rigidi, troppo fermi, troppo determinati, troppo chiusi; spesso ci abituiamo alla fede, a Dio e alla fine non cogliamo tutta la novità strabiliante che il Signore viene! Ci ricordano le letture (in particolare la prima) che siamo nomadi. Israele è nomade, piccolo rispetto alle grandi potenze del passato. Con il passare dei secoli i figli di Israele rileggono quello che è successo ai padri, e ricordando di essere viandanti, giungono alla conclusione che proprio perché erano pronti, (parafrasando il Vangelo di oggi), proprio perché non hanno avuto paura, sono arrivati a questo punto. Infatti il popolo d’Israele, questo piccolo popolo scelto per dire qualcosa all’umanità, così marginale, così messo ai margini, che ha rischiato addirittura di scomparire più volte, ha dato davvero all’umanità la parola, questo Dio che attraverso Israele si racconta a ogni uomo e ogni donna. Per fare questo però bisogna entrare nella logica del viandante come dice la lettera agli Ebrei. A proposito del grandissimo padre Abramo la lettera agli Ebrei afferma il vero.
Abramo ad un certo punto da uomo maturo è chiamato ad uscire, ad andare. I giovani si buttano subito all’avventura, ma un anziano no. Il gesto di Abramo è un gesto meditato di chi pensa ormai di aver concluso la propria vita e che nonostante questo si fida di un Dio, della voce interiore di un Dio che non ha ancora né un nome né un volto e che gli chiede di uscire, di andare, dove non si sa. Questa chiamata l’abbiamo tradotta con esci dalla tua terra e va’ (lek lekà), ma in realtà si può anche tradurre “esci e vai a te stesso”, fai un viaggio dentro di te, è il cammino della nostra interiorità. Questo cammino interiore è scoprire chi siamo veramente, chi siamo dentro e lasciare che questo fiorisca. Per fare questo necessariamente dobbiamo entrare nella logica della finitudine, dell’attesa, del non sapere tutte le risposte. Dobbiamo rimanere nella condizione di essere cercatori. Questa allora è la domenica della ricerca, è la domenica in cui siamo invitati a guardare alla storia non come a una serie di eventi casuali in cui prevale la violenza, ma guardare al fatto che esiste una storia altra, un regno che avanza, un regno che si costruisce là dove viviamo. E per farlo come buoni amministratori dobbiamo vegliare, vigilare nella notte perché il Signore verrà quando meno ce lo aspettiamo. Le nostre vacanze (per chi può permettersele) siano anche all’insegna di questa ricerca interiore, di questo cammino, di questo dare spazio all’anima, di questo dare spazio alla parte migliore di noi stessi. Buona domenica!
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Cercatori di se stessi
Commento al Vangelo Lc 12,32-48
“Non temere piccolo gregge perché al Padre è piaciuto mostrarti i segreti del regno”. Mi piace questa parola in quest’estate. In un mondo preso da milioni di problemi, di affanni, di preoccupazioni, il Signore dice a me e a voi: “Non temere piccolo gregge, non avere paura perché a Dio, il Padre, è piaciuto raccontarti come stanno veramente le cose”. Al Padre che Gesù è venuto a raccontarci è piaciuto dire com’è che sta andando questa storia. Dio ci è venuto a raccontare come è la nostra vita, che siamo eterni, che quello che viviamo qui è solo una parte, un pezzetto di strada. Dio è venuto a dirci perché viviamo: questa vita è un pezzo della vita vera, è un pezzo del percorso verso questa eternità a cui tendiamo.
Di tutto questo si parla poco oggi. Sì, siamo eterni, l’anima ha un suo percorso, è eterna e deve tornare a Dio. E il Signore ci incoraggia: non temere, non scoraggiarti, c’è un progetto che si compirà. Allora il tempo dell’estate è tempo per dire, mettendomi di lato: cosa sto facendo? Ho capito veramente tutto questo? Ecco che Gesù ci chiede prima di tutto di essere dei buoni amministratori. Gesù continua il vangelo di domenica scorsa. Ricordate quando abbiamo parlato della ricchezza di questi due fratelli che chiedevano a Dio di intervenire per dividere l’eredità e ancora di quel tale che ha passato una buona annata e quindi aveva cercato di costruire granai maggiori e Gesù ci chiedeva di interrogarci su cosa stiamo investendo? Gesù ancora qui ci parla della sua logica, ci dice che siamo noi gli amministratori, siamo noi quelli che aspettano lo sposo, siamo noi qui, adesso, tra la venuta di Gesù nella storia e il suo ritorno nella gloria, a costruire un pezzo di regno. Si, per vivere bene abbiamo questa seconda indicazione di Gesù: l’affanno per il regno.
Cos’è il Regno di Dio? Regno di Dio è banalmente dove Dio regna, dove è Lui al centro della nostra riflessione e non è teocrazia o nostalgia di cesaropapismo o cose del genere; è bello pensare al Regno come una specie di malattia, un tumore al contrario. Così come un tumore contagia le cellule buone e le rende malate, il regno di Dio contagia con il bene il male, per condurre tutto in Cristo come direbbe San Paolo. Noi siamo in mezzo a questo Regno a contagiare i cuori e le persone. Penso che forse il Signore abbia peccato di ingenuità (naturalmente sono ironico), nel senso che non so se ha fatto un buon affare con noi a darci questo compito, ma è così la sua scelta, la scelta di affidare a me, a te, a noi il regno di Dio. Siamo amministratori del regno: Che significa? Costruiamo il regno, rendiamolo presente là dove viviamo con la nostra comunità. È bellissimo vedere come questo regno si costruisce nei cuori delle persone, combattendo la solitudine, parlando di Dio, mettendo a frutto i carismi, seguendo le diverse possibilità. È bello vedere come esso si costruisce nonostante i nostri limiti e i nostri peccati. Una terza indicazione per essere buoni amministratori è questa parola: “estote parati, state pronti!”. Gesù ci dice che egli viene quando meno ce l’aspettiamo.
Quando pensiamo allo stare pronti pensiamo subito alla morte (anche se sorella morte quando arriva è la benvenuta), ma questo invito ci ricorda che spesso diventiamo troppo rigidi, troppo fermi, troppo determinati, troppo chiusi; spesso ci abituiamo alla fede, a Dio e alla fine non cogliamo tutta la novità strabiliante che il Signore viene! Ci ricordano le letture (in particolare la prima) che siamo nomadi. Israele è nomade, piccolo rispetto alle grandi potenze del passato. Con il passare dei secoli i figli di Israele rileggono quello che è successo ai padri, e ricordando di essere viandanti, giungono alla conclusione che proprio perché erano pronti, (parafrasando il Vangelo di oggi), proprio perché non hanno avuto paura, sono arrivati a questo punto. Infatti il popolo d’Israele, questo piccolo popolo scelto per dire qualcosa all’umanità, così marginale, così messo ai margini, che ha rischiato addirittura di scomparire più volte, ha dato davvero all’umanità la parola, questo Dio che attraverso Israele si racconta a ogni uomo e ogni donna. Per fare questo però bisogna entrare nella logica del viandante come dice la lettera agli Ebrei. A proposito del grandissimo padre Abramo la lettera agli Ebrei afferma il vero.
Abramo ad un certo punto da uomo maturo è chiamato ad uscire, ad andare. I giovani si buttano subito all’avventura, ma un anziano no. Il gesto di Abramo è un gesto meditato di chi pensa ormai di aver concluso la propria vita e che nonostante questo si fida di un Dio, della voce interiore di un Dio che non ha ancora né un nome né un volto e che gli chiede di uscire, di andare, dove non si sa. Questa chiamata l’abbiamo tradotta con esci dalla tua terra e va’ (lek lekà), ma in realtà si può anche tradurre “esci e vai a te stesso”, fai un viaggio dentro di te, è il cammino della nostra interiorità. Questo cammino interiore è scoprire chi siamo veramente, chi siamo dentro e lasciare che questo fiorisca. Per fare questo necessariamente dobbiamo entrare nella logica della finitudine, dell’attesa, del non sapere tutte le risposte. Dobbiamo rimanere nella condizione di essere cercatori. Questa allora è la domenica della ricerca, è la domenica in cui siamo invitati a guardare alla storia non come a una serie di eventi casuali in cui prevale la violenza, ma guardare al fatto che esiste una storia altra, un regno che avanza, un regno che si costruisce là dove viviamo. E per farlo come buoni amministratori dobbiamo vegliare, vigilare nella notte perché il Signore verrà quando meno ce lo aspettiamo. Le nostre vacanze (per chi può permettersele) siano anche all’insegna di questa ricerca interiore, di questo cammino, di questo dare spazio all’anima, di questo dare spazio alla parte migliore di noi stessi. Buona domenica!
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