Il Papa ha concluso il suo viaggio in Kazakhstan tornando sul tema portante del suo 38° viaggio apostolico: la pace. Subito prima, la firma della Dichiarazione finale a conclusione del Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali.
“La via del dialogo interreligioso è una via comune di pace e per la pace, e come tale è necessaria e senza ritorno”. Ne è convinto il Papa, che nel suo ultimo discorso in Kazakhstan, pronunciato nel Palazzo dell’Indipendenza di Nur-Sultan, dopo la lettura della Dichiarazione finale a conclusione del Congresso delle religioni mondiali e tradizionali, è tornato sul tema portante del suo 38° viaggio apostolico, ribadendo che “il dialogo interreligioso non è più solo un’opportunità, è un servizio urgente e insostituibile all’umanità”.
“L’uomo è la via di tutte le religioni”, ha affermato Francesco aggiornando, per così dire, la celebre affermazione di Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica – “l’uomo è la via della Chiesa” – e spiegando, proprio sulla scorta della visita di Giovanni Paolo II in Kazakhstan, 21 anni fa, quale sia “il punto di convergenza” dei credenti: “l’essere umano concreto, indebolito dalla pandemia, prostrato dalla guerra, ferito dall’indifferenza! L’uomo, creatura fragile e meravigliosa, che senza il Creatore svanisce e senza gli altri non sussiste!”. “Si guardi al bene dell’essere umano più che agli obiettivi strategici ed economici, agli interessi nazionali, energetici e militari, prima di prendere decisioni importanti”, l’indicazione di rotta del Papa: “Per compiere scelte che siano davvero grandi si guardi ai bambini, ai giovani e al loro futuro, agli anziani e alla loro saggezza, alla gente comune e ai suoi bisogni reali. E noi leviamo la voce per gridare che la persona umana non si riduce a ciò che produce e guadagna; che va accolta e mai scartata; che la famiglia, in lingua kazaka ‘nido dell’anima e dell’amore’, è l’alveo naturale e insostituibile da proteggere e promuovere perché crescano e maturino gli uomini e le donne di domani”. Due i cardini su cui si fonda il patrimonio spirituale e morale comune a tutte le religioni: la trascendenza, “forza nascosta che fa andare avanti il mondo”, e la fratellanza, la prossimità, “perché non può professare vera adesione al Creatore chi non ama le sue creature”.
“La pace è urgente perché qualsiasi conflitto militare o focolaio di tensione e di scontro oggi non può che avere un nefasto ‘effetto domino’ e compromette seriamente il sistema di relazioni internazionali”, il riferimento all’attualità: nell’immenso Paese asiatico che fa da cerniera tra Europa e Asia, citando a più riprese il Concilio, Francesco ha riaffermato che la pace “non è la semplice assenza della guerra”. “Noi, che crediamo nel Creatore di tutti, dobbiamo essere in prima linea nel diffondere la convivenza pacifica”, la consegna per i leader religiosi: “La dobbiamo testimoniare, predicare, implorare”. Perciò la Dichiarazione finale esorta i leader mondiali “ad arrestare ovunque conflitti e spargimenti di sangue, e ad abbandonare retoriche aggressive e distruttive.
Vi preghiamo, in nome di Dio e per il bene dell’umanità: impegnatevi per la pace, non per gli armamenti! Solo servendo la pace il vostro nome rimarrà grande nella storia”.
“Ci sono troppi odi e divisioni, troppa mancanza di dialogo e comprensione dell’altro: questo, nel mondo globalizzato, è ancora più pericoloso e scandaloso”, l’esordio del Papa, in un periodo così difficile come il nostro, in cui domina “la follia insensata della guerra”: “Il terrorismo di matrice pseudo-religiosa, l’estremismo, il radicalismo, il nazionalismo ammantato di sacralità fomentano ancora timori e preoccupazioni nei riguardi della religione”.
“L’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra, qualsiasi motivazione od obiettivo si pongano, non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili: condannati, senza ‘se’ e senza ‘ma’”, l’imperativo contenuto del documento siglato a Nur-Sultan.
“Custodire un sano rapporto tra politica e religione”, l’indicazione concreta per evitare sia la confusione che la separazione tra i due ambiti e favorire una “sana coesistenza”: se la religione non può essere relegata nel privato, la trascendenza “non deve cedere alla tentazione di trasformarsi in potere”. “Quante persone, ancora oggi sono perseguitate e discriminate per la loro fede!”, la denuncia di Francesco, che riferendosi al documento finale siglato a Nur-Sultan ha reso noto: “Abbiamo chiesto con forza ai governi e alle organizzazioni internazionali competenti di assistere i gruppi religiosi e le comunità etniche che hanno subito violazioni dei loro diritti umani e delle loro libertà fondamentali, e violenze da parte di estremisti e terroristi, anche come conseguenze di guerre e conflitti militari”. “Occorre soprattutto impegnarsi perché la libertà religiosa non sia un concetto astratto, ma un diritto concreto”, l’esortazione ai presenti: “Difendiamo per tutti il diritto alla religione, alla speranza, alla bellezza: al cielo”.
“Alle donne vanno affidati ruoli e responsabilità maggiori”, l’auspicio del Papa: “Quante scelte di morte sarebbero evitate se proprio le donne fossero al centro delle decisioni!
Impegniamoci perché siano più rispettate, riconosciute e coinvolte”.
“Diamo in mano ai giovani opportunità di istruzione, non armi di distruzione! E ascoltiamoli, senza paura di lasciarci interrogare da loro”, l’appello finale: “Soprattutto, costruiamo un mondo pensando a loro! Le logiche di dominio e di sfruttamento, l’accaparramento delle risorse, i nazionalismi, le guerre e le zone di influenza disegnano un mondo vecchio, che i giovani rifiutano, un mondo chiuso ai loro sogni e alle loro speranze. Così pure religiosità rigide e soffocanti non appartengono al futuro, ma al passato”.
Fonte: M.Michela Nicolais – SIR
Foto: Vatican Media/SIR