Il 3 e il 4 di ottobre è festa grande ad Assisi. Ma, sia pure in tono minore, è festa in tutta Italia, che onora con varie manifestazioni il suo Santo Patrono, diffondendone il culto con la memoria della sua biografia e dei suoi insegnamenti.
Sull’isola d’Ischia il culto è collegato al tempio in suo onore in Piazza Municipio a Forio, addossato al convento, oggi Palazzo comunale, dove in tempi precedenti al 1870, vivevano molti frati, come dimostrano l’impianto e le strutture della chiesa stessa. Fino alla metà del XX sec. i frati erano almeno 5, come ricordo personalmente, ma la crisi delle vocazioni ne ha ridotto il numero fino a una sola unità, a volte perfino saltuaria.
La costruzione del tempio e del convento risale alla fine della prima metà del ‘600. Il tempio è ornato di tele e di sculture di discreto valore: tra l’altro in sacrestia si conserva una tela di Mattia Preti o della sua scuola, identica a quella conservata al museo del Prado di Madrid che ha suscitato qualche polemica sull’originale.
In questo tempio si è svolta dunque la festa in onore del Santo, fondatore dell’ordine dei Frati Minori, che tanto bene ha seminato e continua a seminare nella Chiesa in Italia e nel mondo.
Un novenario serotino, consistente in celebrazioni eucaristiche con interventi del padre Rettore sulla figura e il messaggio del Santo, ha preceduto il 4 ottobre. La partecipazione popolare durante i primi giorni non è stata esaltante, ma, come sempre, il popolo è accorso negli ultimi giorni e specialmente la sera del giorno 3 per la celebrazione del Transito
Interessante e nutriente è stato l’intervento del Vescovo Ausiliare di Pozzuoli la mattina del 4 nella omelia della messa solenne, incentrata sul dono delle stimmate e sull’identificazione di Francesco con il Cristo, nella realtà della storia e nel corso del cammino di fede.
Nel pomeriggio la processione con l’antica statua lignea di S. Francesco per le vie principali del paese, testimonianza pubblica di fede e preghiera solenne per la pace, La gente al seguito è stata abbastanza numerosa, nonostante l’assenza quasi totale di attrattive folkloristiche. Una messa vespertina solenne, presieduta dal parroco della zona, ha concluso i festeggiamenti, lasciando un sentimento di rimpianto e di speranza per gli anni futuri.
Ma perché veneriamo e onoriamo Francesco d’Assisi? Cosa ha da dire alla nostra società un uomo, sia pure santo, vissuto 8 secoli fa? Perché ancora ci affascina quest’uomo non bello, non dotto, non elegante e raffinato, ma vestito di sacco e cinto di fune? Il nostro è tempo di apparenza ed Egli non ne ha, è tempo di scienza e di tecnologia ed Egli – tranne quella di Dio – non ha scienza; è tempo di desiderio di ricchezza e di potere ed Egli ha sposato Madonna Povertà e si definisce servo di Dio e dei fratelli. Il nostro è tempo in cui si sgomita per avere posti di potere e amicizie influenti, ma Francesco vive nel nascondimento e nella preghiera e nella predicazione del Vangelo di Gesù di Nazareth. Il nostro è il tempo del terrore del dolore e della morte ed Egli guarda al dolore come Cristo alla Croce, necessario per la salvezza del mondo, e chiama la morte “sorella”, lasciandosi andare al suo dominio per entrare nel regno di Dio, dove il tempo diventa eternità.
Il nostro è il tempo dello sfruttamento del creato, non custodito né contemplato, ma usato per interessi privati o di parte, in ogni caso non rispettato. Sono già giunte le conseguenze di questo scriteriato comportamento: siccità distruttiva, alluvione disastrose, mutazioni climatiche, scioglimento dei ghiacciai con conseguente riscaldamento degli oceani e fenomeni connessi.
Papa Francesco (questo nome non è un caso) ci ha indicato la nuova strada da percorrere nella sua prima enciclica “Laudato si’”. Il nostro mondo ha bisogno di un’ecologia integrale, cioè di un lavoro collettivo per salvare non solo la natura ma anche l’uomo dalla povertà, dalle disuguaglianze, dallo sfruttamento, dalle ingiustizie, dalla guerra e da tutte le insidie che ne minacciano oggi la salute e domani ( Dio non lo voglia!) la sopravvivenza.
Francesco d’Assisi non guarda ma contempla il creato, scoprendovi la bellezza, la sapienza e l’amore di Dio per l’uomo, che diventa oggetto e destinatario delle sue cure paterne. E contemplando canta. Esprime col canto la sua gratitudine, manifesta la sua gioia di figlio di Dio, dimenticando tutte le difficoltà della sua non facile esistenza.
Abbiamo bisogno di te, Poverello d’Assisi, “poeta della santità”. A questo mondo che cerca il lusso, il potere, il denaro, il piacere, insegna la sobrietà della vita per una gioia piena, che non è possesso ma dono. A questo mondo che non sa apprezzare il dono del Padre con l’armonia del creato insegna la contemplazione della natura per trovarvi l’impronta del Creatore. Agli uomini di oggi che mancano di rispetto per la vita di ogni specie vivente su tutto il pianeta, ricorda che la vita è il dono primario e supremo dell’Onnipotente, che richiede cura e attenzione costante per essere incrementata e non distrutta. Tu, che sei stato annunciatore e fattore di pace tra individui e popoli, ricorda a questo mondo inquieto e bellicoso che la guerra è solo distruzione e morte, sofferte e vissute all’interno di una feroce follia, indegna di un’umanità che ama definirsi evoluta. Al Padre, che non può negarsi al desiderio di tanto figlio, chiedi per tutta l’umanità il dono della pace nei cuori e tra i popoli.
di Aniello Penza