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Apertura dell’Anno Pastorale, Primi Vespri

1Gv 4,7-16.19-21

Sabato 15 ottobre scorso il Vescovo Gennaro ha aperto l’Anno Pastorale 2022 – 23 celebrando i Primi Vespri in Cattedrale. È stata una occasione per riflettere sul tema dell’amore come tratto distintivo dell’essere cristiani, amore come emblema che permette di riconoscere i discepoli di Cristo. È una componente fondamentale, senza la quale – ha detto il Vescovo – «si corre invano». Il brano scelto come Lettura, tratto dalla Prima Lettera di Giovanni, ricorda tale fondamento: Dio è amore e questo presupposto è all’origine del rapporto tra Dio e l’uomo fin dalla sua creazione.

L’amore di Dio per gli uomini trova la sua massima espressione nell’Eucarestia, atto supremo di un Dio che si spezza per noi, che sacrifica se stesso per noi. La Prima Lettera di Giovanni ci ricorda che l’amore di Dio è una iniziativa che parte da Dio stesso, è lui che ci ha amati per primo “In questo sta l’amore: non siamo stai noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”.  Di fronte a questo Dio che fa il primo passo verso di noi – ha proseguito il Vescovo –, che manda suo Figlio per la nostra salvezza, l’uomo è spronato ad amare a sua volta. «Amore domanda amore» ha detto il Vescovo citando santa Teresa d’Avila. Questo concetto è presente anche nella Lettera di Giovanni, al verso 11 “se così Dio ha amato noi, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri”. Non è nel ricambiare l’amore a Dio che l’uomo restituisce la sovrabbondanza smisurata di amore che Dio riversa su di noi, ma piuttosto nel riversare l’amore che Lui ci ha insegnato sui nostri fratelli. Amare Dio significa dunque amare gli altri, i nostri fratelli; amando loro si ama Dio. È talmente forte questa affermazione che Giovanni ne deve precisare il senso: Dio nessuno di noi lo ha visto, ma noi vediamo concretamente i nostri fratelli. Non possiamo dire di amare Dio che non vediamo se non amiamo in nostri fratelli che vediamo concretamente. E si tratta soprattutto di quei fratelli che sono in difficoltà, la cui condizione spesso ci infastidisce, quelli che vorremmo allontanare dalla nostra vista perché fastidiosi, sporchi, insopportabili. Molto bella la citazione, fatta dal Vescovo, di un brano della Esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exultate nella quale i barboni che dormono alle intemperie vengono definiti “pungiglioni molesti per la nostra coscienza, problema che devono risolvere i politici, immondizia che sporca lo spazio pubblico”. Essere cristiani significa invece riconoscere nell’altro, anche se sfortunato e in precarie condizioni, un essere umano che ha la stessa dignità di ogni altro uomo, una persona amata da Dio, anzi, una sua immagine. Giovanni precisa ancora nella sua Lettera al cap. 3 che la presenza dell’amore distingue ‘i figli di Dio dai figli del diavolo’ e – ha aggiunto il Vescovo citando sant’Agostino – è la carità (ricordiamo che in latino la parola caritas indica proprio l’amore) che rende cristiani veri, non il cantare l’alleluia, rispondere ‘amen’ o essere dentro una comunità o riuniti in basilica.

Il tema dell’amore, scelto come guida per questo nuovo anno pastorale, si intreccia bene anche con il contesto sinodale che la Chiesa sta vivendo in questo periodo. “Senza la carità niente vale” ha precisato il Vescovo citando la Prima Lettera ai Corinzi (1Cor 13,1-18), è la carità che conferisce valore a tutto ciò che facciamo. La sinodalità deve avere come sua premessa e contesto la carità, l’amore. «La sinodalità è la concretizzazione della carità che si fa ascolto, accoglienza, dialogo».

Infine il Vescovo ha concluso ricordando l’11 ottobre, anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, giorno che è stata occasione per Papa Francesco per ricordare alcuni nodi salienti dello stesso Concilio che bisogna ricordare, tre punti di vista o ‘sguardi sulla Chiesa’: lo sguardo dall’alto, lo stesso di Dio che è innamorato di noi; lo sguardo nel mezzo, quello di chi è nel mondo, in mezzo agli altri, non sopra agli altri «Questo vale in special modo per i presbiteri e per gli operatori pastorali, quelli che sono più vicini al parroco che spesso sono laici respingenti per chi si affaccia in chiesa» Ha detto il  vescovo; lo sguardo d’insieme che rende tutti uniti, parte di un solo gregge che segue il suo pastore. Il Concilio ci ricorda che Dio ci vuole uniti, esattamente al contrario del diavolo, che ci vuole divisi. È necessario evitare la tentazione della polarizzazione, della semina della zizzania, come suggerisce il diavolo: «È questa una tentazione che è sempre alle porte delle nostre comunità e del presbiterio! Ricordiamo quanto ha detto il Papa: “Quante volte preferiamo essere tifosi del proprio gruppo anziché servi di tutti, di destra o di sinistra piuttosto che di Gesù! Superiamo le polarizzazioni e custodiamo la comunione”, tutti siamo figli di Dio, tutti fratelli nella Chiesa». Il Vescovo ci ha poi lasciato una preghiera di benedetto XVI, tratta dalla Enciclica Deus Caritas est:

Santa Maria, Madre di Dio
tu hai donato al mondo la vera luce,
Gesù, tuo figlio – figlio di Dio
Ti sei consegnata completamente
alla chiamata di Dio
e sei così diventata sorgente
della bontà che sgorga da Lui
Mostraci Gesù, guidaci da Lui.

Insegnaci a conoscerlo e ad amarlo
perché possiamo anche noi
diventare capaci di vero amore
ed essere sorgenti di acqua viva
in mezzo a un mondo assetato.



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