29 ottobre
«Quando è iniziato il Movimento, c’era nell’aria, in certi ambienti, un concetto di santità che poco ci convinceva. Avevamo l’impressione che, nonostante la buona volontà, molte persone, volendo farsi sante, si ripiegassero un po’ su se stesse e ci pareva che a volte potesse essere anche una forma di sublime egoismo che non corrispondeva alla nostra vocazione di vivere sempre nell’amore, proiettati fuori di noi a “vivere l’altro”. Abbiamo quindi accantonato quell’idea di santità. Nello stesso tempo si ripresentava alla nostra mente una parola: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1Ts 4,3). Ho chiesto allora alla Madonna che lei mi facesse scoprire quale tipo di santità voleva da noi. Era come se la Madonna mi dicesse: Tu non puoi farti santa da sola; tu devi farti santa insieme con gli altri…Così abbiamo capito che la nostra santità era una cosa molto nuova, molto attraente, perché è una santità di popolo. Ci sono, in effetti, centinaia di persone di tutte le età già partite per l’altra vita, per le quali io metterei una mano sul fuoco: questo è un santo, questa è una santa. Noi non abbiamo fatto niente per portare avanti un processo di canonizzazione. È successo però che, in varie diocesi, si sono messi in moto i vescovi e ormai ci sono già vari “Servi di Dio”, Beati, fra i membri del Movimento».
Così Chiara Lubich descrive il concetto di santità collettiva, che anche la Beata Chiara Luce Badano ha vissuto pienamente nell’arco della sua breve esistenza.
Chiara Luce è una ragazza semplice, spinta dall’amore preferenziale per i più deboli, i lontani, i meno piacevoli, perché in essi vede il volto di Gesù. Vive in pieno la sua adolescenza, con i suoi sogni, i momenti di gioia o tristezza, gli entusiasmi e le delusioni, ma mette al primo posto Gesù. Tutto nella normalità, finché, nel corso di una partita a tennis, un lancinante dolore alla spalla sinistra la costringe a lasciar cadere a terra la racchetta. La tac evidenzia un osteosarcoma: è il 2 febbraio, presentazione di Gesù al tempio, Chiara ha 17 anni. L’annuncio della chemioterapia le fa comprendere di che si tratta, mezz’ora di lotta interiore, di buio, di passione. Poi l’abbandono docile e totale alla volontà di Dio.
«Non potete immaginare il mio rapporto con Gesù, avverto che Dio mi chiede qualcosa di più grande. Forse potrei restare inchiodata su questo letto per anni, non lo so. Cari amici, sono uscita dalla vostra vita in un attimo. Come avrei voluto fermare quel treno in corsa che mi assorbiva sempre più, ero troppo presa da cose insignificanti, futili e passeggere. Ma ora mi sento avvolta in uno splendido disegno che a poco a poco mi si svela: “Se lo vuoi, Tu, Gesù, lo voglio anch’io”. Quando il dolore sembra spezzarmi, guardo Gesù coronato di spine e penso che Gesù mi sta smacchiando con la varecchina anche i puntini neri, così quando arriverò in Paradiso sarò bianca come la neve. In alcuni momenti di sofferenza la mia anima canta: “Eccomi, Gesù, anche oggi davanti a Te, tutta rinnovata proprio come Tu mi vuoi”. Mi sento così piccola, e la strada da percorrere così ardua, ma è lo Sposo che viene a trovarmi».
Il 7 ottobre, all’alba, il suo Sposo viene a prenderla: è il giorno della Beata Vergine del Rosario. Le sue ultime parole sussurrate alla mamma, dopo averle passata delicatamente la mano tra i capelli, sono: «Sii felice, perché io lo sono. Ciao».
Riporto in maniera molto breve l’esperienza di un caro amico, don Mauro Giallombardo, che vive a Messina e che, nel momento più duro della sua vita ha sentito accanto a sé la presenza speciale della Beata.
«Era ottobre, il mese dedicato alla Madonna del Rosario, a cui è dedicata la parrocchia a me affidata (Chiara Luce è morta proprio il 7 ottobre), quando ho avuto conferma che dovevo subire un intervento di tumore osseo al bacino. Io sono convinto che, per aiutarmi ad affrontare questo dolore, il Signore mi ha fatto incontrare con Chiara Luce. Mia madre, che ignorava la diagnosi fatta dai medici, ma nel suo cuore sentiva che qualcosa non era chiaro, un giorno mi fa notare un articolo su Chiara Badano, nel settimanale Famiglia Cristiana. Era Gesù che, attraverso Chiara e la sua storia, mi invitava a fidarmi solo di Lui. Tutto Amore. Nel mese di maggio 1998 parto per Bologna, dove con una serie di Day Hospital mi preparo all’intervento. Non sono mancate le difficoltà e il pensiero della morte mi ritornava spesso in mente. Confidavo e consegnavo le mie preoccupazioni, i miei desideri, la mia nostalgia per i miei cari, la bellezza della vita e le mie paure allo Sposo Gesù e a Chiara.
L’intervento è stato fissato per il 14 giugno e poi rinviato al 18 giugno 1998. Oltre cinque ore di intervento… Tornando al mio intervento, devo precisare che la prima diagnosi dei medici (una volta scoperto il male) era stata di un condrosarcoma, tumore osseo maligno, e, dopo l’operazione, il chirurgo conferma ai miei cari che si trattava quasi sicuramente di una forma maligna e che con i risultati dell’esame istologico sarebbe stato più preciso. L’esame diagnostico era osteoblastoma: una forma di tumore non degenerativo, ma molto esteso. Avevano eseguito un intervento molto invasivo. Molte paure erano rimaste, anche durante la riabilitazione, paura di non essere più autosufficiente, di non poter più fare la stessa vita, ma soprattutto paura del riaffacciarsi del male, e ci pensavo in prossimità dei controlli cu dovevo sottopormi.
Proprio durante la preparazione del primo controllo, mentre mi trovavo dal medico per farmi prescrivere le varie richieste di analisi, la tac e la scintigrafia ossea, aspettando il mio turno, prendo una rivista e di nuovo trovo l’articolo su Chiara Luce; forse aveva sentito la mia paura o, quantomeno, il mio bisogno di essere sostenuto. Chiara Luce è il mio Angelo ed il rapporto con lei continua anche oggi. Mi sentivo spinto a parlarle, a confidarmi e a confidare in Lei ed ho avuto la sensazione che mi chiedesse di far conoscere la sua storia; così scrivo e parlo di lei per farla conoscere».
di Luigina Buono