Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sezione s. Tommaso
Il vescovo mons. Francesco Savino è partito da una premessa con quattro punti di riflessione: 1) la Parola di Dio, la rivelazione: 2) il magistero di papa Francesco, papa mistico, contemplativo, e in quanto mistico è un papa profetico. La crisi del nostro tempo è crisi di mistica che dovrebbe innervare anche la politica; 3) i documenti del Sinodo; 4) l’esperienza di parroco durante il quale ha cercato di saldare il cielo alla terra, la terra al cielo, ha cercato di fare sintesi, di mettere insieme gli ultimi, i poveri, i marginali = i drop out, i senza voce, senza dignità. E ci sarà il 5° punto esperienziale, il paradigma sotteso: noi non possiamo capire la fraternità come radice di sinodalità se non andiamo alla radice della sinodalità che è la Trinità. Dobbiamo recuperare la Trinità come radice della sinodalità.
S. Giovanni Crisostomo diceva Chiesa e sinodalità sono sinonimi. La Chiesa o è sinodale o viene meno ad una costituzione ontologica del suo essere Popolo di Dio in cammino verso la Gerusalemme celeste.
Due stralci paradigmatici.
- “La Chiesa è de Trinitate plebs adunata (popolo adunato nella Trinità), chiamata e abilitata come Popolo di Dio a indirizzare il suo cammino nella missione al Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo. La Chiesa partecipa così in Cristo Gesù e mediante lo Spirito Santo alla vita di comunione della SS. Trinità chiamata a abbracciare l’intera umanità. La Chiesa è una perché ha la sua sorgente, il suo modello e la sua vita nell’unità della SS. Trinità.” L’azione dello Spirito nella comunione del Corpo di Cristo e nel cammino missionario del Popolo di Dio è il principio della sinodalità. Egli infatti – essendo il nexus amoris (vincolo d’amore) nella vita di Dio Trinità – comunica questo stesso amore alla Chiesa che si edifica come koinonia tou agiou pneumatos, comunione dello Spirito Santo (2Cor 13, 13).
- Lo stesso documento della Commissione teologica internazionale dice che: “A legare la Chiesa sinodale alla Trinità è un triplice rapporto di origine, di destinazione e di somiglianza.” Facendo eco a una celebre espressione di Cipriano: la Chiesa è innanzitutto de Trinitate, ma al tempo stesso essa è anche incamminata verso la Trinità, al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo e trova il suo modello nella comunione trinitaria. Documento della Commissione dunque fondamentale per saper sempre più cogliere il rapporto fra fraternità e sinodalità partendo dalla contemplazione del Mistero della Trinità.
Il punto sulla fraternità è che siamo fratelli perché figli dello stesso Padre, un Padre che ci ama infinitamente. Viviamo una doppia figliolanza, se ci rendiamo conto: 1) siamo appena nati e siamo tutti figli. Dal punto di vista genetico, tutti siamo figli. Quindi ciò che ci lega è una figliolanza umana, antropologica. Non dobbiamo mai dimenticare questa radice antropologica del nostro essere figli. 2) Poi, il sacramento originario, fondamentale del Battesimo – il quale va recuperato – ci fa capire che siamo anche figli di Dio. Quindi una doppia figliolanza: una tutta umana, una tutta divina in Cristo grazie al Battesimo.
Ritornando ai quattro punti di riflessione. La Parola di Dio: va recuperata tutta una riflessione sulla fraternità a partire dalla rivelazione (tema da approfondire). La fraternità è implicita nel tema fondamentale e fondante della paternità a partire dalla Paternità di Dio. E qui stiamo attenti a recuperare una vera immagine di Dio perché molto spesso abbiamo false immagini, sbagliate, di Dio e quindi spesso anche della sua Paternità, da cui poi derivano come conseguenza tutta una serie di prassi sbagliate. La Paternità di Dio caratterizza sia il rapporto di Gesù col Padre sia la sua predicazione della fraternità degli uomini e soprattutto la sua missione nel mondo perché, possiamo dirlo con molta parresia (franchezza), il progetto di Gesù ha un nome preciso: fraternità possibile con e per tutta l’umanità.
Per citare qualcosa di immediatamente evidente, rispetto alla Paternità di Dio da cui deriva la vera fraternità, si può far riferimento all’incontro dopo la Resurrezione di Gesù con la Maddalena: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20, 17)
“Padre e fratelli” non sono espedienti linguistici formali, non sono nomi retorici. Ma sono dati teologici, spirituali, impegnativi e interdipendenti. “Padre e fratelli” fanno parte di quella rivoluzione dell’immagine di Dio e degli uomini contenuta nell’annuncio che è la priorità della predicazione di Gesù.
Gesù ha predicato il Regno di Dio, ha predicato la regalità di Dio. Quindi dobbiamo passare dall’ecclesiocentrismo al regnocentrismo, perché solo così possiamo comprendere la Chiesa. Se invece partiamo dall’ecclesiocentrismo le derivazioni consequenziali sono evidentemente pericolose: pensiamo a quando identifichiamo la Chiesa con il Regno di Dio. Sì, va recuperata una teologia come carisma e come ministero, una teologia che deve nascere dai nuovi luoghi teologici: dal Mediterraneo, come luogo di teologia. Il Mediterraneo oggi è il paradosso di tutte le contraddizioni politiche, sociali, culturali e anche ecclesiali.
La Regalità di Dio si caratterizza come servizio, fino al dono della propria vita, di Gesù Messia, per gli uomini, ritenuti suoi fratelli. Gesù ci propone una regalità che è all’opposto della mondanità, che è anche spirituale, e che molto spesso si insinua come spiffero nelle aule di teologia, negli episcopi, nelle strade, nelle parrocchie e tra i movimenti.
Gesù ci propone una regalità di Dio che è all’opposto degli imperi e dei regni umani, inclusi quelli vigenti al tempo di Gesù: l’Impero Romano e il regno di Erode Antipa che si fondavano sulla coercizione fino alla violenza gratuita verso gli inermi e che comunque si basavano sull’appartenenza razziale o sull’appartenenza estorta con la forza. Non possiamo capire la fraternità se non la leghiamo alla Paternità di Dio e se non leghiamo la Paternità di Dio alla Regalità di Dio. Ad una paternità oppressiva di padre padrone NON può corrispondere una fraternità egalitaria. L’istituzione della primogenitura nella Sacra Scrittura è la dimostrazione lampante: se interviene una reazione dei figli questa è per lo più caratterizzata dalla gelosia, dalla volontà di primeggiare e di perpetuare, da parte del più forte o del più furbo di essi, la stessa struttura gerarchica contestata al padre. Le storie bibliche della Genesi e le lotte fratricide dei figli di Davide ne offrono gli esempi più tristemente conosciuti. Non si improvvisa la fraternità autentica se non si proviene da una paternità che non asservisce ma libera i propri figli. Perché il primo compito del padre è liberare i figli. Ne parla il cardinale Carlo Maria Martini nella lettera pastorale “Dio educa il suo popolo”: Dio come Padre educa e libera, accompagnando, il suo popolo.
di Angela Di Scala
Trovi la prima e seconda parte dell’articolo qui:
Chiesa sinodale e fraternità universale – I parte
Chiesa sinodale e fraternità universale – II parte