In questi giorni ricorre il cinquantesimo anniversario di sacerdozio di don Luigi Ciotti.
Ci sono donne e uomini che in un tempo di incertezze e timori hanno parole e compiono gesti di speranza. Non osservano dal balcone i drammi umani e sociali provocati dall’ingiustizia, dall’illegalità, dall’indifferenza.
Nel lungo elenco di nomi c’è quello di don Luigi Ciotti nato a Pieve di Cadore nel 1945 ed emigrato a Torino nel 1950: quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario di sacerdozio.
La sua avventura era iniziata nel 1972 quando l’arcivescovo di Torino, il cardinale Michele Pellegrino, gli aveva affidato la parrocchia della strada o la strada come parrocchia.
Al ritmo dei suoi passi, dal Gruppo Abele contro la droga fino a Libera contro le mafie, hanno camminato e camminano adulti e giovani cercatori e costruttori di giustizia e di solidarietà.
Sanno che per la casa comune e i suoi abitanti la droga e le mafie sono nemici dalle radici velenose che si intrecciano anche con la politica e l’economia. Sanno che le migliaia di persone morte per overdose o malattie derivanti dall’assunzione di droga erano e sono anche vittime di mafia.
Dicono che non sono consentite distrazioni e con rispetto e fermezza chiedono il risveglio della coscienza per fermare il male e dare via libera al bene.
Don Ciotti a chi gli chiede da quale emergenza ripartirebbe risponde: “Da qualcosa che ‘emerge’ oggi come allora anzi oggi forse con maggiore evidenza: le ingiustizie e le disgregazioni sociali, la devastazione ecologica, la divisione dell’umanità in ‘naufraghi’ e ‘protetti’ la trasformazione dei diritti in privilegi, la connessione, spesso il connubio tra guerra ed economia. Tra la logica del profitto e quella delle armi. In generale la degenerazione dell’ecosistema in ‘egosistema’ violento e a volte criminale”.
È sulle strade dell’umanità che don Ciotti continua il cammino con il sogno di “costruire ponti tra trascendenza e orizzonte storico, tra impegno pastorale e impegno sociale, tra Vangelo e Costituzione”. C’è in questo sogno qualcosa che sfugge a chi legge l’avventura di un prete solo con lenti sfocate o appannate.
Riecheggiano nel camminare di un prete le parole di Madeleine Delbrêl, assistente sociale vissuta dal 1939 al 1964 con i poveri alla periferia di Parigi: “Noi altri, gente della strada, crediamo con tutte le forze che questa strada, che questo mondo in cui ci ha posti Dio sia per noi il luogo della nostra santità”.
Oggi le parole “santità” e “trascendenza” non si trovano facilmente nel vocabolario quotidiano, sembrano indicare qualcosa di molto lontano dalla vita, dalla realtà, dai problemi.
Non è così. Donne come Madeleine Delbrêl e uomini come don Luigi Ciotti dicono che sono parole leggere come il soffio del vento: toccano le coscienze e le interrogano.
Fonte: Paolo Bustaffa – Sir