L’ultima domenica dell’anno liturgico è stata celebrata domenica 20 novembre da don Camillo D’Ambra, affiancato dal diacono Giovan Giuseppe Lucido Balestrieri, presso la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Nella sua omelia don Camillo ha sottolineato che siamo invitati a rivolgere lo sguardo a Gesù, a Colui che abbiamo trafitto con i nostri peccati, che è salito sulla croce per redimerci, perché nel suo Cuore trafitto e aperto potessimo trovare tutti noi peccatori un rifugio.
Egli è il Salvatore del mondo, il Re dei re; sulla croce i giudei scrissero: “Questi è Gesù di Nazaret Re dei giudei”: lo fecero a sfregio, senza sapere che in quel momento stavano affermando proprio la regalità di Gesù Cristo. Egli, infatti, è Re perché Figlio di Dio. Col suo sangue si è conquistato il regno che non è di questo mondo, perché è un regno spirituale.
“Io sono re ma il mio regno non è di questo mondo” rispose Gesù a Ponzio Pilato facendogli capire che era veramente re perché il Padre Celeste lo aveva mandato sulla Terra per poter riscattare tutti gli uomini dalla schiavitù del peccato e di satana, e per congiungerli al Padre attraverso l’opera della Redenzione che si è attuata col versamento di tutto il sangue che Gesù aveva nelle sue vene.
Bastava anche una sola goccia di sangue, quella uscita dal corpo di Gesù nella circoncisione, per salvare anche cento mondi. Ma Gesù è stato generosissimo con gli uomini perché ha voluto lavare le nostre sozzure in un bagno di sangue. Nel suo corpo appeso alla croce -ha ribadito don Camillo -non ne è rimasta neanche una goccia. Anche quando, dopo spirato, il centurione romano volle accertarsi che il condannato era morto, come per legge doveva fare, e dette un colpo di lancia al petto di Gesù entrando nel suo Cuore, ne uscirono le ultime gocce miste a siero.
“E subito uscì sangue e acqua” che sono simbolo dei sacramenti della Chiesa: il battesimo e l’eucaristia, nostra salvezza.
I nemici di Gesù, i capi che governavano allora sia per la parte religiosa sia per la parte civile a Gerusalemme, gongolavano perché erano finalmente riusciti a catturare Gesù. Avevano tentato perfino di buttarlo giù da un dirupo ma non c’erano riusciti perché Gesù si nascose, si rese invisibile: non era ancora arrivata la sua ora. Nessuno avrebbe potuto torcergli neppure un capello. Quindi si è offerto al momento giusto, si è donato nelle mani dei suoi nemici perché quella era la sua ora, il momento in cui avrebbe riscattato l’intera umanità.
“Devo ricevere un battesimo e come sono angosciato finché questo momento non arrivi”. Era un battesimo di sangue, il suo martirio sulla croce. È da lì che Lui ha regnato. La croce che era un supplizio è diventato invece un trono. Un trono scomodo, certamente, ma un trono dal quale Egli regna sui buoni perché è entrato nel cuore di quelli che gli sono fedeli. I suoi nemici lo hanno insultato finanche quando era appeso alla croce. E Gesù non è sceso, anche se lo hanno provocato a farlo, perché doveva redimere e salvare l’umanità intera.
La Redenzione è l’opera che equivale alla Creazione: il Padre ha compiuto l’opera della Creazione; il Padre affida e attribuisce al Figlio l’opera della Redenzione. Anche se il Figlio è Dio e sta sempre insieme al Padre e allo Spirito Santo, ma è stato il Figlio a soffrire. Il Figlio è il Verbo incarnato, cioè la Parola di Dio fatta carne, diventato uomo. Perchè Egli è Gesù. È l’eterno Figlio di Dio, ma ha preso in un certo momento anche l’umanità, la nostra carne, la carne immacolata di Maria nel grembo di lei. Ha voluto vivere la vita sulla Terra come tutti gli uomini, dall’inizio, dalla concezione nel grembo materno, alla morte. Gesù, vero Dio, è anche vero uomo. Come Dio non poteva morire, ma come uomo sì e ha offerto al Padre questa sua morte sulla croce. Perchè senza l’effusione del sangue non c’è redenzione dai peccati e Gesù ci ha rimesso i peccati dandoci il suo sangue. Noi siamo salvi grazie al sangue di Gesù.
Ecco perché in questo giorno dobbiamo volgere lo sguardo a Colui che noi abbiamo crocifisso, abbiamo trafitto con i nostri peccati. E dobbiamo batterci il petto.
Noi che stiamo nella Chiesa, noi che siamo la Chiesa dobbiamo essere i soldati di Gesù che è il Re. E il Re ha anche un esercito che è pacifico perché Gesù è il Re della Pace. Non è venuto per fare guerra nel mondo, ma per portare la Pace. E ha un esercito che sono tutti gli uomini e tutte le donne che hanno creduto in Lui, hanno aderito al Vangelo e si sono messi a camminare appresso a Lui.
Gesù è il condottiero, è il generale che va avanti portando non la spada ma la croce e tutti quelli che vanno appresso a Lui calcano le sue orme. E noi se calchiamo le orme di Gesù siamo sicuri di arrivare alla salvezza, perché abbiamo la via tracciata dai piedi di Gesù. Anche noi abbiamo la nostra croce che non è pesante come la mia – dice Gesù – però portata fino in fondo a questa strada vi darò un premio che supera ogni vostro desiderio: vi darò il Paradiso.
Così ha fatto con quel ladro che stava crocifisso accanto a Lui. Ma poi la grazia di Dio è entrata nella sua mente e allora si è convertito. E rimprovera il compagno, il quale bestemmiava. “Non ti rendi conto che stai appeso alla croce? Noi siamo stati condannati giustamente, ma Costui non ha fatto niente di male”.
Quindi ammette l’innocenza di Gesù: l’Agnello senza macchia. “Gesù ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. E Gesù, che è la salvezza, ha ascoltato la parola di questo ladro e gli ha cancellato tutti i peccati, portandolo nello stesso giorno direttamente con sé in Paradiso.
Gesù è la Misericordia infinita e non ci sono peccati così grandi che Egli non ci possa perdonare. Siamo noi che facciamo fatica a metterci ai suoi piedi, ma quando capiamo che siamo stati peccatori e abbiamo fatto tanto male, allora usufruiamo anche noi di questa misericordia infinita, di questo sangue che sgorga dal petto di Gesù crocifisso e quel sangue ci lava da tutte le nostre sozzure. Ci rende di nuovo innocenti, ci rende di nuovo puliti per poter un giorno anche noi entrare nel regno di Cristo.