Cari bambini, nei giorni scorsi la nostra meravigliosa isola purtroppo ha subito un grave disastro che ha portato via persone e case, rendendoci tutti pieni di tristezza e dolore. Ancora abbiamo negli occhi le immagini terribili di ciò che è successo, e nel cuore teniamo tutte le persone che non ci sono più e quelle ferite, e ci stringiamo forte ai famigliari che piangono: ogni loro lacrima non andrà perduta nel mare infinito dell’amore di Dio, e Lui le userà per far nascere mille piantine di bene. In mezzo a questo momento difficile, l’Avvento è cominciato, e la speranza e la luce che questo periodo ci porta con il Natale alle porte può ridarci coraggio, pensando che Gesù, Giuseppe e Maria hanno vissuto anche loro tante sofferenze, ma Dio Padre è sempre stato fedele nella sua amicizia con l’uomo, ed è più grande di ogni male.
Eccoci, allora, alla Seconda Domenica d’Avvento, in cui ci viene detto dalla nostra compagna di viaggio speciale, la mangiatoia parlante, di restare aperti al cambiamento. Non è per nulla facile essere disposti a cambiare in situazioni normali, figuriamoci in situazioni difficili e spaventose. Abbiamo iniziato assieme, nello scorso numero, un cammino d’Avvento con la mangiatoia che ci diceva che desidera rimanere aperta a qualsiasi cosa si posi dentro di lei, anche se ci sono imprevisti…per questo non ama avere un coperchio. Che coraggiosa! Ed è anche molto accogliente, allora, potremmo dire, giusto? Accoglie tutto e tutti; quello che succede e gli esseri viventi che arrivano da lei. E da lei e dalla sua accoglienza possiamo imparare ad essere aperti anche noi verso ciò che accade; ad essere pronti al cambiamento, anche quando fa paura, anche quando non ci piace e non lo vogliamo. Ad essere accoglienti verso gli altri, verso ciò che ci porterà il futuro, ogni giorno, andando incontro a Gesù che viene in mezzo a noi, tra i nostri problemi e drammi.
Sì: Gesù è con noi nel fango, tra i massi, tra le case cadute, tra le auto rovesciate, vicino a noi quando piangiamo. È proprio lì che cammina con noi, e ci dice di non farci fregare da questo terribile cambiamento, di non farci fermare dalla tristezza, dalla paura, dalla rabbia. Io sono con te, dice. Pensa, prega, facciamo qualcosa insieme per chi è in difficoltà… La mangiatoia ci dice anche che: «La vita in stalla è abbastanza movimentata: si inizia al mattino presto, quando saluto i miei affezionati animali prima che partano per le consuete occupazioni. E poi è la volta dei contadini che riassettano alla bene meglio l’ambiente, avendo cura che io non resti vuota perché vitellini, pecore e giovani buoi possano avere di che mangiare lungo la giornata. Le settimane scorrono più o meno uguali, ma un pomeriggio di non tanto tempo fa, ho vissuto un’esperienza insolita. Essendo una mangiatoia leggera, mi avevano spostato dalla stalla al prato, vicino alla fontana, e mi si erano avvicinati i cavalli del governatore per sfamarsi. Mi pareva di essere su un altro pianeta! Il respiro era lo stesso, ma il pelo, la stazza e l’eleganza di quegli animali mi avevano lasciata senza fiato! Sapete, io sono abituata a vedere cavalli un po’ avanti con l’età, buoi con tante mosche che ronzano attorno e asini forti ma spelacchiati. Viceversa, quelli erano cavalli allevati a Roma, abituati a stalle maestose e a mangiatoie di legno di noce. O di quercia, mi pare di aver sentito. E io, invece, sono fatta di legno comune. Mi si erano avvicinati con diffidenza e avevano mangiato poco. Quel pomeriggio, per la prima volta, ho invidiato le stalle dell’Imperatore. Fossi stata costruita per lui, avrei avuto ben altro legno e ben altre attenzioni: cavalli di razza e non asini; stallieri di professione e non contadini. Mentre questo pensiero mi tormentava, ho visto arrivare un vitellino e mangiare come al solito. E mi sono chiesta: “Fossi una mangiatoia luccicante, il mio foraggio avrebbe un sapore più buono?”. “No”, mi sono detta. Da quel giorno, ogni tanto mi ritornano in mente pensieri invidiosi; e sapete come li scaccio? Penso a ciò che posso offrire.»
Cari bambini, come la mangiatoia, pensiamo a ciò che possiamo offrire (c’è sempre qualcosa che possiamo fare o dare), specie quando arrivano cambiamenti difficili: una preghiera, anche silenziosa, un sorriso, un abbraccio, un invito a giocare insieme, dare qualche oggetto che può servire a chi non ha più niente… San Giovanni Battista abbiamo visto in queste pagine che era un uomo rude, vestiva come un poveraccio e pronunciava parole talvolta dure. Ma come gli animali trovano paglia che li sfama all’interno della mangiatoia, così chi si avvicinava a lui trovava cibo per l’anima e speranza per il futuro. “Convertitevi! Cambiate!”. Questo il suo incessante invito. Ma cosa posso cambiare? Soprattutto se sono triste? Se camminiamo sulle orme di Gesù, quelle della verità e bontà, e a braccetto con Lui, ascoltando le sue parole, ogni cambiamento non ci butterà per terra, ma sapremo essere forti, pronti e aperti a fare qualcosa di bello anche dove c’è qualcosa di brutto. Non possiamo fare questo da soli, però, ci vuole la Sua forza.
Ripetiamo insieme ancora una volta la preghiera della mangiatoia, e da ogni cambiamento, anche dal più pauroso, vedremo spuntare coraggio e forza per andare avanti. Come è possibile? È il miracolo dell’amore di Dio. Chiediamogli aiuto con fiducia, e si avvererà: “Signore, aiutami ad affrontare ogni giorno le paure e le difficoltà. Dammi forza di continuare a sognare e la capacità di accogliere sempre quello che mi regalerà il futuro. Amen”.