Intervista a Mons. Pascarella
“Serve una lettura critica da parte di tutti sulla nuova tragedia che ha colpito l’isola. Buona parte di questi disastri si possono evitare con interventi preventivi dell’uomo”
“La realtà più triste di questi morti è che, tra questi, c’è un bambino di pochi mesi e tre ragazzi. E questo fa soffrire ancora di più”, spiega ai nostri microfoni monsignor Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli e Ischia. “Nello stesso tempo ho avuto la possibilità, con i Vigili del fuoco, di fare subito un sopraluogo sul luogo della tragedia e devo dire che le Istituzioni si sono mosse in tempo e in modo veramente positivo e come Chiesa locale ci siamo subito messi in moto, in particolare con la pastorale giovanile e l’ufficio del lavoro per la Salvaguardia del Creato”.
La frana
“Si è messa in moto una condivisione, una solidarietà silenziosa, con il coinvolgimento immediato di giovani volontari”, dice il presule. “Qualcuno, appena è successo il movimento franoso, ha parlato di disastro annunciato. So che anche altre volte, proprio in quel luogo, ci sono state devastazioni, non come adesso, ma frane ci sono già state nel passato. Penso, quindi, che su questo vada fatta una rilettura critica. La devono fare le Istituzioni ma anche noi non possiamo non essere voce profetica. Ciò per fare in modo che non si verifichino ulteriormente questi eventi drammatici. Tenendo presente, che anche attraverso il nostro ufficio che si occupa di temi ambientali a partire dalla Laudato Si’, possiamo offrire un nostro contributo più forte sulla salvaguardia del Creato. Ischia è un’isola bella, però è anche un’isola ferita”.
La responsabilità dell’uomo
Certamente buona parte di questi disastri, secondo monsignor Pascarella, si possono evitare con interventi preventivi. O almeno attenuare moltissimo. “C’è bisogno però anche di interventi controcorrente. A volte, infatti, si sono chiusi un po’ troppo gli occhi, anche in modo molto spicciolo, nelle amministrazioni locali per avere voti o altre cose del genere. Certamente si può e si deve fare di tutto perché questo non si ripeta, perché l’uomo ha queste possibilità di prevenzione”.
La speranza
In questo frangente drammatico, conclude il pastore, “si esprimono due realtà fondamentali della nostra vita di cristiani che poi sono anche parole che ci richiamano al tempo di Avvento che viviamo. Prima di tutto la parola vicinanza, il farsi vicino alle persone che in questo momento soffrono per la perdita dei loro cari, alle persone che sono sfollate. Farsi vicino con delicatezza e con tenerezza. E poi la parola speranza che non possiamo non annunciare. Proprio in questo tempo – sottolinea Pascarella – ci viene ricordato che la morte non ha l’ultima parola sulla storia di un uomo, di una persona, ma la destinazione finale non è la morte, ma è l’incontro con Gesù”.
Fonte: Luca Collodi – Vatican News