Il Natale per la cultura occidentale è la festività più importante dell’anno. È il momento migliore per apprezzare la compagnia di amici e parenti. Ma oltre ai simboli che ben conosciamo, come i regali, il Natale ha soprattutto un significato religioso: il giorno di Natale si celebra la nascita di Gesù Cristo, colui che all’epoca sarebbe stato identificato da parte degli ebrei come il Messia profetizzato dalle Sacre Scritture. Una volta diffuso il cristianesimo, i credenti iniziarono a festeggiare il giorno del Natale solo intorno al IV secolo d.C., riallacciandosi a tradizioni e festività già esistenti, ma caricandole di un messaggio completamente nuovo.
Tra queste va sicuramente menzionata la festa ebraica dell’Hannukkah, in cui viene ricordata la consacrazione del Secondo Tempio di Gerusalemme, ordinata da Giuda Maccabeo dopo la terribile occupazione siriana del II secolo a.C. che voleva portare il popolo ebraico a rinnegare il monoteismo. Dai Saturnali romani, alla celebrazione del Sol Invictus, passando per la nascita della divinità solare Mitra, furono molti gli eventi che la Roma antica festeggiava in quello che è oggi il cosiddetto periodo natalizio o “tempo d’avvento”.
In questo lasso di tempo, che intercorre approssimativamente tra l’8 dicembre ed il 6 gennaio, il mondo precristiano aveva dunque già stabilito importanti ricorrenze che nel corso dei secoli sono state progressivamente assimilate alla nascita di Cristo. Cerimonie le cui pratiche sono state uniformate e canonizzate in quelli che oggi sono i momenti chiave delle celebrazioni natalizie, tanto laiche quanto religiose. I Vangeli non menzionano la data di nascita di Gesù – nota come Natività – ma raccontano la storia dell’Immacolata Concezione e delle umili circostanze in cui Gesù nacque.
Per alcuni teologi e sociologi, il laicismo consumistico della festa natalizia avrebbe ormai completamente privato il Natale dei suoi significati più profondi e autentici. Eppure, sembra che – dietro i regali, gli addobbi ed i cenoni – lo spirito di carità, fratellanza e comunione persista nonostante tutto e a dispetto della fede individuale. E, infatti, nonostante il rituale proprio della società contemporanea, spiccano le iniziative dei Papi che a cavallo del terzo millennio hanno posto i presepi e i poveri al centro della festività: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno celebrato in modo diverso il Natale, ma sempre tenendo fermo il messaggio di Gesù.
I tre pontefici fin dal loro insediamento sul soglio di Pietro hanno inteso il Natale in modo molto tradizionale. Karol Wojtyla inaugurò la tradizione di andare a far visita al presepe dei netturbini romani a Porta Cavalleggeri. Giovanni Paolo II ha difeso la Natività, convinto che in Essa affondassero le radici del Vecchio Continente: nella Cristianità, in un‘Europa che già negli anni ‘80 era in preda a una forma precoce di secolarismo. «Dobbiamo meditare attentamente sul perché Gesù si è incarnato – amava dire- è importante che ciò sia sempre presente al nostro spirito se vogliamo che il Natale non si riduca a festa solamente sentimentale o consumistica, ricca di regali e di auguri, ma povera di autentica fede cristiana». In realtà, Giovanni Paolo II avrebbe voluto che il suo Natale fosse davvero unico: con un viaggio in Terra Santa. Una cosa che però fu possibile solo a marzo del 2000 per il Grande Giubileo. Un pellegrinaggio pensato per ripercorrere vita, morte e Resurrezione di Gesù, un pellegrinaggio durante il quale il pontefice chiese perdono per gli errori della Chiesa.
Benedetto XVI non ha amato celebrazioni sfarzose per il Natale, preferiva riunirsi col fratello, e dal punto di vista teologico rimarcava un aspetto fondamentale: l’evento di Betlemme deve essere considerato alla luce del Mistero Pasquale, ovvero l’uno e l’altro sono parte dell’unica opera redentrice di Cristo. Francesco ha invece visto nel Natale un momento per ribadire la vicinanza propria e della Chiesa agli ultimi. Fin da dai primi Natali da quando è diventato successore di Pietro ha visitato immigrati e senza tetto. È successo alla Caritas, nelle case d’accoglienza, al Dispensario Santa Marta che dà aiuti ai bambini più disagiati: «I pastori sono stati i “primi” a vedere Gesù – ribadì durante la sua prima messa di Natale – perché erano tra gli ultimi, gli emarginati».
Fonte: Franco Maresca, in collaborazione con SegnideiTEMPI