Si tratta di una festa di origine pagana, in molti luoghi intesa anche come una festività religiosa, e considerata da molti un’occasione per fare dei buoni propositi per il nuovo anno. Comunque sia la data del Capodanno dipende dalla cultura, usi e religione di ogni popolo. Per i cinesi, ad esempio, quest’anno cade il 23 gennaio. Nel calendario gregoriano, utilizzato nella maggior parte dei Paesi occidentali compreso il nostro, corrisponde come ben sappiamo al primo gennaio. Le origini dei festeggiamenti risalgono alla festa pagana in onore del dio romano Giano, rappresentato con due facce contrapposte (il cosiddetto Giano Bifronte, poiché il dio può guardare il futuro e il passato); da qui deriva il nome del mese di gennaio, che si festeggiava appena dopo i saturnali, le feste romane per il dio Saturno, che invece chiudeva l’anno. Il primo gennaio è stato considerato il primo giorno dell’anno a partire dal 46 a.C. con l’introduzione del calendario giuliano. Infatti, prima del calendario promulgato da Giulio Cesare, il primo giorno dell’anno coincideva con il primo giorno di marzo.
Durante i secoli successivi, sebbene molti Paesi europei avessero adottato il calendario giuliano che fissava Capodanno al 1° gennaio, la data del primo giorno dell’anno cambiava da zona a zona. Ad esempio, a Pisa e Firenze il Capodanno di celebrava il 25 marzo. In Puglia, Calabria e Sardegna si festeggiava il 1° settembre, che equivale al 14 settembre nel calendario gregoriano. Ma qual è il significato del Capodanno e perché si chiama notte San Silvestro? Il 31 dicembre il santo che si festeggia è appunto san Silvestro. Silvestro è stato il trentatreesimo vescovo di Roma e pontefice della Chiesa cattolica dal 314 fino alla sua morte nel 335. Fu papa durante il regno di Costantino, anzi si ritiene abbia avuto un ruolo determinante nella conversione al cristianesimo dell’imperatore. Papa Silvestro morì proprio il 31 dicembre del 335. Si tratta più che altro di una figura importante da un punto di vista religioso. Un traghettatore, colui che guida e trasporta le anime e le persone verso il Nuovo Anno. Un personaggio importante nella storia della cristianità. Infatti, è sotto il suo pontificato che la Roma pagana lasciò il posto a quella cristiana, pur conservando alcuni riti e cerimonie.
Nei primi anni della Chiesa nascente, i cristiani seguivano il calendario ebraico, ma presto si resero conto che le usanze e abitudini degli ebrei non potevano, di certo, unirsi alle loro nuove pratiche religiose. Per questo motivo, furono attuati alcuni cambiamenti: in primis, il passaggio dal sabato alla domenica. La domenica: giorno in cui i cristiani ricordano la Resurrezione di Cristo, e il momento più importante dell’anno per un cristiano è proprio il periodo del Triduo Pasquale. Intorno alla Pasqua, poi, girano tutte le più importanti festività liturgiche, a partire dalla Pentecoste che, sempre per il calendario liturgico dei primi cristiani, fu istituita immediatamente dopo la Pasqua. Lo sviluppo graduale, poi, dell’anno liturgico, è arrivato con lo sviluppo delle stesse prime comunità cristiane che da piccole, sono diventate di gran numero e si sono sparse in ogni parte del mondo. Alle canoniche festività si sono affiancate quelle delle tradizioni locali (le festività dei santi, ma in particolare quelle dedicate alla Madonna). Certo è che l’anno liturgico si basa tutto sugli episodi della vita di Cristo raccontati nel Vangeli: intorno a questi, ruota l’intera cristianità. Papa Francesco, nella prima Messa celebrata nell’anno appena trascorso, davanti ad ambasciatori e fedeli lo dedicò al ruolo materno della donna, all’amore che sanno trasmettere, alla capacità di gestire le difficoltà quotidiane.
È il ruolo della donna madre che celebra. «Riescono a tenere assieme i sogni e la concretezza». E soprattutto ribadì: stop alle violenze. Le donne e il loro ruolo nel mondo sono state, in sostanza, al centro di una ampia riflessione del Papa sull’amore che sono in grado di trasmettere: «Quanto amore c’è nei loro occhi, che mentre piangono sanno infondere motivi per sperare! Il loro è uno sguardo consapevole, senza illusioni, eppure al di là del dolore e dei problemi offre una prospettiva più ampia, quella della cura, dell’amore che rigenera speranza. Questo fanno le madri: sanno superare ostacoli e conflitti, sanno infondere pace. Così riescono a trasformare le avversità in opportunità di rinascita e di crescita. Lo fanno perché sanno custodire, sanno tenere insieme i fili della vita. C’è bisogno di gente in grado di tessere fili di comunione, che contrastino i troppi fili spinati delle divisioni».
di Franco Maresca