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È lecito negare il Battesimo ai figli di coppie omosessuali?

Non è assolutamente lecito rifiutare il sacramento se i genitori desiderano per il loro figlio ciò che desidera la Chiesa.

Sempre più spesso la comunità cristiana è chiamata ad affrontare situazioni pastorali particolari. Questo si verifica con frequenza in occasione dell’amministrazione dei sacramenti. In questi casi occorre guardare la realtà con uno sguardo che sappia cercare il vero bene della persona rimanendo sempre e saldamente ancorati all’insegnamento della Chiesa, la quale è garante della piena realizzazione di ogni uomo. In riferimento al Battesimo dei figli di coppie omosessuali occorre chiarire che non è assolutamente lecito rifiutare il sacramento se i genitori desiderano per il loro figlio ciò che desidera la Chiesa. La norma generale ricorda che per battezzare lecitamente un bambino si richiedono due condizioni.

La prima che i genitori o almeno uno di essi, vi consentano; la seconda è che vi sia la fondata speranza che il loro figlio sarà educato secondo i principi della religione cattolica. Quando si verificano queste due realtà non mai è lecito negare il sacramento. Il Battesimo, a differenza di altri sacramenti è un diritto, la cui negazione deve avere fondate e argomentate ragioni. Negando il Battesimo si nega la grazia e si priva la persona di un bene necessario per la salvezza. Va poi ricordato con forza che il Battesimo dei figli non è un premio per la condotta morale dei genitori. Si battezzano i bambini per il loro bene, donando loro la grazia, nella speranza che questa, con l’aiuto dei genitori, dei padrini e dell’intera comunità, non rimanga vana ma accompagni il loro cammino fino al momento in cui ciò che hanno ricevuto in dono possa essere confermato.

Il dono del sacramento non dipende dalla fede di chi celebra il rito sacramentale, ma dalla fede della Chiesa che celebra i sacramenti ricevuti da Cristo suo Signore. Nel Rito del Battesimo, prima di battezzare il bambino al fonte battesimale, il ministro domanda ai suoi genitori se vogliono che il loro figlio riceva “il battesimo nella fede della Chiesa che abbiamo professato”. Il Battesimo, quindi, avviene nella fede della Chiesa; la sua validità non dipende dalla fede dei genitori, ma dall’intenzione da parte del ministro di compiere quel gesto rituale in piena comunione con la Chiesa. Illuminante la considerazione pastorale contenuta nell’Instrumentum laboris della III Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia del 2014. Al numero 120 si legge: “Tuttavia, nel caso in cui le persone che vivono unioni dello stesso sesso, chiedano il Battesimo per il bambino, le risposte, quasi all’unanimità, sottolineano che il piccolo deve essere accolto con la stessa cura, tenerezza e sollecitudine che ricevono gli altri bambini. Molte risposte indicano che sarebbe utile ricevere delle direttive pastorali più concrete per queste situazioni. È evidente che la Chiesa ha il dovere di verificare le condizioni reali in vista della trasmissione della fede al bambino. Nel caso in cui si nutrano ragionevoli dubbi sulla capacità effettiva di educare cristianamente il bambino da parte di persone dello stesso sesso, se ne garantisca l’adeguato sostegno – come peraltro è richiesto ad ogni altra coppia che chiede il battesimo per i figli”.

di Paolo Morocutti

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