Lunedì 23 gennaio nella Chiesa di S. Antonio Abate a Ischia, si è celebrata l’annuale veglia ecumenica, in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Una settimana speciale in cui noi cristiani siamo chiamati a pregare insieme, affinché si realizzi il sogno di Gesù: “Che tutti siano una cosa sola”.
Erano due anni, ormai, che, a causa della pandemia, non ci si riuniva, ma quest’anno, sfidando il brutto tempo e l’influenza, ci siamo riusciti. In rappresentanza delle confessioni cristiane presenti sul territorio hanno presieduto la celebrazione la tenente dell’esercito della salvezza, Ilaria Castaldo, la pastora luterana, Kirsten Thiele, e per la prima volta, padre Gennaro Pascarella, vescovo di Ischia.
“Imparate a fare il bene, cercate la giustizia”.
(Isaia, 1, 17)
Questa la frase scelta, come tema di quest’anno, da un gruppo di cristiani del Minnesota, negli Stati Uniti, per celebrare la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il tema della giustizia è un tema scottante. Le diseguaglianze, le violenze e i pregiudizi crescono sul terreno di una società che fa fatica nel testimoniare una cultura di pace e di unità.
E i tempi di Isaia non erano molto diversi dai nostri. Le guerre, le ribellioni, la ricerca della ricchezza, del potere, l’idolatria, l’emarginazione dei poveri avevano fatto smarrire la strada al popolo di Israele.
Cosa significa cercare la giustizia?
Essa è come un tesoro che va cercato, desiderato, è la meta del nostro agire. Praticare la giustizia aiuta a imparare a fare il bene. Per Isaia le persone che Dio preferisce, perché più indifese, sono gli oppressi, gli orfani e le vedove. Dio invita il suo popolo a prendersi cura concretamente degli altri, soprattutto di chi non è in grado di far valere i propri diritti. Il desiderio e la ricerca della giustizia sono da sempre inscritti nella coscienza dell’uomo, glieli ha messi in cuore Dio stesso ma senza l’amore non ci sarà mai giustizia vera, condivisione di beni tra ricchi e poveri, e le guerre che ancora si combattono ne sono una dimostrazione.
Durante la celebrazione sono stati utilizzati due simboli: l’acqua, che rappresenta il battesimo e la nuova vita e le pietre (ogni partecipante ne ha ricevuta una all’ingresso) che rappresentano la nostra storia personale.
All’inizio della celebrazione i ministri hanno versato a turno una brocca d’acqua in un recipiente… questo per mostrare come il medesimo Spirito, ricevuto nel Battesimo, crei l’unità nella diversità della creazione di Dio.
Subito dopo, con la confessione dei peccati e la richiesta di perdono, persone di diverse confessioni cristiane hanno posto delle pietre ai piedi della croce, a simboleggiare che Cristo è la Pietra angolare e che abbiamo bisogno di Lui per superare le nostre divisioni e rafforzare l’unità che condividiamo in quanto cristiani.
Sono seguite, poi, le riflessioni dei ministri, che si sono alternate intorno alla Parola di Dio.
La pastora luterana ha sottolineato che Dio vuole abitare in mezzo a noi, ma non sopporta i nostri sacrifici in suo nome (come dice Isaia) perché siamo sulla via sbagliata. Ancora non abbiamo imparato a fare il bene. La creazione di Dio la distruggiamo, le nostre mani sono piene di sangue. Ci sono ancora tanti oppressi, tanti che non hanno voce e finché l’umanità non riuscirà a risolvere questi problemi avremo le mani sporche di sangue. Con il battesimo siamo chiamati a cambiare vita, ovunque siamo. Gesù ha dato la vita per salvare tutti, anche i malfattori e portare la pace. Questa è la via difficile che ci ha mostrato ed è questa la via che dobbiamo percorrere anche noi.
Subito dopo, la tenente Ilaria Castaldo ci ha fatto dono della sua voce, cantando il salmo 42, dopo il quale ci ha donato la sua riflessione. Come un cervo assetato brama l’acqua, anche noi abbiamo bisogno dell’acqua per sopravvivere, ma non un’acqua qualsiasi, l’acqua di cui non possiamo fare a meno: stare alla presenza di Dio.
Si tratta di un’acqua semplice, ha detto, la meno costosa, ma che a Dio è costata tutto, perché noi potessimo averla. Il salmista ad un certo punto afferma: “il mio cuore a te solo anela”, ma oggi tante persone, tanti giovani, a cosa anelano? Cosa sono disposti a fare per realizzare i loro desideri?
Senza l’amore di Dio niente ha valore. Solo col suo amore diventiamo suoi collaboratori, portiamo il bene al prossimo da parte di Dio.
Poi, con il suo intervento, il nostro vescovo ci ha ricordato da subito che siamo liberi figli di Dio. Il Padre Nostro, infatti, ci invita ad una conversione di sguardo: l’altro accanto a me o l’altro che incontro per caso è mio fratello. Questa sera, diceva, siamo uniti nel suo nome e Lui ci ha detto che dove due o più sono uniti nel suo nome, lì sta in mezzo a noi. Ciò che frena la presenza di Gesù in una comunità è la smania di voler prevalere sull’altro. Stasera, diceva, Gesù bussa alla nostra comunità ed entrerà se tra noi c’è vera unità. Dio è Amore, è Trinità e Unità e dove c’è Gesù c’è lo Spirito Santo, che fa sì che la Parola diventi spirito e vita per ciascuno di noi. Il Vangelo di Mt 25, 31-40 (sul quale fonda la riflessione del vescovo), ci ha aiutato a concretizzare il tema della serata. Ogni volta che lo si legge è un esame di coscienza, dice il vescovo, un richiamo all’essenziale, a ciò che conta nella vita. Quando incontriamo una persona, dobbiamo ricordarci che Dio ci ha amati per primo, fino a dare la vita, e questa è la misura che anche noi dobbiamo usare. L’autenticità del nostro amore a Dio passa per l’autentico amore al fratello.
Alla sera della nostra vita, infatti, saremo giudicati sull’amore!
Le parole dei celebranti, tutti molto profondi e diretti, ci hanno riportati alla vera essenza della serata, al perché e soprattutto al come, eravamo riuniti tutti lì quella sera.
E, con le preghiere di intercessione e soprattutto la preghiera del Padre Nostro, si è davvero respirato quel clima di fraternità di cui si era parlato.
Il momento della colletta ci ha subito riportati all’essenziale: noi cristiani siamo chiamati ad uscire e ascoltare le grida di tutti coloro che soffrono, per comprenderli meglio e rispondere alle loro sofferenze, e mai come in quest’ultimo periodo la nostra terra, a seguito della frana, ha messo in evidenza vari tipi di sofferenze e ci siamo resi conto che è solo quando ci amiamo e ci prestiamo aiuto gli uni gli altri che serviamo e amiamo Dio e il nostro prossimo.
Le offerte, infatti, che sono state raccolte quest’anno, sono state devolute alla Caritas diocesana che, vicina alle famiglie in difficoltà, potrà rispondere al meglio al loro grido di sofferenza.
A conclusione della preghiera, è seguita la benedizione dei ministri e i canti finali del coro. Come ogni anno, il coro era formato da membri dei movimenti e cammini presenti sull’isola e dal coro della comunità di S. Antuono, comunità che, con il parroco don Giuseppe Nicolella, ha accolto, con un piccolo buffet nella sala superiore, tutti coloro che erano contenti di restare. Anche quel momento è sembrato il giusto concretizzarsi delle parole del vescovo, che ci ha ricordato che “dove due o tre sono riuniti nel Mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. Questo il clima che si respirava!
di Giuseppina Attore