In conclusione, del viaggio apostolico in Africa, Papa Francesco domenica 5 febbraio ha recitato l’Angelus in Sud Sudan davanti a una marea di fedeli, pronti a dargli l’ultimo saluto prima della partenza verso Roma: «Vi ringrazio per la vostra fede, per la vostra pazienza, per tutto il bene che fate e per le fatiche che offrite a Dio senza scoraggiarvi, sapendo andare avanti. …Speranza è la parola che vorrei lasciare a ciascuno di voi, come un dono da condividere, come un seme che porti frutto. …Con i miei Fratelli Justin e Iain, che ringrazio di cuore, siamo venuti qui e continueremo ad accompagnare i vostri passi, tutti tre insieme. Siamo venuti qui facendo tutto quello che possiamo perché siano passi di pace, passi verso la pace. … A lei, che ora preghiamo, affidiamo la causa della pace in Sud Sudan e nell’intero Continente africano. … Alla Madonna affidiamo anche la pace nel mondo, in particolare i numerosi Paesi che si trovano in guerra, come la martoriata Ucraina. Torno a Roma, torniamo noi tre nella nostra sede, portandovi ancora di più nel cuore. Lo ripeto: siete nel mio cuore, siete nei nostri cuori, siete nei cuori dei cristiani di tutto il mondo! Non perdete mai la speranza. E non si perda l’occasione di costruire la pace. La speranza e la pace dimorino in voi, la speranza e la pace dimorino in Sud Sudan!».
Pace e speranza sono le virtù che hanno reso il Poverello d’Assisi un autentico pilastro della Chiesa di Cristo, virtù messe in pratica con l’ausilio della Regina degli Angeli, Regina della Pace, patrona degli Ordini francescani. La speranza in un mondo migliore dove regni la pace tra i fratelli prima, tra le comunità e infine tra i popoli, è possibile quando al centro di tutto si mette Cristo e il Suo Amore per ogni creatura, amore che aumenta quando il cristiano si lascia alimentare dal seno della Vergine Maria, con il suo latte materno, ricco di virtù, così come ha fatto Gesù Bambino, primogenito di molti fratelli.
San Francesco è ricordato ancora oggi, dopo ottocento anni dalla sua nascita, come il santo della Pace, ogni suo passo era mosso per raggiungere questa meta. “«Noi – ripeteva – siamo stati mandati in aiuto del clero per la salvezza delle anime, in modo da supplire le loro deficienze. Ognuno riceverà la mercede non secondo l’autorità, ma secondo il lavoro svolto. Sappiate – continuava – che il bene delle anime è graditissimo al Signore, e ciò si può raggiungere meglio se si è in pace che in discordia con il clero. … Se sarete figli della pace, guadagnerete al Signore clero e popolo. Questo è più gradito a Dio, che guadagnare solo la gente …
Coprite i loro falli, supplite i vari difetti, e quando avrete fatto questo, siate più umili ancora» (FF 730).” E ancora: “«Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio. Sono veri pacifici quelli che di tutte le cose che sopportano in questo mondo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo»” … “«La pace che annunziate con la bocca, abbiate ancor più copiosa nei vostri cuori. Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo ma tutti siate attratti alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza. Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti. Molti che ci sembrano membra del diavolo, possono un giorno diventare discepoli di Cristo»” (FF 1469). L’augurio di Papa Francesco possa essere come il piccolo granellino di senape che, una volta piantato, faccia crescere l’albero della pace e della speranza nel continente africano, spesso luogo di aspri conflitti per l’avidità umana dei ricchi potenti del mondo.