Pontificale nel 289° anniversario della nascita al cielo di S. Giovan Giuseppe della Croce, nella II domenica di Quaresima, domenica 5 marzo
La festa di S. Giovan Giuseppe della Croce si muove nel solco tracciato dalla seconda domenica di Quaresima, nel cammino che ci porta verso la Pasqua, verso la scoperta della luce di Cristo, che vince sul peccato e sulla morte. La meta del cammino quaresimale diventa anche paradigma del cammino che ogni cristiano intraprende qui sulla terra, dove i santi sono coloro che tale cammino sono in grado di percorrerlo fino in fondo e senza esitazioni, nella fiducia completa nell’amore del Signore. Si tratta infatti di un pellegrinaggio la cui meta è la nostra vera patria, la nostra dimora celeste, definitiva e stabile.
È questo, in sintesi, il messaggio che il Vescovo Gennaro ha voluto lasciare ai fedeli presenti domenica scorsa alla celebrazione mattutina da lui presieduta presso la chiesa dello Spirito Santo in Ischia in occasione dei festeggiamenti per il nostro patrono, uomo che ci ha preceduti lasciandoci un limpido esempio di come percorrere il cammino che ci porta alla meta finale. È il cammino che ha percorso Gesù prima di noi. Gesù ha cominciato come ha fatto Abramo, così come ci ricorda il brano che la Liturgia di domenica scorsa ci ha presentato come Prima Lettura: Abramo lascia tutto e parte fidandosi della parola del Signore e del progetto costruito per lui. Gesù fa lo stesso e allo stesso modo si comportano i santi. E in loro la fiducia nel progetto del Signore è talmente forte e radicata da non vacillare nemmeno nell’ora più buia, quando calano le tenebre e il dolore sembra schiacciare irrimediabilmente le loro vite.
Ma – ha ricordato il Vescovo – è nella notte che possiamo scorgere le stelle, vedere la luce.
«Gesù sul Calvario ha vissuto la sua ora più buia, una esperienza terribile. È questa esperienza che anche noi siamo chiamati a fare. Il Signore ci dona tuttavia di sperimentare la dolcezza della sua presenza nei momenti di preghiera, durante un ritiro spirituale, in tutte quelle occasioni che ci consentono di stare in intimità con lui. Questi momenti saranno punti luce cui affidarsi quando arriveranno i momenti bui».
Gesù ci insegna che nella vita possiamo essere tentati di abbandonare il cammino che il Signore ci ha messo davanti, ma anche che siamo in grado di resistere. S. Giovan Giuseppe della Croce – lo dice il suo nome – ci ricorda che non c’è resurrezione senza croce:
«La croce è il segno dell’amore più grande di chi dà la vita per gli altri, ed è questo che Gesù chiede anche a noi, avendoci dato tutta la sua vita come esempio»
Ma da dove trarre la forza per non fermarsi durante il cammino quando questo si fa duro, quando il caos sembra prevalere e l’indifferenza sembra avvolgere tutto?
«Dall’ascolto della Parola e dalla contemplazione dell’esempio di vita di Gesù, il Figlio amato dal Padre, e dalla preghiera. Pregare è come salire sul monte, stare in disparte in colloquio intimo con il Signore».
Gli Apostoli – ha continuato il Vescovo – scendono dal monte cambiati, con occhi e cuori trasformati dalla visione di Cristo trasfigurato. Raccogliersi in preghiera e in intimo colloquio con il Signore fortifica il cuore e lo trasforma. Così trasformati anche noi potremo essere segno concreto dell’amore vivificante di Dio per tutti i nostri fratelli e in special modo per coloro che soffrono, per coloro che sono nella solitudine e nell’abbandono, gli umiliati, le vittime dell’ingiustizia e della violenza. L’uomo rischia di assuefarsi a queste situazioni, rischia di abituarsi alla violenza e alla prepotenza, ma c’è un antidoto:
«Se coltiviamo i nostri rapporti con il Signore, se ci lasciamo tagliare dalla sua parola, certamente non potremo non essere costruttori di pace, affamati di giustizia. Faremo la nostra parte, ognuno secondo il compito che abbiamo nel tessuto sociale nel quale siamo inseriti, lasciando prevalere la pace e l’amore».
La festa in onore di un santo deve quindi trasformarsi in occasione per vivere come lui, seguendo l’esempio di Cristo, il suo stile di vita controcorrente. San Giovan Giuseppe non ha solo ascoltato, sentito, ma ha messo in pratica, ha vissuto ogni giorno la parola di Gesù, ha seguito il consiglio del Signore “Questo è il mio figlio prediletto, ascoltatelo!”
Così ha concluso il Vescovo: «Cerchiamo di vivere come ci chiede il Signore in ogni attimo della nostra vita»