Confesso di aver provato una certa emozione leggendo la notizia che viene dal Veneto: alcuni ex alunni ritrovano dopo 40 anni il loro professore di filosofia, ormai solo e malato, e si prodigano in una gara di solidarietà per prendersene cura.
La storia sembra uscita da un’altra epoca e sui media è raccontata sostanzialmente così: una ex alunna, sempre rimasta in contatto con il professore, improvvisamente nota la sua assenza da un rapporto social coltivato nel tempo e da quel momento scatta la ricerca, che coinvolge altri compagni di scuola i quali non hanno dimenticato quell’insegnante evidentemente capace di entrare nei loro cuori.
“Il 6 febbraio scorso – racconta Nicoletta Bertorelli, maturità scientifica nel 1979/80 al liceo scientifico Gobetti di Torino, ora insegnante lei stessa di Filosofia – mi sono svegliata con una sua lezione in mente. Ho pensato di scriverlo su Facebook e di citarlo, ma stranamente non ho ricevuto risposta”. Nicoletta si allarma, verifica che il professore – si chiama Umberto Gastaldi e oggi ha 82 anni – non posta da qualche mese. Strano, pensa, e comincia ad allertare ex compagni e amici, che avviano le ricerche.
L’uomo da molti anni si è trasferito da Torino a Vicenza, ma evidentemente le distanze geografiche non hanno allentato il legame “spirituale” – si può dire? – con quanti lo hanno riconosciuto come un riferimento importante per la propria crescita culturale e maturazione umana. Così gli ex alunni cominciano a setacciare prima la rete social del professore, senza trovare niente. Gastaldi non ha famiglia, è rimasto solo e pare scomparso, “la chat di classe – racconta il Corriere del Veneto – bolle e il quinto giorno, preoccupati, gli ex ragazzi si lanciano a sondare gli ospedali. Dopo ore concitate finalmente l’Ospedale San Bortolo risponde: ‘È qui, ricoverato dal 6 dicembre’”.
È in un ospedale di Vicenza, ma in buone condizioni e quando, finalmente rintracciato, risponde al telefono, Nicoletta Bertorelli si sente dire anzitutto: “Prendete voi i miei libri, recuperate le mie lettere”. Nicoletta parte subito per andare a trovarlo a Vicenza. Così altri ex alunni, tutti a visitare quell’insegnante dipinto come “austero”, sempre in giacca e cravatta, che incuteva timore ma che evidentemente sapeva toccare le corde più profonde dei suoi allievi. È ancora Bertorelli a raccontare. “Sapeva aprirsi a una socievolezza tenera, dai gesti inconfondibili. Tutti ricordano il gesto tipico, infinite volte ripetuto, di offrirci un caffè prima di entrare a scuola. In ospedale ho avuto un’emozione fortissima quando gli ho visto fare lo stesso con un’infermiera. In questi giorni mi hanno scritto a centinaia. Da Torino, Roma, Stati Uniti, Inghilterra. Persino un ex allievo dalla Nasa ci ha pregato di portargli i suoi saluti”.
La storia va avanti, con l’impegno degli ex allievi a prendersi cura dell’anziano insegnante: “Non lo lasceremo più”.
Il fatto è forse unico, ma quello che insegna è di tutti i giorni. Nella scuola accadono “miracoli” come quello alla base della vicenda raccontata. Si instaurano rapporti veri, relazioni autentiche e fortemente significative che segnano lo svolgersi delle vite. Talvolta anche in negativo, purtroppo. Ma proprio per questo occorre tenere alta l’attenzione, la cura e la passione per quello che succede nelle aule scolastiche. L’educazione, la vita, passano da lì. Si entra da piccoli e se ne esce donne e uomini capaci – questa è la finalità da perseguire – di costruire un mondo migliore.
Fonte: Alberto Campoleoni – Agensir