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Continuando la catechesi sull’evangelizzazione Papa Francesco stavolta pone in primo piano il servizio ecclesiale: «C’è come un ponte tra il primo e l’ultimo Concilio, nel segno dell’evangelizzazione, un ponte il cui architetto è lo Spirito Santo. Oggi ci mettiamo in ascolto del Concilio Vaticano II, per scoprire che evangelizzare è sempre un servizio ecclesiale, mai solitario, mai isolato, mai individualistico.

L’evangelizzazione si fa sempre in ecclesia, cioè in comunità e senza fare proselitismo perché quello non è evangelizzazione. L’evangelizzatore, infatti, trasmette sempre ciò che lui stesso o lei stessa ha ricevuto. Lo scriveva per primo San Paolo: il vangelo che lui annunciava e che le comunità ricevevano e nel quale rimanevano salde è quello stesso che l’Apostolo aveva a sua volta ricevuto. Si riceve la fede e si trasmette la fede. Questo dinamismo ecclesiale di trasmissione del Messaggio è vincolante e garantisce l’autenticità dell’annuncio cristiano. Lo stesso Paolo scrive ai Galati: «Se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema». È bello questo e questo viene bene a tante visioni che sono alla moda… La dimensione ecclesiale dell’evangelizzazione costituisce perciò un criterio di verifica dello zelo apostolico.

Una verifica necessaria, perché la tentazione di procedere “in solitaria” è sempre in agguato, specialmente quando il cammino si fa impervio e sentiamo il peso dell’impegno. Altrettanto pericolosa è la tentazione di seguire più facili vie pseudo-ecclesiali, di adottare la logica mondana dei numeri e dei sondaggi, di contare sulla forza delle nostre idee, dei programmi, delle strutture, delle “relazioni che contano”. Questo non va, questo deve aiutare un po’ ma fondamentale è la forza che lo Spirito ti dà per annunciare la verità di Gesù Cristo, per annunciare il Vangelo. Le altre cose sono secondarie». Da quando si era posto al servizio di Cristo il serafico padre Francesco d’Assisi non perdeva occasione di andare ovunque, anche in capo al mondo, se fosse stato possibile, per annunciare con fervore la parola dell’unico Dio Uno e Trino.

“Francesco, in secondo luogo, fu eletto, a causa dell’insuperabile zelo per la diffusione della fede… Il beato Francesco volle, per Cristo, essere povero, e per lo zelo della fede, fu strumento scelto nelle mani di Dio: se ne andò per tutto il mondo, perché la fede dilatasse i suoi confini. Tre volte egli volle recarsi nei paesi d’oltremare e non lo poté, a causa del naufragio; e, per recarsi dal Miramolino [il sultano Mohamed-ben-Nasser N.d.R.], andò in Spagna, diretto verso il Marocco, dove in seguito i nostri frati vennero martirizzati. La terza volta andò dal soldano, a predicare la fede di Cristo: per la fede di Cristo avrebbe voluto essere fatto a pezzi.

Disse il soldano: «Raduniamo qui i nostri savi e discutiamo della nostra e della vostra fede». Replicò il beato Francesco: «La nostra fede è superiore alla ragione e la ragione riesce persuasiva solo per chi crede. Inoltre non potrei prendere argomenti dalla Scrittura, perché loro alla Scrittura non credono. Si faccia piuttosto un fuoco con legna di bosco: io entrerò nel fuoco insieme con i vostri savi; quelli che saranno bruciati, segno che la loro fede è falsa». Ma subito i savi del soldano si ritirarono, tanto che il soldano si mise a sorridere, dicendo: «Non credo che troverei qualcuno disposto a entrare con voi nel fuoco». Replicò il beato Francesco: «Ci voglio entrate io solo: se sarò bruciato, attribuitelo ai miei peccati; se non sarò bruciato, accetterete la fede cristiana».

Rispose il soldano: «Non oserei far questo: temo che i miei mi lapiderebbero. Tuttavia credo che la vostra fede è quella buona e vera». E, da allora, sempre ebbe la fede cristiana impressa nel cuore. Francesco non sapeva di lettere né ebbe precettore; eppure, datosi alla predicazione, non pronunciò nemmeno una parola che si potesse biasimare – e lo stesso si dica di Antonio -. Gli apostoli non avevano appreso le lettere, eppure furono ripieni di sapienza, predicarono e istruirono gli altri” (FF 2701).

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