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Dove vuoi che andiamo a preparare la Pasqua?

Siamo arrivati alla grande settimana, arriviamo al momento principale della nostra fede. Continuo a dirvi che tutto questo è speciale. Proviamo ad andare con la mente lì a Gerusalemme, a Betfage per capire cosa è successo; mischiamoci fra la folla, rivediamo cosa ha vissuto Gesù da solo (solo lui sapeva gli altri no), prendiamo in mano il bellissimo racconto della passione e immaginiamo Gesù che scende dal monte, scende dalla collina, da Betfage di Betania e scende cavalcando un asinello con la folla esultante. Due volte nella mia vita ho fatto quel percorso a piedi.

Gerusalemme adesso è stata ricostruita ma quelle montagne, gli ulivi sono lì, ed è bello scendere nel Cedron e poi risalire verso Gerusalemme. Cosa c’è nel cuore di Gesù? Gesù è ben consapevole che tutto quello che ha fatto non è servito, le parole che ha detto, i gesti che ha fatto, i miracoli, le guarigioni, i discorsi, la condivisione, tutto quello cioè che lui aveva adottato, come dire, la sua strategia pastorale per annunciare il volto del Padre, purtroppo non è servito, perché il cuore dell’uomo è ostinato, è duro, non sa arrendersi all’evidenza, non sa accogliere, non sa accettare. E così Gesù si ritrova alla fine del suo mandato con un senso di fallimento perché tutto quello che avrebbe voluto fare non ha funzionato. Scende su quell’asino mai cavalcato, richiamando l’usanza reale di cavalcare per primo un puledro, con le lacrime nel suo cuore.

Vede Gerusalemme mentre sta scendendo e piange dentro di sé perché non ha saputo riconoscere tutto quello che lui aveva fatto per lei. Scava nel tuo cuore e chiediti: Gesù, quante volte la tua missione è fallita dentro di me? Quante volte i suoi gesti, le sue parole, le sue guarigioni non ti hanno cambiato? Quel pianto intimo nel cuore del Signore mi invita a chiedere perdono e a guardare in silenzio. Si, Gesù da allora non dirà più nulla, solo gesti che mi invitano a pregare, a riflettere. Che cosa poteva fare ancora Dio per convincere noi uomini cocciuti? Erano finite le parole; nel Vangelo di Matteo al cap. 26 era terminato l’ultimo discorso di Gesù. Le parole erano finite e restano solo i gesti di un uomo che muore per amore, un uomo che si dona per amore, un uomo che non ti fa sentire in colpa, un uomo che ci salva non perché ha solo sofferto molto, ma perché ha molto amato. Mentre Gesù sta scendendo, ad un certo punto gli va incontro una folla ad accoglierlo. La folla registra diverse reazioni che aiutano ad individuare due atteggiamenti che possono insinuarsi nella nostra vita.

Matteo ci dice che alcuni di essi dicono: “Chi è questo che entra così?” E altri dicono: “E’ il messia Gesù di Nazareth”. Bella la prima domanda. Chi è questo che entra così? Si, chi è questo Gesù? Lo vuoi veramente un Dio così? Lo vuoi veramente un Dio inerme, che si consegna, che regna servendo, che non interviene, un Dio che piange? Io un Dio così non lo voglio, e me ne accorgo nelle scelte che faccio ogni giorno. E ancora la gente mette insieme due termini improponibili: Messia e Nazareth. Assurdo! Quante chiacchiere su Gesù, oggi come allora! Ma ci sono anche quelle persone che gridano: Osanna! In origine era una supplica per dire “abbi pietà di noi”, dacci dignità, dacci un abito nuovo! Vorrei gridartelo finché avrò fiato in gola: Osanna a te che ci vieni a salvare, Osanna a te che dai senso alle nostre vite, Osanna a te che allontani tutte le nostre paure! Chiediti allora in questa settimana: chi vorrai essere? Matteo riprende il racconto di Marco e lo amplifica.

Egli raccontandoci la passione sembra essere molto attento a ripercorrere passo dopo passo quello che racconta Marco aggiungendo solo alcune sfumature. Leggendo questo testo mi viene spontaneo chiedermi: io chi voglio essere? Mette i brividi il confronto fra Pietro e Giuda oppure il calcare la mano sulla responsabilità da parte del popolo d’Israele che non ha saputo accogliere un ebreo, un suo fratello. Molto bello Pilato che sta li a guardarsi le mani, per la grande opportunità di felicità che gli è sfuggita, di essere felice. Chiedi a Gesù una vera conversione, una pietas che converte soprattutto in questa Quaresima. Li davanti al crocifisso chiediti: chi sono? La mia famiglia che ruolo ha in questa storia? Termino queste riflessioni con una domanda postaci dal vangelo proprio in questa domenica: “Dove vuoi che andiamo a preparare la Pasqua?”.

Nella mente degli apostoli è una domanda organizzativa; per loro si trattava di individuare un luogo, la location, come ha fatto gli altri anni, con disposizioni concrete. Ma per Gesù non è una Pasqua qualsiasi, è la SUA PASQUA, sigillo dell’intera sua missione. Forse per questo gli evangelisti avranno detto “perché tu possa mangiare la pasqua”. Vorrei che, con me, anche voi poneste a Gesù, nella preghiera, la domanda fatidica, per discernere insieme, per capire, per preparare questa Pasqua. Come dobbiamo vivere la Pasqua? Pensando la Pasqua nuda di Gesù, il suo silenzioso incedere verso la Croce e la Risurrezione. Come Lui anche noi dobbiamo tuffarci in un silenzio abitato dal Padre e dalla Sua volontà, che chiede d’essere assunta con un “sì” sofferto e solenne. Buona Settimana Santa!

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