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Omelia di Mons. Pascarella in occasione della Messa Crismale, presso la Parrocchia di S. Maria Assunta in Ischia

(Is 61,1-3.6.8b-9; Ap 1,5-8; Lc 4,16-21)

La Santa Messa del Crisma viene solitamente celebrata la mattina del Giovedì Santo, essa precede la Messa in Cena Domini e il rito della Lavanda dei piedi, funge da prologo al Triduo Pasquale, culmine di tutto l’Anno Liturgico. La celebrazione ricorda l’istituzione del sacerdozio ministeriale da parte di Gesù Cristo; infatti, al suo interno i presbiteri rinnovano le promesse fatte il giorno della loro ordinazione e avviene anche la consacrazione degli Oli Santi (uno dei quali è il Crisma), che serviranno nei sacramenti del Battesimo, della Confermazione, dell’Ordine e nell’unzione degli infermi. È una celebrazione che ricorda anche l’unità della Chiesa, poiché vede, riuniti intorno al Vescovo, tutti i presbiteri e i fedeli.

Quest’anno, come già altre volte, questa celebrazione, che chiude anche il periodo della Quaresima, si è svolta in anticipo, nella serata di mercoledì 5 aprile, e presso la Parrocchia S. Maria Assunta in Ischia Ponte, poiché la Cattedrale è attualmente chiusa per lavori di ristrutturazione.

La Liturgia della Parola della Messa del Crisma, attraverso le parole del profeta Isaia e con un brano tratto dal Libro dell’Apocalisse di san Giovanni, mette in evidenza il primato del sacerdozio, ma anche la grande responsabilità che ad esso è connessa, di essere cioè colui che viene “mandato a portare ai poveri il lieto annuncio”, cioè colui che ha il compito di tramandare, e testimoniare con la propria condotta di vita, il messaggio di Cristo. Un compito davvero importante e prezioso, ma anche oneroso e impegnativo. Proprio per tale motivo la Messa del Crisma è anche occasione, da tradizione, per un dialogo intimo e fraterno tra Vescovo e presbiteri, come tra il padre e i propri figli – così come fece anche il Signore con i propri Apostoli – nel quale i presbiteri sono invitati a riflettere sul loro operato, sul comandamento dell’amore reciproco, ma anche sulle difficoltà che il ministero sacerdotale comporta.

Per toccare tali tematiche, il Vescovo Gennaro, nell’omelia di mercoledì sera, si è rivolto ai presbiteri ricordando la “radice prima” del dono del presbiterato, il Battesimo, primo passo, che trova maturazione nella Confermazione e compimento nell’Eucarestia, di quel cammino che vede tutti i battezzati – non solo i sacerdoti – investiti della grazia di essere “sacerdoti, profeti e re” e, nel sottolineare questo evento che accomuna tutti i fedeli, ha raccomandato:

«Il nostro primo compito, carissimi fratelli presbiteri, è aiutare le persone che ci sono affidate a riscoprire il dono e la responsabilità legata al proprio Battesimo! È su di essa che si fonda la corresponsabilità, fondamentale per un autentico cammino sinodale».

Il Vescovo ha continuato ricordando che il ministero sacerdotale ha come modello di vita Cristo, che è capo e pastore, ma anche servo:

«È Lui il nostro modello e, nella nostra ordinazione, abbiamo promesso di lasciarci guidare “non da interessi umani, ma dall’amore per i nostri fratelli”. L’ordinazione non ci pone al di sopra degli altri, ma al loro servizio, a imitazione del nostro unico Maestro!»

E questo è stato per Cristo talmente importante, da aver lasciato agli Apostoli, oltre alle parole, anche il gesto concreto della lavanda dei piedi, atto nel quale il Signore ci insegna a svestire i nostri abiti e ad abbassarci per servire gli altri. Il servizio – ha detto il Vescovo – e la concretizzazione del primato dell’amore, esso richiama il comandamento unico, fondamentale, nel quale Gesù ha condensato tutto il suo progetto: “amatevi tra voi come io ho amato voi”.

Mons. Pascarella ha voluto rafforzare questo concetto ricordando le parole pronunciate durante la Messa Crismale del 1961 da Papa Paolo VI, al tempo ancora Arcivescovo Montini di Milano: “Il Signore ci ha amati per primo, gratuitamente, infinitamente, eroicamente….e ciò significa che siamo chiamati ad un amore esagerato, smisurato, senza confini…non avrei autorità di continuare, se io per primo avessi mancato a questo  precetto, se non avessi mostrato carità, se fossi stato tiepido, se avessi mancato con alcuni di voi al supremo comandamento di Cristo, quello di amarvi, di conoscervi, di seguirvi, di santificarvi”. È necessario, ha proseguito il Vescovo ricordando ancora le parole di Montini, mostrare al mondo che ci si vuole bene, poiché la vita religiosa prospera nelle parrocchie dove regna l’amore, dove i sacerdoti sono uniti, dove si mette in pratica il mandato di Cristo “da come vi amate si capirà che siete miei discepoli”. Per questo è necessario rivedere la propria vita eliminando lo spirito di isolamento (io faccio da me), lo spirito di indifferenza (che me ne importa degli altri?), lo spirito di infruttuosa osservazione (io sto a vedere gli altri), lo spirito di sufficienza (io non ho bisogno di nessuno), atteggiamenti che portano alla paralisi della carità ed espongono al rischio di creare spazi in cui Cristo non entra più:

Quel pensiero, quel sentimento, quell’oggetto, quel cedimento…che c’è di male? Inizia così una discesa libera verso il basso! È la mondanità che prende dimora dentro di noi!”.

Così ha concluso il Vescovo, citando ancora Montini, rivolto ai presbiteri, ma con un monito che vale per tutti noi:

«Oggi vi invito a dire con me: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene” e lo testimoni la nostra vita!».

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