Papa Francesco pone al centro della catechesi sull’evangelizzazione la figura dei martiri: «Parlando dell’evangelizzazione e parlando dello zelo apostolico, dopo aver considerato la testimonianza di San Paolo, vero “campione” di zelo apostolico, oggi il nostro sguardo si rivolge non a una figura singola, ma alla schiera dei martiri, uomini e donne di ogni età, lingua e nazione che hanno dato la vita per Cristo, che hanno versato il sangue per confessare Cristo. Dopo la generazione degli Apostoli, sono stati loro, per eccellenza, i “testimoni” del Vangelo. I martiri: il primo fu il diacono Santo Stefano, lapidato fuori dalle mura di Gerusalemme. La parola “martirio” deriva dal greco martyria, che significa proprio testimonianza. Un martire è un testimone, uno che dà testimonianza fino a versare il sangue. Tuttavia, ben presto nella Chiesa si è usata la parola martire per indicare chi dava testimonianza fino all’effusione del sangue. Cioè, dapprima la parola martire indicava la testimonianza resa tutti i giorni, in seguito si è usata per indicare colui che dà la vita con l’effusione.
I martiri, però, non vanno visti come “eroi” che hanno agito individualmente, come fiori spuntati in un deserto, ma come frutti maturi ed eccellenti della vigna del Signore, che è la Chiesa. In particolare, i cristiani, partecipando assiduamente alla celebrazione dell’Eucaristia, erano condotti dallo Spirito a impostare la loro vita sulla base di quel mistero d’amore: cioè sul fatto che il Signore Gesù aveva dato la sua vita per loro, e dunque anche loro potevano e dovevano dare la vita per Lui e per i fratelli. Una grande generosità, il cammino di testimonianza cristiana. Sant’Agostino sottolinea spesso questa dinamica di gratitudine e di gratuito contraccambio del dono». San Francesco d’Assisi, così come pure sant’Antonio da Padova, aveva desiderato ardentemente di versare il proprio sangue per testimoniare l’amore per Cristo ma Dio aveva disposto diversamente. Il suo doveva essere un martirio di anima e di corpo quotidiano.
Il Signore però concesse al suo Ordine di avere tra i primi veri frati missionari i primi cinque martiri, che avevano effuso il loro sangue per evangelizzare in terra ostile alla fede cristiana, in Marocco nel 1220. Questo episodio viene brevemente citato nella Cronaca di Giordano da Giano: “Dei frati, poi, che passarono per la Spagna, cinque furono coronati del martirio (Berardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto). … il beato padre prese a riflettere che se aveva mandato i suoi figli al martirio e ai disagi, non doveva lui dare l’impressione di cercare la propria tranquillità mentre gli altri si affaticavano per Cristo. E poiché era uomo di grande coraggio e non voleva che alcuno lo superasse sulla via di Cristo, ma piuttosto precederli tutti, avendo mandati i figli verso pericoli solo eventuali e in mezzo ai fedeli, infervorato dall’amore per la passione di Cristo, in quel medesimo anno in cui mandò gli altri frati, e cioè nell’anno tredicesimo della conversione, affrontò i pericoli inevitabili del mare per giungere tra gli infedeli e si recò dal Sultano. Ma prima di giungere da lui, subì molte ingiurie e offese, e non conoscendo la loro lingua, gridava tra le percosse: «Soldan, soldan!».
E così fu condotto da lui e fu onorevolmente ricevuto e curato molto umanamente nella sua malattia. Ma poiché presso di loro non poteva portare frutto, si dispose a partire; e, per ordine del Sultano, fu accompagnato con scorta armata fino all’esercito dei cristiani, che allora assediavano Damiata” (FF 2329). Un altro giovane frate, fra Eletto, raggiunse il martirio. “Si ricordò di questo insegnamento un frate laico, che a nostro avviso è da venerare nel numero dei martiri, e conseguì la palma di una gloriosa vittoria. Mentre era trascinato al martirio dai Saraceni, si inginocchiò e tenendo con la estremità delle mani la Regola, disse al compagno: «Fratello carissimo, mi accuso davanti alla Maestà Divina e davanti a te di tutte le colpe che ho commesso contro questa santa Regola». Alla breve confessione tenne dietro la spada e così terminò la vita col martirio. Più tardi si rese celebre con miracoli e prodigi. Era entrato nell’Ordine così giovinetto, che a stento poteva sopportare il digiuno prescritto dalla Regola. Eppure così fanciullo portava sulla nuda carne il cilizio! Giovane felice, che ha cominciato santamente, per concludere ancora più felicemente la sua vita!” (FF 798).