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S. Messa pontificale presieduta da Mons. Pascarella in onore della patrona Santa Restituta

(Ap 7, 9-19; 1Pt 4,12-19; Mt 10,17-22) mercoledì 17 maggio

La festa della santa patrona Restituta è attesa per tutto l’anno, segna l’avvio della bella stagione, dei primi caldi e del bel tempo. Quest’anno tuttavia è stata accompagnata da condizioni metereologiche non buone, con tempo eccezionalmente piovoso, che ha riportato alla nostra memoria le terribili immagini della frana che non molti mesi fa ha tragicamente colpito il territorio di Casamicciola. Lo ha ricordato anche il Vescovo all’inizio della sua omelia, centrata sulla figura di Restituta, santa patrona “della nostra isola, bella e ferita dal terremoto prima e dall’alluvione dopo”. La celebrazione eucaristica del 17 maggio è stata per i fedeli occasione per radunarsi ed entrare in comunione con Santa Restituta, per ricordare la sua fede e il suo martirio e chiedere al Signore, per sua intercessione, di saper seguire il suo modello di vita cristiana nelle tante difficoltà che la vita quotidiana ci pone di fronte.

La Prima Lettura della Liturgia della Parola ci ha proposto un brano del settimo capitolo dell’Apocalisse di San Giovanni nel quale l’Apostolo presenta la visione della “moltitudine dei salvati”, vestiti di bianco, una moltitudine immensa, “quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’agnello”. Santa Restituta – ci ha ricordato il Vescovo – fa parte di questa schiera, come i tanti martiri cristiani che nel primo secolo furono processati e condannati a morte. È la moltitudine dei santi, o “Gerusalemme celeste”, di ogni nazione e lingua, che nessuno poteva contare, alla quale – ha precisato – non appartengono solo i santi canonizzati o beatificati dalla Chiesa:

Possiamo pensare tra loro anche i nostri cari che hanno vissuto onestamente i loro giorni su questa terra. Ma chi sono i santi? Non supereroi, ma persone che hanno incontrato Gesù nella loro vita, che hanno preso sul serio il suo Vangelo e l’hanno seguito sulla via della Croce”.

Il Vescovo ha poi voluto ricordare quelli che Papa Francesco chiama “i santi della porta accanto”, che sono tanti, ma non sempre sono famosi, poiché – ha detto – mentre il male fa tanto rumore, il bene passa spesso inosservato, non fa notizia. Per questo spesso sfuggono ai più le buone azioni e le vite sante della quotidianità. Il Vescovo ha voluto ricordare coloro che vivono nella malattia e tuttavia non si rinchiudono in sé stessi, ma continuano a fare opere di bene e in special modo ci ha dato un esempio di santità concreta: una donna isolana ammalata da tempo, costretta all’immobilità, che riesce a comunicare, grazie all’ausilio di strumenti tecnologici, solo con gli occhi e ciononostante continua ad organizzare progetti per il bene degli altri.

Dunque la santità non come appannaggio esclusivo ed inaccessibile riservato a pochi, ma possibilità offerta ed aperta ad ogni cristiano. Restituta ha raggiunto la santità perché non ha accettato di rinnegare la propria fede in Gesù Cristo di fronte al tiranno oppressore, ha rischiato e perso la propria vita contravvenendo all’editto del proconsole che vietava ai cristiani di riunirsi nel giorno del Signore per ascoltare la Parola e celebrare l’Eucarestia:

I santi sono coloro che hanno preso sul serio il dono della parola e dell’Eucarestia, che hanno colto in essi la presenza di Dio

Il primato sia della Parola che dell’Eucarestia – ha sottolineato poi il Vescovo – nel corso dei secoli ha ceduto il passo ad una maggiore esaltazione dell’Eucarestia, che è diventata centrale nelle celebrazioni:

Sant’Agostino e san Girolamo solevano ricordare invece che diamo tanta importanza a non disperdere nemmeno una briciola del pane consacrato, mentre non abbiamo altrettanta attenzione per la Parola di Dio: quante parole di Dio cadono nel vuoto!”.

Santa Restituta ci ricorda dunque l’importanza di entrambe, così come ha voluto anche in tempi più recenti il Concilio Vaticano II, e ci ricorda anche che la santità, come già detto, non è un lusso per pochi, ma un dovere per ogni cristiano.

Infine il Vescovo ha concluso con una raccomandazione:

Nelle celebrazioni, anche e soprattutto in quelle più solenni, dobbiamo evitare la tentazione di ridurre tutto alla celebrazione o alla processione, trasformandole in un evento spettacolare fine solo a sé stesso”.

È invece necessario trarre dalla celebrazione eucaristica e da qualsiasi altra pratica, anche devozionale, ciò che serve per affrontare la nostra vita quotidiana:

Tra ciò che celebriamo in Chiesa e la nostra vita ci deve essere sempre osmosi e continuità, si viene in Chiesa per amare Dio e si esce tra la gente per amare gli altri”.

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