Commento al Vangelo Mt 28,16-20
Carissimi amici, celebriamo la festa dell’Ascensione del Signore. Che festa è mai questa? Che cosa stiamo festeggiando? Uno che se ne va, che ci lascia soli. Che festa è quando una persona che amiamo va via? Non sarebbe stato meglio se il Signore fosse rimasto lui invece del Papa, dei vescovi, dei preti? Se ne va proprio quando i discepoli stavano iniziando a capire, a credere? Quante volte ci capita che proprio quando le cose vanno bene succede qualcosa per cui sei lasciato solo? E allora che festa è questa? È la festa che ci chiede di diventare adulti. Ad un certo punto della vita devi smettere di bere il latte con i biscotti e devi cominciare a mangiare cibo solido. Dio ci vuole così, adulti.
Ah, se avessimo il coraggio di capire questo. Se Gesù ascende al cielo è esattamente per poter stare con noi tutti i giorni qui e adesso! Vuole che cresciamo! Scrive uno scrittore francese che dal giorno dell’ascensione noi abbiamo un Dio in agguato in ogni angolo della strada. Tutto questo allora segna il cammino della chiesa, il cammino di tutti noi. Il racconto dell’ascensione ci viene consegnato con due testi: quello di Luca e quello di Matteo.
Luca prende ispirazione dai racconti di Elia e della sua Ascensione. Elia, il grande profeta sale al cielo e lascia cadere il suo mantello consegnando al suo discepolo Eliseo i due terzi del suo spirito. Era una pagina molto conosciuta in Israele ma anche tra i convertiti. Paolo probabilmente racconta a Luca l’ascensione di Gesù proprio usando quasi lo stesso schema letterario: ci sono le nubi simbolo dell’incontro con Dio, i due uomini che richiamano i due angeli della Resurrezione, il colore bianco delle vesti segno della dignità e del mondo divino. Tutti questi elementi ci dicono che questo è un racconto di consegna.
Gesù non vola in alto con buona pace di molti pittori ma si sottrae dai loro occhi, viene velato al loro sguardo e ci consegna l’annuncio della Parola. Dio si fida di noi, Dio si fida di me. Nel racconto di Luca sono gli angeli a dare la chiave di interpretazione di quello che sta succedendo: non guardare il cielo ma guardare la terra! Guardate la concretezza dell’annuncio! Noi discepoli del risorto siamo chiamati ad annunciarlo finché egli venga, a renderlo presente in questo tempo di mezzo tra la sua ascensione al cielo e il suo ritorno nella gloria! La chiesa diventa luogo di incontro privilegiato con colui che ha consegnato alle nostre fragili mani il compito di raccontarlo vivendo da salvati! Le fragili mani sono rappresentate nel racconto di Matteo dal dubbio di questi uomini. In questo testo c’è un particolare bellissimo: i discepoli mentre si prostrano dubitano!
Cioè hanno visto il Risorto, hanno mangiato con lui, lo hanno toccato, stanno per ricevere il mandato e dubitano! Uomini e Donne che appunto ancora dubitano come Tommaso che abbiamo incontrato in questi magnifici giorni. Si, i racconti delle apparizioni del Risorto hanno delle costanti: una di queste è esattamente il dubbio! La fede non nasce dal vedere, dallo straordinario, dall’avere tutto chiaro! Il dubbio è parte integrante del percorso di maturità, è essenziale al cammino della chiesa. Il dubbio incoraggia una componente fondamentale della fede cioè la fiducia, l’affidarsi.
Il Risorto si fida di me perché affida le sue parole, la parola, quello che è riuscito a costruire in quei tre anni di vita pubblica nelle mie fragili mani, al mio dubbio. C’è un altro particolare che Matteo ci comunica. Mentre per Luca l’ascensione avviene a Gerusalemme, per Matteo l’addio avviene in Galilea su di un monte. Il monte è l’esperienza dell’incontro con Dio perché solo chi l’ha incontrato può raccontarlo con credibilità. Avviene in Galilea, luogo degli inizi, luogo dove gli innamorati hanno cominciato il tutto, al confine del cuore, alla zona di frontiera, dove tutto è iniziato. Torniamo alle radici della fede, all’esperienza iniziale per attingere forza continuamente.
Se torniamo alle nostre radici, se andiamo a raccontare la nostra esperienza di conversione, se partiamo dalla concretezza della vita allora l’annuncio acquista un sapore meraviglioso. Allora non mi stupisce il dubbio dei discepoli sostenuto dall’ultima parola del Vangelo di Matteo: Io sono con voi tutti i giorni! Si, non siamo soli, Gesù è con noi e si fida di me! Sei proprio sicuro Gesù? Si! Da soli non possiamo e per questo San Paolo ci dice oggi: “Lo Spirito illumini gli occhi del vostro cuore”. Ci prepariamo al grande dono dello Spirito.
Coraggio amici miei, viviamoci con gioia questo tempo di mezzo tra la presenza storica di Gesù e il suo ritorno nella gloria del Signore, mentre affida il suo Vangelo a me, fidandosi di noi, essendo stati chiamati a parlare della nostra esperienza anche con le parole ma soprattutto con la vita. Noi non dobbiamo salvare il mondo, esso è già salvo ma non lo sa! Noi possiamo vivere da salvati! Proviamo a farlo in questa settimana!
Buona domenica!
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Commento al Vangelo Mt 28,16-20
Carissimi amici, celebriamo la festa dell’Ascensione del Signore. Che festa è mai questa? Che cosa stiamo festeggiando? Uno che se ne va, che ci lascia soli. Che festa è quando una persona che amiamo va via? Non sarebbe stato meglio se il Signore fosse rimasto lui invece del Papa, dei vescovi, dei preti? Se ne va proprio quando i discepoli stavano iniziando a capire, a credere? Quante volte ci capita che proprio quando le cose vanno bene succede qualcosa per cui sei lasciato solo? E allora che festa è questa? È la festa che ci chiede di diventare adulti. Ad un certo punto della vita devi smettere di bere il latte con i biscotti e devi cominciare a mangiare cibo solido. Dio ci vuole così, adulti.
Ah, se avessimo il coraggio di capire questo. Se Gesù ascende al cielo è esattamente per poter stare con noi tutti i giorni qui e adesso! Vuole che cresciamo! Scrive uno scrittore francese che dal giorno dell’ascensione noi abbiamo un Dio in agguato in ogni angolo della strada. Tutto questo allora segna il cammino della chiesa, il cammino di tutti noi. Il racconto dell’ascensione ci viene consegnato con due testi: quello di Luca e quello di Matteo.
Luca prende ispirazione dai racconti di Elia e della sua Ascensione. Elia, il grande profeta sale al cielo e lascia cadere il suo mantello consegnando al suo discepolo Eliseo i due terzi del suo spirito. Era una pagina molto conosciuta in Israele ma anche tra i convertiti. Paolo probabilmente racconta a Luca l’ascensione di Gesù proprio usando quasi lo stesso schema letterario: ci sono le nubi simbolo dell’incontro con Dio, i due uomini che richiamano i due angeli della Resurrezione, il colore bianco delle vesti segno della dignità e del mondo divino. Tutti questi elementi ci dicono che questo è un racconto di consegna.
Gesù non vola in alto con buona pace di molti pittori ma si sottrae dai loro occhi, viene velato al loro sguardo e ci consegna l’annuncio della Parola. Dio si fida di noi, Dio si fida di me. Nel racconto di Luca sono gli angeli a dare la chiave di interpretazione di quello che sta succedendo: non guardare il cielo ma guardare la terra! Guardate la concretezza dell’annuncio! Noi discepoli del risorto siamo chiamati ad annunciarlo finché egli venga, a renderlo presente in questo tempo di mezzo tra la sua ascensione al cielo e il suo ritorno nella gloria! La chiesa diventa luogo di incontro privilegiato con colui che ha consegnato alle nostre fragili mani il compito di raccontarlo vivendo da salvati! Le fragili mani sono rappresentate nel racconto di Matteo dal dubbio di questi uomini. In questo testo c’è un particolare bellissimo: i discepoli mentre si prostrano dubitano!
Cioè hanno visto il Risorto, hanno mangiato con lui, lo hanno toccato, stanno per ricevere il mandato e dubitano! Uomini e Donne che appunto ancora dubitano come Tommaso che abbiamo incontrato in questi magnifici giorni. Si, i racconti delle apparizioni del Risorto hanno delle costanti: una di queste è esattamente il dubbio! La fede non nasce dal vedere, dallo straordinario, dall’avere tutto chiaro! Il dubbio è parte integrante del percorso di maturità, è essenziale al cammino della chiesa. Il dubbio incoraggia una componente fondamentale della fede cioè la fiducia, l’affidarsi.
Il Risorto si fida di me perché affida le sue parole, la parola, quello che è riuscito a costruire in quei tre anni di vita pubblica nelle mie fragili mani, al mio dubbio. C’è un altro particolare che Matteo ci comunica. Mentre per Luca l’ascensione avviene a Gerusalemme, per Matteo l’addio avviene in Galilea su di un monte. Il monte è l’esperienza dell’incontro con Dio perché solo chi l’ha incontrato può raccontarlo con credibilità. Avviene in Galilea, luogo degli inizi, luogo dove gli innamorati hanno cominciato il tutto, al confine del cuore, alla zona di frontiera, dove tutto è iniziato. Torniamo alle radici della fede, all’esperienza iniziale per attingere forza continuamente.
Se torniamo alle nostre radici, se andiamo a raccontare la nostra esperienza di conversione, se partiamo dalla concretezza della vita allora l’annuncio acquista un sapore meraviglioso. Allora non mi stupisce il dubbio dei discepoli sostenuto dall’ultima parola del Vangelo di Matteo: Io sono con voi tutti i giorni! Si, non siamo soli, Gesù è con noi e si fida di me! Sei proprio sicuro Gesù? Si! Da soli non possiamo e per questo San Paolo ci dice oggi: “Lo Spirito illumini gli occhi del vostro cuore”. Ci prepariamo al grande dono dello Spirito.
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