Ci voleva il libro di un giovane autistico per ricordarci di un tempo in cui uomo e natura erano in comunione.
Se l’autismo è narrato da una persona che ne ha esperienza personale, come nel caso di Federico De Rosa, allora accade che l’orizzonte prospettico ne venga spiazzato e che questa crisi dello sguardo del mondo dei normali significhi una ridefinizione del mondo in sé. In questo Una mente diversa, che non è il suo primo libro, Federico continua il viaggio dell’incontro, per far capire che cosa sia l’autismo, che cosa significhino i silenzi, le corse improvvise, gli scatti d’umore e soprattutto cosa il disturbo dello spettro dell’autismo può insegnarci.
Perché, anche con l’aiuto della neuropsichiatra Flavia Capozzi, quello che emerge da queste intense pagine non è tanto un capovolgimento dello sguardo sull’autismo, ma un insegnamento pratico per tutta l’umanità.
Federico, che ha ventisette anni, ci porta su una strada che non è tanto quella della diversità e della patologia, ma della giusta visione del mondo, come modo universale di vivere il nostro essere umani, non unicamente neurotipici, cioè “normali”, per tentare di conservare questo malato mondo per i nostri figli. Quello che racconta Federico dei suoi disturbi ci dice molto di quanto essi possano rappresentare l’alternativa sensibile ad una vita umana senza più regole che non quelle del consumo.
Ad esempio, l’amore per il silenzio della natura, per il verde, per gli alberi grandi e maestosi narrato da Federico è il primo allarme che ci dice che capire l’universo -assai vario- dell’autismo significa constatare come esso indichi soluzioni finalizzate non solo all’integrazione, ma alla conservazione della vita stessa del pianeta. E l’idea del giovane autore di una scuola in mezzo ai boschi, senza rumori di macchine e scarichi nocivi, non è un sogno romantico ma quello che potrebbe essere il realistico progetto di rifondazione di una cultura planetaria in cui sguardo e contenuto si incontrino in una unità necessaria.
La stessa cosa va notata per la fobia dei rumori assordanti, ad esempio nelle grandi stazioni dei treni: se ci pensate bene una persona che si abituasse a vivere a contatto con la natura per tanto tempo avrebbe esattamente la stessa reazione.
Federico ci pone insomma di fronte ad una realtà che non è solo un invito alla comprensione dell’universo autistico, ma ad una pratica idea di rifondazione umana. Tornare alla natura, fare lezione in mezzo al verde, delocalizzare il traffico, attenuare l’aggressività dei suoni più inumani non sono né fisime intellettuali né solo richieste di attenzione verso il mondo dei più sensibili, ma una nuova indicazione di vita per tutti, se vogliamo sopravvivere all’effetto di ritorno dell’inquinamento dell’era industriale.
Con una riflessione che ci fa capire quanto profonda sia la sensibilità di chi si sforza di comunicare attraverso la scrittura con i tempi che la sua realtà gli consente: “Al culmine di queste emozioni, arrivo a provare una radicale nostalgia per un luogo esistenziale dove non sono mai stato e che non so dov’è”, che ricorda in modo davvero stringente i richiami di alcuni grandi della letteratura a qualche cosa che è stato nostro e che abbiamo perduto.
Ci voleva il libro di un giovane autistico per ricordarci di un tempo in cui uomo e natura erano in comunione, e la nostra psiche in piena armonia con il creato.
Federico De Rosa, Una mente diversa. Raccontare l’autismo e scacciare i suoi fantasmi, San Paolo, 174 pagine, 14,50 euro.
Fonte: Marco Testi – Sir