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La Rai di Napoli tra passato e futuro

Da 60 anni il Centro di Produzione di viale Marconi è una vera “fabbrica” di informazione, cultura e intrattenimento: aneddoti e curiosità raccontati dai protagonisti. E la presenza rassicurante del cappellano

Se si attraversa piazzale Tecchio, oltrepassando l’ingresso secondario della Mostra d’Oltremare su largo Barsanti e Matteotti, a Napoli, ci si imbatte in un viale – dedicato a Guglielmo Marconi – tra i cui alberi fa capolino, in tutta la sua imponenza, una costruzione moderna appena restaurata: si tratta dell’Auditorium del Centro di Produzione Rai di Napoli, simbolo di quello che è uno dei centri di telecomunicazioni più attivi del Paese.

Sessant’anni portati una meraviglia, mamma Rai partenopea vanta una storia di tutto rispetto, come si legge ne “La Fabbrica televisiva – La Rai a Napoli” pubblicato nel 2007 che ricostruisce la storia di un’idea culturale del fare televisione e quella di una fabbrica inserita nel progetto industriale di sviluppo del Mezzogiorno (foto in pagina tratte dal libro). Un progetto innovativo perché – al pari dell’Olivetti di Pozzuoli, considerata tra le più belle fabbriche d’Europa – gli Studi Rai di Napoli dovevano diventare un vero e proprio segno architettonico distintivo della città.

Il nuovo Centro di Produzione articolato su cinque blocchi (produzione televisiva, produzione radiofonica, auditorium, uffici, servizi) si inaugura il 7 marzo 1963. Da qui partirono storiche trasmissioni come Sotto le stelle, l’edizione 1992-93 di Domenica in, Napoli capitale, Avanspettacolo, Furore, Pippo Chennedy Show, L’ottavo nano, Convenscion, Blu notte, Ti lascio una canzone, Alle falde del Kilimangiaro ecc., e serie tv come La squadra o soap opera come Un posto al sole, in onda su Rai 3 dal 1996.

Luciano Scateni, volto storico, racconta il suo esordio in Rai legato proprio alle sue origini partenopee: «Non nasco e non divento giornalista sportivo, ma la Rai scopre il mio passato di cestista e mi regala il privilegio di raccontare il basket, mon amour, in giro per il mondo. Poi mi scopre abitante di Partenope, città di mare per eccellenza e mi arruola come telecronista di pallanuoto. Alterno la conduzione del Tg3 Campania al ruolo di inviato. Barcellona 1992, Olimpiadi, storica finale del nostro settebello contro la favorita Spagna di Manuel Estiarte, il più grande pallanuotista del mondo. L’Italia dei napoletani Porzio, Fiorillo, Gandolfi, allenata dal sergente di ferro Rudic, costringe gli iberici ai supplementari e si va avanti in parità con il cuore in gola fino al sesto over time. Nando Gandolfi, coraggio da leone, prova a rompere la staticità infinita del punteggio di parità con un tiro impossibile, da posizione angolatissima. Infila il pallone dell’oro olimpico tra palo e mano del portiere: urlo e con me i colleghi italiani di altri sport accorsi in piscina: “Oro, oro, oro!”. E mi ferma solo l’esecuzione dell’inno di Mameli».

Anche Antonello Perillo, nove anni da caporedattore responsabile del Tgr Campania e attuale vicedirettore della Tgr nazionale, racconta del suo ingresso in Rai: «Sono entrato in una data particolare, il 23 maggio 1992, giorno della strage di Capaci. Fu un’emozione enorme, venivo da esperienze private, ma con la Rai avveravo un sogno, entravo in una redazione storica che aveva visto autentici mostri sacri come Domenico Rea, Luigi Compagnone, Luigi Necco, Luigi Mazzetti e tanti altri. E mai avrei immaginato, poi, di diventare caporedattore nel 2013. Altra data indimenticabile è il 4 marzo 2013: ero da appena un mese caporedattore quando la mattina ci fu il crollo di un’ala di uno stabile alla Riviera di Chiaia, per miracolo senza vittime. Noi garantimmo dirette e aggiornamenti per Rainews e per tutti i telegiornali, anche nazionali. Ma la sera nessuno avrebbe potuto immaginare che ci sarebbe stato il terribile incendio doloso di Città della Scienza per cui fu necessario riorganizzare il lavoro riprogrammando tutto: Buongiorno Italia, Buongiorno Regione, le rubriche del mattino… un battesimo veramente particolare come responsabile della redazione».

La diocesi di Pozzuoli accompagna da sempre il cammino spirituale dei lavoratori della sede di Fuorigrotta. Lo racconta a Segni dei Tempi il cappellano don Luigi Longobardi, che ha raccolto l’eredità del compianto don Luigi Saccone – attivissimo e amatissimo cappellano in Rai fino al 2009, disperso in mare in circostanze tragiche al largo di Capri – e che rappresenta un vero e proprio punto di riferimento per i lavoratori di viale Marconi. Presenza rassicurante ma al tempo stesso discreta, egli è innanzitutto amico e confidente, oltre che padre spirituale, sempre disponibile in caso di bisogno. «Sembra che chi ha collocato lì la Rai avesse il dono di vedere il futuro. Non solo perché dalla tangenziale si accede con immediata facilità; ma perché lì intorno, liberato dei vecchi e gloriosi impianti industriali, si offre, aperto verso lo splendido mare, agli insediamenti e agli usi più sofisticati e moderni. A Napoli – cita la prefazione de La fabbrica televisiva – la Rai è stata ed è, anche per questo, una beneaugurante finestra sul futuro». Ed è proprio al futuro che la Rai di Napoli non smette di guardare. Un futuro che si prospetta ricco di nuove produzioni e, soprattutto, di nuovi investimenti come auspicato ultimamente anche dal presidente della Regione, pronta a fare la sua parte.

di Simona D’Orso

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