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GMG2023 – 4° giorno

Prosegue il nostro diario di bordo e alla fine del quarto giorno, che è sembrato non dovesse finire mai, iniziamo a dare segni di cedimento.  Riusciamo a stento a mettete in una sequenza più o meno logica gli avvenimenti più salienti e a dare una qualche priorità a quelli più intensamente vissuti.

Talmente a stento che corriamo il rischio di non rispettare la tabella di marcia in ordine sequenziale, ma tanto, chi la rispetta? Non meraviglierebbe che anche chi l’ha progettata, scritta, riguardata, supervisionata, alla fine, dopo averla divulgata, l’abbia, in cuor suo accartocciata.

La sensazione immediata, mentre nel pullman ci avviciniamo alle nostre dimore, è quella di non avere più alcun controllo (e forse l’averlo avuto è stata solo un illusione) sul flusso degli accadimenti che viviamo in rapida, rapidissima, fulminea successione.

Il viaggio verso Fatima, il discorso di Suor Angela, la Santa Messa e poi la cappellina dove sono avvenute le apparizioni, i pastorelli, il campo dove il Papa ci ha incontrati, le strade del centro, la direzione verso i pullman che stavano sempre da un’altra parte rispetto a dove li aspettavamo e le corse, la metro preso al volo quasi fosse un passaggio di fortuna, le strade non conosciute, Google maps, e l’incontro o lo scontro con colori, bandiere, lingue diverse, occhi, cappelli, simboli, e velocemente arrivare, ripartire, appuntare, come un treno in corsa ad alta velocità e tu che guardi dal finestrino il movimento di una pellicola che gira troppo in fretta e viene risucchiata all’indietro o nel nulla cosmico di un posto in cui sei stato un attimo prima mentre quello dopo già appartiene al passato. Dire che l’esperienza è pazzesca è un semplicistico eufemismo, si farebbe prima a dire di non averla mai vissuta, sarebbe più comodo e meno impegnativo, meno compromettente. Risuonano ancora le parole di suor Angela, “Seguire Gesù da lontano, non è abbastanza” “Volete offrirvi a Dio?” Questa la domanda indicibile, che non abbiamo il coraggio di ricordare, che ricacciamo all’indietro appena riaffiora nell’anima, aleggia nell’aria, si insinua tra noi, tra uno sguardo furtivo nelle vetrine e le scritte della vetrata da cui si intravede il sagrato; questa la domanda delle domande, in risposta a un’altra domanda che tanto silente ormai non lo è più.

La verità è che ogni avvenimento, ogni successione di evento ci ha inchiodati a una risposta, una dietro l’altra, e la domanda “che ci faccio qui” diventa secondo dopo secondo, anacronistica perché le risposte che arrivano, finanche da Papa Francesco – e non “la risposta” – le individuiamo a ogni piè sospinto. Viene il dubbio che siano proprio loro, le risposte, ad aspettare noi, dietro le transenne predisposte in direzione “Parque Eduardo VII”, – “Colina do Encontro”, ad aspettare il Papa, nella sala vuota e in attesa che si riempisse, un nano secondo dopo ed era gremita, Paulo IV, alle spalle dei 50 e più sacerdoti che hanno concelebrato su questo altare immenso che sembrava non aver fine né inizio ma solo centralità e continuità o anche nello scambio dei cappelli con un gruppo di portoghesi, con i quali abbiamo comunicato con occhi, sorrisi, abbracci, selfie e un linguaggio universale che ci ha indotto a scambiarci i colori, mescolare le identità e perderle per ritrovarne una e una sola. Universalmente riconosciuta, figli Suoi, sotto un unico cielo, fatto di stelle, non puntini anonimi come le torce dei cellulari, ma con volti, carne, ossa, sangue. Luminosi, ognuno a modo suo, unico, autentico, irripetibile.

Puntini come quello del Cristo Rei che da lontano, lontanissimo, abbiamo scorto e che nessuno poteva fotografare con i cellulari perché sarebbe venuto solo uno schizzetto di luce, e anche ingrandendo la foto, sarebbe venuto sgranato e con il rumore dello scatto notturno. Indistinguibile tra le luci della città di sera, i bagliori di un sole che tramonta, il riflesso di quel che ci portavamo negli occhi. Ma c’era, era lì difronte a noi, se pure in lontananza e noi lo abbiamo scorto…. Oppure lui, il Portoghese, ha intercettato noi.

Se, come dice suor Angela Dio non sa nulla della nostra concezione di tempo e ha i suoi di tempi, è anche vero che in questi giorni stiamo mettendo in discussione le nostre stesse logiche di un tempo che, per come lo intendiamo, è quanto di più distante dalle logiche di Dio. Resta il fatto che tra i cardini che lasciano senza fiato, come se non ne avessimo già consumato abbastanza negli ultimi 4 giorni, ci portiamo a letto, tenendogli il posto sul pullman e poi ritrovandolo nel beauty case prendendo il dentifricio, il messaggio che papa Francesco ci ha consegnato. Se pensiamo che è venuto apposta perché tutti lo sentissimo e lo respirassimo nell’aria, cantando, suonando, facendo chiasso o guardando i monitor installati lungo le strade per chi non fosse riuscito ad arrivare al sagrato, c’è da restare senza parole, senza pensieri, in totale catalessi, oltre che senza fiato.

Non lascia spazio a fraintendimenti, né equivoci, lapidario:

 “Voi non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Sì, Lui vi ha chiamati per nome. Abbiamo ascoltato dalla Parola di Dio che ci ha chiamati per nome. Provate a immaginare queste tre parole scritte a grandi lettere; e poi pensate che stanno scritte dentro di voi, nei vostri cuori, come a formare il titolo della vostra vita, il senso di quello che sei: tu sei chiamato per nome.” E come se non bastasse e non fossimo stati sufficientemente tramortiti, infieriva, rincarando la dose: “L’amore di Dio è il punto di partenza della vita, siamo chiamati perché siamo amati, per Dio ogni persona è preziosa così com’è e di ciascuna Egli vuol fare un capolavoro. La GMG può aiutarci a riconoscere questa realtà”

Poi ci consegna il colpo di grazia, quello semi definitivo (che con Lui non si può mai sapere, sembra che la clessidra abbia terminato la corsa ed ecco qua che arriva e la RI capovolge)

Siano giorni in cui il tuo nome, il tuo nome, il tuo nome, il tuo nome attraverso fratelli e sorelle di tante lingue e nazioni – vediamo tante bandiere – che lo pronunciano con amicizia, risuoni come una notizia unica nella storia, perché unico è il palpito di Dio per te. Siano giorni in cui fissare nel cuore che siamo amati così come siamo, non come vorremmo essere: come siamo adesso. Questo è il punto di partenza della GMG, ma soprattutto della vita.”

Per Gesù ogni persona è preziosa – Nella Chiesa c’è spazio per tutti – L’amore di Dio ci sorprende sempre – È il Signore che vi ha chiamati per nome

Siamo sicuri che riusciremo a dormire con questi incipit che lasciano poco spazio all’interpretazione? Domani, almeno secondo il programma in word, dovremmo essere un po’ più liberi, avere più tempo per riflettere, forse ci sarà una catechesi da qualche parte, forse un giro in stile libero per la città di Mafra –Alcainca. Forse. Parola d’ordine: precarietà.

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