Omelia del Vescovo Gennaro – Ischia – Cattedrale – 25 agosto 2023
Fratelli e sorelle carissimi,
siamo qui questa mattina non solo per ricordare, ma – per il dono della “Comunione dei santi” – per essere in comunione con il vescovo Filippo: ieri è stato il decimo anniversario del suo dies natalis (nascita al Cielo).
Se è già a godere la visione di Dio nella gloria dei santi – come sono convinto, anche per la partecipazione alle sofferenze di Cristo, in particolare nell’ultimo tratto della sua vita terrena – è lui che intercede per noi; se, per la fragilità della condizione umana da cui tutti siamo afflitti, ha bisogno delle nostre preghiere, saranno gradite le nostre preghiere che rivolgiamo al Padre nel nome del suo Figlio.
Per conoscere di più Filippo, vescovo della Chiesa di Dio che è in Ischia, sono andato a sfogliare il Libro del XIII Sinodo di Ischia.
Ero presente alla Celebrazione Metropolitana, presieduta dal card. Sepe, il 13 maggio 2008 in S. Restituta a Lacco Ameno, dopo che c’era stata La Celebrazione Diocesana il 5 maggio – giorno molto caro a P. Filippo per il ricordo della Visita pastorale di Giovanni Paolo II in diocesi.
La Visita Pastorale insieme alla possibilità di poter celebrare un Sinodo Diocesano per un Vescovo sono i momenti più alti del suo ministero.
Il tema del Sinodo è molto attuale: UNA CHIESA NUOVA nell’AMORE.
Nell’Introduzione del Libro del Sinodo, La consegna del XIII Sinodo alla Chiesa di Ischia, il Vescovo sottolinea come nel cammino sinodale “la bussola” è stata il Concilio Ecumenico Vaticano II ed è alla sua luce che i contenuti “sono stati approfonditi e incarnati” nella realtà della diocesi e “compendiati nelle categorie”:
- Chiesa UNA: “l’unità nella diversità e ricchezza di carismi, doni dello Spirito convergono nel “Credo la Chiesa UNA, santa, cattolica …”. È “necessario dare il cuore al desiderio del Signore ‘Che tutti siamo uno, perché il mondo creda’ (cfr. Gv 17,21)”;
- Una Chiesa NUOVA: “Il Cristo Risorto ‘ fa nuove tutte le cose’”. È necessario che questa novità (che è il Cristo Risorto e il Suo Spirito) – è questa la consegna del XIII Sinodo Diocesano – rinnovi tutta la Pastorale con una “nuova evangelizzazione e catechesi”, renda la Liturgia veramente “segno” della presenza del Risorto e impregni di sé tutta la vita e anche le strutture della Chiesa;
- Una Chiesa Nuova nell’AMORE. L’Amore “è il primato e la forma della Chiesa” e si manifesta nei rapporti intraecclesiali, nel dialogo ecumenico e interreligioso, soprattutto nella carità verso i poveri.[1]
Nell’Omelia nell’Assemblea Generale del 24 aprile 2008 Padre Filippo, dopo aver affermato con forza e convinzione che «la legge fondamentale della Chiesa è l’Agape, la Carità, l’Amore, che è la stessa vita trinitaria in noi» e che «la Chiesa dell’amore è una comunità di volti che reciprocamente si accolgono perché ognuno riconosce nell’altro il Volto Santo dell’amato Signore Gesù», parlando della “carità nei rapporti intraecclesiali”, poneva delle domande, molto attuali anche per noi oggi:
«Perché, dopo duemila anni di esperienza di fede, il cristiano del terzo millennio ha ancora bisogno di rammentare a sé stesso che la carità è l’unico distintivo dei credenti in Gesù Cristo?
Perché ancora tanta fatica nel costruire relazioni d’amore tra le varie componenti della Chiesa?
A chi tocca muovere il primo passo e come?».[2]
Sono domande provocatorie, soprattutto l’ultima: “A chi tocca muovere il primo passo e come?”.
Tutti siamo bravi a lamentarci: “C’è polarizzazione nel presbiterio, ci sono divisioni nelle nostre comunità parrocchiali, non c’è armonia tra le parrocchie e tra i movimenti!” e, allargando lo sguardo sul mondo e sulla società: “Ci sono guerre, violenze, ingiustizie…”. E spesso ci fermiamo alle lamentele![3]
“A chi tocca fare il primo passo, prendere l’iniziativa?”
Papa Francesco ha coniato un termine spagnoleggiante per esprimere una caratteristica fondamentale dell’amore di Dio: primeira, prende l’iniziativa, fa il primo passo.
È «sempre Dio che prende l’iniziativa. L’amore di Dio viene prima del nostro!». «È Dio che sempre prende l’iniziativa: Lui ci aspetta, Lui ci invita, l’iniziativa è sempre di Lui». «Dio sempre precede, sempre primo, ci cerca, Lui dà il primo passo». Dio «ci precede sempre: la grazia di Lui ci precede e questa grazia è apparsa in Gesù. Lui è l’epifania, la manifestazione dell’amore di Dio. È con noi».[4]
Anche il nostro amore per essere autentico/evangelico deve avere come caratteristica: amare per primo, fare il primo passo, prendere l’iniziativa. Altrimenti rimarremmo alla finestra a lamentarci dei mali che ci sono nel mondo e nella Chiesa e … niente cambierà.
La prima uscita per essere “Chiesa missionaria” è l’uscita da noi stessi, andare verso l’altro.
“A chi tocca fare il primo passo?”. Ognuno dovrebbe dire a sé stesso: “A me!”
Amare per primi forse è il passo più impegnativo di tutti per chi vuole amare come Gesù ci ha chiesto; esso mette alla prova l’autenticità e la purezza dell’amore, domanda di prendere sempre l’iniziativa, senza aspettare che l’altro faccia il primo passo.
Sorelle e fratelli carissimi,
la Parola di Dio, che oggi ci è donata, ci invita a puntare all’essenziale della nostra vita, quello che alla fine resta, perché è ciò che vale: il comandamento dell’amore dalla doppia faccia: amare Dio e amare il prossimo. Qui c’è tutta la Sacra Scrittura!
«In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”. Egli rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22,34-40).
Quante volte, carissimi fratelli presbiteri, abbiamo ascoltato e annunciato questo vangelo! Ma la nostra vita esprime questo primato dell’amore? I nostri pensieri, i nostri sentimenti, i nostri atteggiamenti, le nostre azioni, il nostro stile di vita sono intrisi di amore e sua espressione? Quante volte l’autoreferenzialità, il desiderio di gratificazione, la cura dell’immagine, l’attaccamento ai nostri schemi, la rigidità o la cancellazione del “crudo del Vangelo”, il Vangelo della croce, l’aver dimenticato che siamo “vasi di creta” … rischia di portarci a non annunciare e testimoniare il Vangelo dell’amore!
Se vogliamo essere cristiani, il nostro programma deve essere: “progredire nell’amore”. Amati da Dio, che immette in noi la corrente d’acqua viva del suo amore, non possiamo trattenerla in noi, ma dobbiamo renderla disponibile per gli altri, altrimenti stagna e non è più bevibile. La nostra risposta a Dio, che ci ama e ci precede nell’amore, passa necessariamente attraverso il fratello e la sorella, che incontriamo nel nostro quotidiano. Non posso dire: “Amo Dio!” e poi escludo quel fratello o quella sorella, perché sono diversi da me! Non posso passare oltre di fronte ad un fratello in difficoltà e dire dentro di me: “Pregherò per lui!”.
Mi risuonano sempre con forza le parole della Prima Lettera di Giovanni: «Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello» (1Gv 4,19-21).
La mia vita come discepolo di Gesù è “bugiarda”, se odio, se escludo gli altri (anche uno solo!), se sono indifferente, se faccio ruotare tutto attorno a me, se esercito sugli altri un potere … se non amo!
Vorrei concludere con un pezzo della Preghiera del XIII Sinodo della Chiesa di Ischia. È un impegno, che vogliamo prenderci anche noi questa mattina:
«Noi ci impegniamo:
ad avvertire la tua presenza mentre percorri la stessa via accanto a noi,
ad ascoltare la tua voce e quella dei pastori,
ad aprirci alla speranza del domani,
a sedere a mensa con Te che spezzi il pane della Parola e della Vita
e a correre verso la città per annunciare a tutti il tuo Vangelo di amore».[5]
Amen.
[1] Diocesi di Ischia, Libro del XIII Sinodo di Ischia, pp. 4-5
[2] Ivi, pp. 150-151 (n.169.172).
[3] «Le lamentele sono un veleno, un veleno all’anima, un veleno alla vita perché non ti fanno crescere il desiderio di andare avanti. State attenti con le lamentele. Quando si lamentano in famiglia, si lamentano i coniugi, si lamentano uno dell’altro, i figli del papà o i preti del vescovo o i vescovi di tante altre cose… No, se voi vi ritrovate in lamentela, state attenti, è quasi peccato, perché non lascia crescere il desiderio» (Francesco, Udienza generale, 12 ottobre 2022).
[4] Francesco, 6 gennaio 2014
[5] Diocesi Ischia, o.c., p. 15