“Chiesa in uscita”, espressione coniata da Papa Francesco nella Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, presente sulle labbra di moltissimi, quasi uno slogan o un modo di dire, a volte una moda.
Rileggiamola al n.24 di EG:
«La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. (…), essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi».
Impresa complessa uscire dal riparo delle nostre abitudini e delle mura parrocchiali con queste finalità, offrire solidarietà agli ultimi, ma andando a cercarli laddove a volte essi si nascondono, per l’abbandono, per la solitudine, per la vergogna. Ma le vie della Chiesa sono quelle del Signore le quali, si sa, sono infinite e passano attraverso canali a volte inaspettati.
Accade così che in tempi di lockdown, circa due anni fa, un collaboratore della Caritas, volendo rendersi utile, decide di dare una mano nella distribuzione dei pacchi alimentari nelle zone dell’isola dove i generi di prima necessità arrivavano con difficoltà, o non arrivavano per niente. Inaspettatamente egli scopre un mondo di persone abbandonate a se stesse, senza legami, senza aiuti.
Non sono i soliti e noti clochard, i senzatetto conosciuti perché vivono le loro vite sotto gli occhi di tutti, per strada, ma persone sole, che hanno una propria abitazione, divenuta però con il tempo un rifugio, una protezione dal mondo, nella quale nascondere la propria difficoltà, la solitudine e la propria diversità.
Egli scopre anche in quali condizioni vivono queste persone: le loro case hanno bagni intasati, tubature guaste, elettrodomestici non più funzionanti, muri scrostati e mobili ormai inutilizzabili. Queste persone non hanno bisogno solo di una spesa. Perciò decide di intervenire, inizialmente da solo, poi piano piano con l’aiuto di altri volontari: biancheggiano, ripuliscono, smaltiscono rifiuti accumulati, sostituiscono tubature, mobili, elettrodomestici, anche autotassandosi e dividendo le spese.
Vengono quindi coinvolti i servizi sociali, la Caritas, l’AVO, la Mensa del Sorriso e di tutti quelli che vogliono aiutare. L’intento è migliorare le condizioni di vita delle persone, superare la solitudine e l’abbandono, provando a seguirli anche dopo gli interventi sulle loro case e a dare loro anche un po’ di affetto. Per questo, durante lo scorso anno, in occasione sia del Natale che della Pasqua, ma anche di recente a ferragosto, sono stati organizzati momenti conviviali e di divertimento, che hanno coinvolto anche quelli che non amano la compagnia e preferiscono stare da soli.
L’uomo di carità dal quale tutto ha avuto inizio, un terziario francescano che non vuole sia fatto il suo nome, che solo su nostra sollecitazione ha raccontato questa bella storia, è contento dei risultati finora ottenuti, e auspica di poter continuare ed estendere gli interventi anche ad altri indigenti e con il coinvolgimento di altri volontari, ma ci ha confidato che il suo sogno è la collaborazione piena e senza contrasti tra tutte le associazioni e gli enti che si occupano di aiutare le persone in difficoltà, perché, ha precisato “bisogna camminare insieme”.
Concludiamo con l’auspicio che questo sogno si realizzi e che l’operato degli “Angeli della carità” (così si chiama questo gruppo di volontari), prosegua con successo. Citiamo infine ciò che a tal proposito ha detto Luisa Pilato, coordinatrice della Caritas diocesana: “L’amore fa miracoli, sono nate nuove amicizie e chi prima si sentiva abbandonato e scoraggiato si è sentito amato e ha cominciato a riprendersi”