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“Ha fatto risplendere il cielo”

Sono trascorsi 80 anni da quando il 9 agosto 1943 a Brandeburgo sulla Havel veniva ghigliottinato il beato Franz Jägerstätter, il contadino tirolese ucciso per essersi rifiutato di prestare giuramento al Führer.

“Non poteva porre fine alla guerra, non poteva fermare i nazionalsocialisti. Tuttavia, di fronte allo strapotere della malvagità, non è fuggito nell’impotenza e nella rassegnazione. Non ha aspettato che ci fossero circostanze migliori e ha testimoniato con la sua vita la fede in Cristo”.

Sono trascorsi 80 anni da quando il 9 agosto 1943 a Brandeburgo sulla Havel veniva ghigliottinato il beato Franz Jägerstätter, il contadino tirolese ucciso per essersi rifiutato di prestare giuramento al Führer. A ricordarlo è il vescovo di Linz, Manfred Scheuer, che nella parrocchiale di St. Radegund – paese natale di Jägerstätter –, ha presieduto una messa nel giorno dell’anniversario.

“I beati dell’epoca nazista come Franz Jägerstätter – sottolinea mons. Scheuer – hanno conservato la loro libertà interiore nella dittatura e nella prigionia. Per Jägerstätter la prigione era un luogo di libertà interiore e di pace: ‘finché si può avere la coscienza pulita, nella consapevolezza di non aver commesso un crimine grave’. Il contesto esterno di cecità non ha portato all’ottundimento della coscienza, l’opinione delle masse non ha portato ad un aggiustamento del proprio potere di giudizio, l’ideologia nazista non ha portato al disprezzo per l’umanità e all’empietà, la mancanza esterna di libertà non ha portato all’asservimento della volontà, l’ostentazione del potere dei forti non ha portato a desiderare il potere”.

“La decisione di Franz Jägerstätter non è caduta dal cielo – ricorda mons. Scheuer –. È cresciuta e maturata. Era un uomo che pregava e ha fatto ciò che riconosceva come giusto e corretto. Non ha inteso la preghiera in modo fatalistico o quietistico, ma come la più alta libertà interiore, che permette di interferire nelle condizioni così come sono, più libere dalla paura e non corruttibili. In questo ha fatto risplendere il cielo”.

Nato il 20 maggio 1907 in un piccolo paese dell’Alta Austria, Franz Jägerstätter cresce a casa della nonna perché i suoi genitori erano troppo poveri per sposarsi. Suo padre, Franz Bachmeier perde la vita nella prima guerra mondiale e nel 1917 sua mamma, Rosalia Huber, sposa un altro contadino benestante, Heinrich Jägerstätter, che adotta Franz. Quando il padre adottivo muore nel 1933 senza figli, Franz ne eredita la proprietà.

La mattina del 9 aprile 1936, giovedì santo, sposa Fransiska Schwaninger (1913-2013), una ragazza profondamente religiosa, conosciuta l’anno precedente ad un ballo. La giovane coppia si reca in viaggio di nozze a Roma dove riceve, in udienza plenaria, la benedizione di Papa XI. Il matrimonio segna una svolta nella vita di Franz, fino ad allora assai disordinata. La preghiera e la lettura della Bibbia rivengono una consuetudine quotidiana per Franz e Franziska. Dal matrimonio nascono tre figlie: Rosalia (1937), Maria (1938) e Aloisia (1940).

È proprio la meditazione delle Sacre Scritture e la preghiera a far comprendere a Jägerstätter che la sua fede era incompatibile con il nazionalsocialismo, da cui prende fin da subito le distanze. Nell’estate del 1940 viene arruolato dalla Wehrmacht, ma il sindaco di St. Radegund, a causa della situazione familiare di Franz – la moglie, dopo la nascita della terza figlia, si era ammalata – ottiene il suo rientro dalla caserma di Braunau am Inn. Passano pochi mesi e nell’ottobre dello stesso anno viene richiamato alle armi come recluta, ma su richiesta del suo Comune, viene dichiarato “insostituibile” e può tornare alla sua famiglia e al lavoro dei campi.

Nell’estate del 1941, alla morte del sagrestano della parrocchia, Franz lo sostituisce su richiesta del parroco. Diviene terziario francescano e rafforza sempre più la sua decisione di non tornare alla vita militare: non poteva prestare servizio militare, poiché lottare per lo Stato nazionalsocialista sarebbe stato contrario alla sua coscienza. La gente del paese cerca in ogni modo di dissuaderlo, ricordandogli le responsabilità verso la sua famiglia, ma lui rimane fermo nella sua decisione. Decisione in cui viene sostenuto da sua moglie Franziska, benché conscia delle conseguenze. Il 23 febbraio 1943 arriva la terza chiamata alle armi e il 1° marzo si presenta in caserma a Enns.

Dopo aver manifestato l’intenzione di obiettare, viene trasferito nella prigione militare di Linz, dove scopre che anche altri austriaci si erano rifiutati di prestare servizio militare e che opponevano resistenza al nazionalsocialismo. Il 4 maggio viene trasferito a Berlino-Tegel, dove si rifiuta nuovamente di ritirare la sua obiezione di coscienza. Il 6 luglio il tribunale di guerra del Reich di Berlino-Charlottenburg – che non prese in considerazione la sua disponibilità ad essere impiegato nei servizi di sanità – lo condanna a morte per sovversione dell’esercito. Franz Jägerstätter viene ghigliottinato il 9 agosto 1943.

Pochi giorni prima dell’esecuzione, il contadino austriaco invia a Franziska la sua ultima lettera che, insieme agli altri 180 scritti che raccontano la loro intensa corrispondenza, è oggi liberamente accessibile attraverso il sito https://edition.jaegerstaetter.at, inaugurato proprio in occasione dell’80.mo anniversario del suo martirio.

Jägerstätter è un beato relativamente “giovane”: è salito agli onori degli altari il 26 ottobre 2007 e la sua memoria liturgica è il 21 maggio, giorno del suo battesimo. Jägerstätter è un testimone di semplicità. Quella stessa semplicità che si ritrova nella piccola ‘stube’ di Maria, la sua secondogenita. A farci entrare nella casa della figlia di Jägerstätter, che oggi ha 75 anni, è il vescovo di Feldkirch, mons. Benno Elbs, attraverso un post pubblicato sul suo profilo Ig. “Una grande testimonianza di umanità e di impegno per la pace – si legge nel post –. Per essersi rifiutato di sostenere un sistema disumano, il beato Franz Jägerstätter è stato giustiziato 80 anni fa. Visito regolarmente la famiglia Jägerstätter”.

“Papa Francesco lo ha sottolineato più volte alla Giornata mondiale della gioventù: tutti, tutti, tutti hanno un posto nella Chiesa – sottolinea mons. Elbs, offrendo una chiave di lettura attuale alla testimonianza offerta 80 anni fa dal contadino austriaco obiettore di coscienza –. Un percorso di pace e riconciliazione”. Una lettura attuale viene offerta anche da Ferdinand Karneider, presidente dell’Azione cattolica austriaca. “Jägerstätter ci esorta a guardare in modo critico agli sviluppi attuali e ad intervenire personalmente. 

Ciò è necessario quando ad esempio la dignità umana è calpestata, quando crescono le disuguaglianze e il disprezzo per gli esseri umani. È importante oggi non solo guardare agli sviluppi bellici in Ucraina o in Africa, ma prendere chiaramente le distanze, nominando chiaramente le persone, le aziende e le organizzazioni che si arricchiscono con la guerra”. 

di Irene Argentiero

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