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Toccare con mano la sofferenza del Medio Oriente

Non so quali siano le persone moleste a cui ha pensato Padre Pizzaballa, Custode in Terra Santa, durante il suo pacato intervento in Cattedrale alla presenza del Vescovo, del Vicario Generale, di molti parroci e del popolo fedele della Diocesi di Ischia, accorsi ad ascoltarlo. Perché senz’altro la pazienza francescana lo assiste fin da quando nel ’90 fu mandato in Terra Santa, in quei luoghi che da oltre 600 anni i Vicari di Cristo affidarono all’ordine fondato da San Francesco, il Patrono d’Italia che nel 1219 non aveva esitato a incontrare Malik al Kamil il Sultano d’Egitto, recandosi a Damietta, in quello che può essere considerato uno dei primi incontri interreligiosi della storia della cristianità.

Così Padre Pizzaballa ha ricordato di essere in Terra Santa a nome di tutta la Chiesa per testimoniare, con quella presenza, l’amore verso l’uomo in quanto tale, cristiano, ebreo o musulmano, davvero non importa. Ha parlato della vita dei cristiani in Medio Oriente, ma non si è sottratto al tema dell’incontro. Sopportare pazientemente le persone moleste. Sopportare, ossia “portare sulle proprie spalle”. Dall’ebraico. Sperando che il Signore ci sollevi almeno di una parte del peso che ci opprime. Del resto il Suo giogo è lieve e il Suo carico è leggero. (Mt.11,29-30)

Ciò che accade in Terra Santa è diverso dalla Siria e dall’Iraq. Una guerra vergognosa in questi paesi martoriati. Poco a che vedere con l’annosa questione israelo-palestinese. Il Medio Oriente del ‘900 non esiste più. Sono finiti gli Stati nazionali post coloniali. Gli esiti della guerra che si sta combattendo in questi mesi, saranno forse quelli che ci sono stati in Europa dopo la prima grande guerra. L’Europa cambiò volto. Sparirono gli imperi. Ancora non sappiamo cosa accadrà nei prossimi anni in Medio Oriente.

È indubbio che la guerra in Siria e Iraq sia anche una guerra tra musulmani sunniti che hanno come faro l’Arabia Saudita e sono politicamente sostenuti da molti paesi occidentali e gli sciiti che guardano all’Iran sostenuti dalla Cina e dalla Russia. Così l’elemento religioso diventa tutt’uno con le ragioni o i torti della politica, della geo-politica, alla quale non sono estranei inconfessabili interessi delle potenze occidentali. Ha ricordato Padre Pizzaballa che l’appartenenza religiosa definisce anche l’identità delle persone in un Medio Oriente in cui è lontana la laicità dei nostri Stati.

Non ci si può sposare senza il rito religioso. La confessione religiosa designa l’individuo, lo connota fin da quando nasce, anche se non crede a nessun Dio. È evidente che occorra evitare scontri di civiltà ma le decapitazioni ci sono davvero. I fondamentalisti quando prendono il controllo di un territorio eliminano le minoranze. Quali che siano le minoranze. Non si tratta dunque di una guerra anti cristiana. Perseguitano allo stesso modo i Curdi, gli Yazidi. In Siria due terzi di cristiani se ne sono andati. In Iraq oramai, a sentire il Vescovo caldeo, i cristiani sono ridotti a poche centinaia di migliaia quando erano più di un milione prima che scoppiasse la guerra civile. I profughi siriani sono quasi due milioni; gli sfollati, coloro che pur vivendo ancora in Siria sono stati costretti a lasciar le loro case, sono quasi otto milioni.

Due terzi dei siriani non vive più dove viveva prima. Il 90% delle centrali elettriche non funziona più. Le scuole sono chiuse da due anni. I trasporti pubblici sono interrotti come buona parte delle comunicazioni. La Siria, come noi l’abbiamo studiata, non esiste più; è un territorio martoriato, governato da fazioni: Al Qaeda, Daesh, le milizie che restano ad Assad. Aleppo, una città dove più forte era la presenza dei cristiani, è senza elettricità e senza acqua da mesi. Due milioni di abitanti senza luce e acqua. Un solo accesso.

Due ospedali senza medicine e con le attrezzature guaste. Descrive un episodio il Padre Custode. Per dare il senso di ciò che oramai divide una comunità che era un crogiolo di razze e di etnie. Un mese fa. Un violento bombardamento ad Aleppo. Duecento persone morte. Cristiani ma anche tanti musulmani. Ma ciascuno contava solo i suoi. Come se gli altri non fossero morti. Ci sono morti che sono più morti di altri. Ogni parroco contava solo i suoi. L’imam lo stesso. Le relazioni fra le comunità sono saltate. I musulmani si sentono al centro dell’odio del mondo e i cristiani sotto assedio. I musulmani dei villaggi vicini hanno cacciato i cristiani dalle loro case. Eppure i cristiani con il loro senso di misericordia avranno molto da fare alla fine della guerra.

Nessuno di loro ha mai abbandonato la fede cristiana, pur in una situazione difficilissima. Il Padre ha parlato di tre villaggi cristiani sotto il controllo di Al Qaeda nel Nord del paese. C’erano parroci cattolici e ortodossi. Ma gli ortodossi sposati e con famiglie se ne sono andati. Sono rimasti solo i preti cattolici. Al Qaeda è persino moderata rispetto a Daesh. I cristiani almeno possono usare la terra, non esserne proprietari perché la terra islamica è solo dei fedeli di Allah e di Maometto. L’anno scorso l’emiro proibì ai contadini cristiani di raccogliere le olive. Quest’anno si è ripreso gli ulivi perché ha detto che l’anno scorso, le olive non le avevano raccolte. Si vive così in queste terre dilaniate. Sono vietati tutti i simboli cristiani. I contadini, ai crocifissi e alle statue, hanno fatto un funerale. Li hanno sepolti. Sperando che risorgano. Un giorno. Il vino è proibito. Lo nascondono. Per celebrare la messa. Non ci hanno rinunciato.

I parroci che sono rimasti lì sono stati rapiti. Anche più volte. Uno di loro è stato liberato da un imam. Lo ha aiutato a calarsi dalla finestra di una casa abbandonata che era diventata una prigione accanto alla moschea. Ha distratto le guardie mentre il prete fuggiva. Solidarietà fra uomini di Dio. In nome della loro umanità. Resta la domanda di come comportarsi di fronte al male. Eliminarlo dal mondo non si può. E forse non è nemmeno un progetto di Dio. Bisogna combatterlo, il male. Perché se si eliminasse non ci sarebbe più la libertà. Quella di scegliere. Persino il male.

Al Qaeda e Daesh per quanto forti, di fronte ai contadini e alla loro fede autentica sono impotenti. Non temono la morte e vogliono la messa. Noi non cambieremo la grande politica del Medio Oriente ma grazie ai ragazzi di Aleppo, ai contadini, a quelli che portano acqua che nascondono il vino pur di celebrare la messa, abbiamo esempi di un cristianesimo vissuto. Di fronte alla brutalità di una guerra atroce, ancora molte persone restano umane.

Per concludere o forse solo per dare un esempio di ciò che si sopporta, il Padre Custode ha parlato poi di Terra Santa. Di un conflitto quello tra Israeliani e Palestinesi di fronte al quale ci sentiamo impotenti. Forse non si può fare altro che restare lì. Con il rischio però che prima o poi i movimenti fondamentalisti prendano il sopravvento come nel resto del Medio Oriente e questo è motivo di preoccupazione per i luoghi santi. Ora come ora la situazione in Terra Santa è difficile ma non drammatica come in Siria. Preoccupa la mancanza di prospettiva per i cristiani. Dei cristiani palestinesi.

Ha concluso con l’immagine di Abramo. Speculare all’Ulisse mitologico. Ulisse dopo aver navigato per il vasto mare aperto e aver conosciuto tante genti, vuole tornare a Itaca. Abramo viene chiamato. Deve lasciare la sua casa. Ma gli è indicata un’altra terra. Lui crede nella promessa. Non sa dove arriverà. Ma sa che è con Dio o meglio che Dio è con lui.

Un bell’incontro quello con il Custode di Terra Santa. Che mi ha arricchito. Un incontro di cui essere grati al Vescovo e a chi l’ha organizzato.

di Raffaele Montuori

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