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Saluto di Mons. Gennaro al suo successore, Mons. Carlo

Ischia 23 settembre 2023

Fratelli e sorelle carissimi

                siamo qui per ringraziare Dio che ci dona un nuovo pastore: il vescovo Carlo. Abbiamo collaborato per due anni. Pur non conoscendoci, è nata ed è cresciuta la comunione fraterna. Abbiamo camminato insieme, consapevoli che da soli non si va da nessuna parte! L’evangelizzazione – scriveva Paolo VI – è sempre “atto ecclesiale”: «evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale» (Evangelii nuntiandi,60). Essa va fatta sempre “in comunione con la Chiesa e con i suoi Pastori”. Senza questa comunione si corre invano e non si è fecondi!

            Il vescovo Carlo con il suo motto episcopale Per evangelium vos genui, attinto dalla Prima Lettera ai Corinzi di san Paolo, ci ricorda che saremo comunità “generative”, se c’è l’impegno a vivere “per mezzo del Vangelo e a partire dal Vangelo”. L’Apostolo esprime la sua paternità: ha generato figli mediante il Vangelo di Cristo.

            Siamo chiamati a ripartire dal Vangelo: ascoltarlo (che è più che sentirlo!), viverlo, annunciarlo e testimoniarlo; prendere sul serio tutto il Vangelo, anche quella parte che è chiamato il “crudo del Vangelo”, il Vangelo della Croce, che il cardinale Martini chiamava il “caso serio della fede”. Una comunità ecclesiale, i cui membri, vivono ignorando il Vangelo, è come una casa costruita sulla sabbia.

            Le tradizioni scompariranno se non saranno intrise di Vangelo, perché «il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mt 24,35) – dice Gesù.

            Sorelle fratelli carissimi,

            sono stato un po’ più di due anni vostro Vescovo. Troppo poco per conoscervi bene e saper valorizzare i talenti che Dio ha donato ad ognuno di voi. Il nuovo Vescovo, che ha molto tempo davanti – che Dio gli doni salute stabile! –, potrà conoscervi, ascoltarvi, valorizzare di più, soprattutto voi laici, in particolare voi donne. La Chiesa è sinodale se cresce la corresponsabilità, soprattutto di voi laici.

            La Chiesa può essere missionaria (e non è sé stessa se non lo è!), se tutti i suoi membri si sentono discepoli missionari!

            Nei 49 anni di presbiterato e nei circa 25 anni di episcopato c’è stata una nota che mi ha accompagnato, anche qui ad Ischia: non so cosa sono riuscito a dare agli altri, ma so quanto ho ricevuto … sempre tanto!

            Ci sono persone che mi hanno edificato con la modalità di vivere la loro malattia o di porsi di fronte ad eventi devastanti, persone che vivono nella quotidianità una fede semplice (papa Francesco parla dei “santi della porta accanto”), che si spendono per la famiglia e per i figli con disabilità e chi può non fa mancare il suo impegno per gli altri e per il rispetto del creato.           

            Ringrazio tutti per ciò che mi hanno donato!

Non sono mancate difficoltà nel mio ministero, anche qualche incomprensione e critica. Ho cercato sempre di ascoltare, mettendomi davanti a Dio con la mia coscienza.

Soprattutto in quest’ultimo tratto della mia vita ho fatte mie e mi accompagnano le parole di san Paolo ai cristiani di Corinto: «A me però, poco importa di venir giudicato da voi o da un consesso umano; anzi, io neppure giudico me stesso, perché anche se non sono consapevole di colpa alcuna non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore!» (1Cor 4,3-4).

            Carissimo fratello vescovo Carlo,

            con la celebrazione di questa sera termina il mio mandato episcopale nella sua parte di “governo”: il Signore dona a te la grazia di guidare questa comunità. Come ci siamo detti varie volte il Signore non dice solo: “Va’”, ma aggiunge: “Io sono con te!”.

            È questa la bella notizia, che sempre di nuovo dobbiamo annunciare prima a noi e, poi, agli altri: Cristo è vivo, è con noi sempre!

            Un passaggio di una Lettera apostolica, scritta da Giovanni Paolo II, all’inizio di questo nuovo millennio, mi ha accompagnato in questi anni, sottolineando questa certezza: Io sono con voi, Io sono con te!

«“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Da essa (da questa certezza) dobbiamo attingere un rinnovato slancio nella vita cristiana, facendone anzi la forza ispiratrice del nostro cammino». – scriveva. È la consapevolezza di questa presenza tra noi del Risorto che deve accompagnarci sempre per rispondere alla domanda rivolta, che ci viene rivolta oggi, come a Pietro a Gerusalemme, subito dopo il suo discorso di Pentecoste: “Che cosa dobbiamo fare?” (At 2,37).

«Ci interroghiamo con fiducioso ottimismo, pur senza sottovalutare i problemi. – continuava – Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!».[1]

E papa Francesco ha scritto a tutti, soprattutto ai giovani una Esortazione dal titolo significativo Christus vivit (Cristo vive): «Se Egli vive, allora davvero potrà essere presente nella tua vita, in ogni momento, per riempirlo di luce. Così non ci saranno mai più solitudine e abbandono. Anche se tutti se ne andassero, Egli sarà lì, come ha promesso: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Egli riempie tutto con la sua presenza invisibile, e dovunque tu vada ti starà aspettando. Perché non solo è venuto, ma viene e continuerà a venire ogni giorno per invitarti a camminare verso un orizzonte sempre nuovo».[2]

            Il compito del Vescovo è stare con le braccia allargate come Gesù sulla croce per unire tutti. Egli, parlando della morte che avrebbe subito disse: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Unire tutte le vocazioni della Chiesa, a iniziare dai preti e dai laici; mettere insieme i diversi servizi della diocesi per camminare insieme; far uscire le parrocchie dai loro campanilismi, aprendosi ad un respiro diocesano e universale; cercare sempre di far prevalere l’unità sul conflitto.

C’è, poi, una sfida: due Chiese sorelle, Pozzuoli e Ischia, sono chiamate a camminare insieme. È un cammino che richiede rispetto e apertura, pazienza e perseveranza, un percorso fatto di piccoli passi, non sporadici, ma assidui. È l’annuncio, con la vita e le parole, di Gesù Cristo e del suo Vangelo il fine della Chiesa!

            Il Signore mi chiama a stare di più con le mani alzate come Mosè. Ci sarà la preghiera assidua per te e le diocesi che ti sono affidate.

            Maria santissima, a cui sono dedicate tante Chiese dell’isola, ti accompagni e ti protegga. Belle le parole che Lei dice a san Juan Diego, messaggero della Madonna di Guadalupe, mentre si trova in difficoltà: «“Non si turbi il tuo volto, il tuo cuore: […] Non sto forse qui io, che sono tua madre?”. È bello, questo, – commenta papa Francesco – la Madonna tante volte quando siamo in desolazione, nella tristezza, nella difficoltà, lo dice anche a noi, nel cuore: “Non sto forse qui io che sono tua madre?”. Sempre vicina per consolarci e darci la forza per andare avanti» (Francesco, Udienza generale, 23 agosto 2023).             I santi patroni dell’isola, santa Restituta e san Giovan Giuseppe della Croce, intercedano per te e per l’eletta porzione del Popolo di Dio, che ti è affidata.


[1] Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, 29 (6 gennaio 2001)

[2] Francesco, Christus vivit, 125 (25 marzo 2019)

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