Nella parabola dei vignaioli omicidi Papa Francesco ha voluto evidenziare, durante l’Angelus, il grave peccato dell’ingratitudine: «Il padrone di un terreno vi ha piantato una vigna e l’ha ben curata; poi, dovendo partire, la affida a dei contadini. Al momento della vendemmia, manda i suoi servi a ritirare il raccolto. Ma i contadini li maltrattano e li uccidono; allora il padrone manda suo figlio, e quelli uccidono perfino lui. Come mai? Che cosa è andato storto? C’è un messaggio di Gesù in questa parabola. … nella mente dei contadini si sono insinuati pensieri ingrati e avidi.
Guardate che alla radice dei conflitti c’è sempre qualche ingratitudine e i pensieri avidi, possedere presto le cose. “Non abbiamo bisogno di dare nulla al padrone. Il prodotto del nostro lavoro è solo nostro. Non dobbiamo rendere conto a nessuno!”. Così è il discorso di questi operai. E questo non è vero: dovrebbero essere riconoscenti per quanto hanno ricevuto e per come sono stati trattati. Invece l’ingratitudine alimenta l’avidità e cresce in loro un progressivo senso di ribellione, che li porta a vedere la realtà in modo distorto, a sentirsi in credito anziché in debito con il padrone che aveva dato loro da lavorare.
Quando vedono il figlio, arrivano addirittura a dire: «Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!». E da agricoltori diventano assassini. È tutto un processo. E questo processo tante volte succede nel cuore della gente, persino nel nostro cuore. Con questa parabola, Gesù ci ricorda cosa succede quando l’uomo si illude di farsi da sé e dimentica la gratitudine, dimentica la realtà fondamentale della vita: che il bene viene dalla grazia di Dio, che il bene viene dal suo dono gratuito». San Francesco d’Assisi rendeva grazie a Dio per tutto, anche quando il male si accaniva contro di lui, per questo, prima della sua morte che sentiva ormai prossima, volle ringraziare il Signore componendo il “Cantico delle creature”. Per questo disse: «Ogni giorno usiamo delle creature e senza di loro non possiamo vivere, e in esse il genere umano molto offende il Creatore. E ogni giorno ci mostriamo ingrati per questo grande beneficio, e non ne diamo lode, come dovremmo, al nostro Creatore e datore di ogni bene» (FF 1592).
A tale riguardo nelle FF c’è un episodio esemplare: “Gli abitanti di Greccio, quando egli dimorava in quell’eremo, venivano vessati da molteplici malanni: branchi di lupi rapaci divoravano non soltanto gli animali, ma anche delle persone; la grandine regolarmente ogni anno devastava campi e vigne. A quella gente così sfortunata l’araldo del santo Vangelo disse, perciò, durante una predica: “A onore lode di Dio onnipotente, mi faccio garante davanti a voi che tutti questi flagelli scompariranno, se mi presterete fede e se avrete compassione di voi stessi, cioè se, dopo una confessione sincera, vi metterete a fare degni frutti di penitenza”. “Però vi predico anche questo: se sarete ingrati verso i benefici di Dio e ritornerete al vomito, il flagello si rinnoverà, si raddoppierà la pena e infierirà su di voi un’ira più terribile”. Alla sua esortazione, gli abitanti fecero penitenza e da allora cessarono le stragi, si dispersero i pericoli, lupi e grandine non fecero più danni.
Anzi, fatto ancor più notevole, se capitava che la grandine cadesse sui campi confinanti, come si avvicinava al loro territorio là si arrestava oppure deviava in altra direzione. Osservò la grandine, osservarono i lupi la convenzione fatta col servo di Dio né più osarono violare le leggi della pietà, infierendo contro uomini che alla pietà si erano convertiti, ma solo fino a quando costoro restarono fedeli ai patti promessi e non trasgredirono, da empi, le piissime leggi di Dio. Dobbiamo, dunque, considerare con pio affetto la pietà di quest’uomo beato, che fu così meravigliosamente soave e potente da domare gli animali feroci, addomesticare quelli selvatici, ammaestrare quelli mansueti, indurre all’obbedienza i bruti, divenuti ribelli all’uomo dal tempo della prima caduta.
Questa è veramente la pietà che, stringendo in un solo patto d’amore tutte le creature, è utile a tutto, avendo la promessa della vita presente e della futura” (FF 1159).