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Medio Oriente: Spiegare la guerra ai bambini

«Credo che il tema grande per i bambini sia la loro incapacità di comprendere il fatto che, in un mondo apparentemente ultra protetto, ultra sicuro, dove ci sono tantissime opportunità e vengono invitati ad avere vite perfette, accendono il televisore e arriva questa parola di totale sconfitta dell’idea di sicurezza, protezione, progresso con cui un bambino guarda la dimensione del domani» dice Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta

Come entra il tema della guerra nella vita dei bambini?

Con due registri. Uno è il senso di vulnerabilità, di fragilità. La notizia dei bambini uccisi, decapitati sono oggettivamente spaventanti, è come se fosse un orrore reificato come reale nella vita di un bambino. Com’è possibile che i bambini, che dovrebbero essere tutelati, protetti, tenuti al sicuro vengono massacrati? Le immagini evocate sono terribili. Il secondo registro è che, dentro alla narrazione mediatica di questi eventi, c’è una sorta di vividezza di attualizzazione del “qui ed ora”: più sono piccoli i bambini e più non riescono a geolocalizzare o relativizzare. La guerra in Medio Oriente è un evento che sta in un luogo particolarmente complesso, che ha dentro vicende complesse. Tutto quello che noi adulti sappiamo, i bambini né lo sanno né riescono a pensarlo. Quando sentono guerra, morte, case distrutte è come se i loro alfabeti degli affetti, del senso di sicurezza e protezione venissero spazzati via. La guerra è una minaccia che, quando arriva, fa fuori tutto e non lascia più nessun genere di sicurezza. Questo per un bambino vuol dire perdere un po’ i riferimenti.

Ci sono bambini che chiedono se la guerra in Ucraina sia finita, ora che è scoppiato il conflitto in Medio Oriente: una guerra è incomprensibile, ma due sono veramente troppe da sopportare. Chi la sera ha paura e non riesce a dormire. Come possiamo insegnare ai bambini a convivere, nella loro quotidianità, con le notizie della guerra che, per forza di cose, ascoltano e vedono?

Per molti bambini il problema grande è proprio l’addormentamento la sera. Al mattino i bambini si svegliano sicuri, la sera molti fanno fatica, chiedono “la guerra verrà anche qui? Ci saranno i soldati nella nostra città?”. Più vedono e sentono notizie della guerra, più questa minaccia entra dentro di loro come una nube grigia che non riescono a soffiare via.

Come si potrebbe dare ai più piccoli le notizie con i contenuti più adatti e nei modi giusti?

Bisogna fare tutte quelle integrazioni cognitive, che non possono fare da soli. Bisogna dire loro che è una cosa che c’è, che sentiremo raccontare, però non c’è qui e non ci sarà qui. È in un luogo ben preciso del mondo, a migliaia di chilometri da noi, che è da sempre un luogo molto travagliato. È importante, come prima cosa, dare la percezione del fatto che la guerra che sta avvenendo non intacca il senso di protezione all’interno della nostra comunità, far notare loro che, se andiamo in giro, non vediamo soldati a difendere e non dobbiamo ricorrere a precauzioni particolari. Dobbiamo sottolineare che, purtroppo, per chi è là, è un evento terribile, ma noi qua non solo non siamo in guerra, ma non abbiamo nessuna premessa che ci fa dire che qua arriverà la guerra. Diciamo ai più piccoli che siamo in un territorio che ha la fortuna di vivere in una condizione di forte stabilità.

La guerra in Medio Oriente, rispetto a quella in Ucraina, è percepita in modo diverso dai bambini?

Per l’Ucraina c’era il discorso dell’accoglienza dei rifugiati e degli aiuti da inviare alla popolazione, che si poteva fare e si poteva raccontare ai bambini. Quello che sta accadendo in Medio Oriente è una questione di affari internazionali, non c’è un tema di solidarietà che viene messo in gioco, essendo Israele e tutto quel territorio molto autonomo sotto tutti i punti di vista. Anzi, quello che accade è che gli israeliani che sono qua prendono gli aerei e vanno là. A un bambino che appartiene a una famiglia religiosa, i genitori possono dire di pregare per la pace, oppure dire loro che possiamo essere costruttori di pace: questo rimane il tema grande su cui lavorare con i bambini. Ognuno di noi che non è in guerra, ogni giorno, ha l’occasione di accendere e spegnere mille guerre, piccole, quotidiane. Il tema è quello del conflitto, del ruolo che ognuno di noi ha dentro i conflitti. Ognuno di noi è come una goccia che, nel grande mare del mondo, ci mette il suo per avere una mentalità di pace o una mentalità di guerra.

di Ilaria Dioguardi – Vita.it

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