Continuando le catechesi sull’evangelizzazione, Papa Francesco propone la figura di una santa sudanese, Giuseppina Bakhita (il Kaire ne ha parlato qui): «Nata in Darfur – nel 1869, è stata rapita dalla sua famiglia all’età di sette anni e fatta schiava. I suoi rapitori la chiamarono “Bakhita”, che significa “fortunata”. È passata attraverso otto padroni – uno vendeva all’altro … Le sofferenze fisiche e morali di cui è stata vittima da piccola l’hanno lasciata senza identità. Ha subito cattiverie e violenze: sul suo corpo portava più di cento cicatrici. Ma lei stessa ha testimoniato: “Da schiava non mi sono mai disperata, perché sentivo una forza misteriosa che mi sosteneva”.
Davanti a questo io mi domando: qual è il segreto di Santa Bakhita? Sappiamo che spesso la persona ferita ferisce a sua volta; l’oppresso diventa facilmente un oppressore. Invece, la vocazione degli oppressi è quella di liberare sé stessi e gli oppressori diventando restauratori di umanità. Solo nella debolezza degli oppressi si può rivelare la forza dell’amore di Dio che libera entrambi. Santa Bakhita esprime benissimo questa verità. Un giorno il suo tutore le regala un piccolo crocifisso, e lei, che non aveva mai posseduto nulla, lo conserva come un tesoro geloso. Guardandolo sperimenta una liberazione interiore perché si sente compresa e amata e quindi capace di comprendere e amare: questo è l’inizio. Si sente compresa, si sente amata di conseguenza capace di comprendere e amare gli altri. Infatti lei dirà: “L’amore di Dio mi ha sempre accompagnato in modo misterioso… Il Signore mi ha voluto tanto bene: bisogna voler bene a tutti… Bisogna compatire!”.
Per questo diceva: “Se Giuda avesse chiesto perdono a Gesù, anche lui avrebbe trovato misericordia”. Possiamo dire che la vita di Santa Bakhita è diventata una parabola esistenziale del perdono. Che bello dire di una persona “è stata capace di perdonare sempre”. E lei è stata capace di farlo sempre, anzi: la sua vita è una parabola esistenziale del perdono. Perdonare perché poi noi saremo perdonati. Non dimenticare questo: il perdono, che è la carezza di Dio a tutti noi. Il perdono l’ha resa libera. Il perdono prima ricevuto attraverso l’amore misericordioso di Dio, e poi il perdono dato l’ha resa una donna libera, gioiosa, capace di amare».
Ci sono diversi episodi nelle Fonti Francescane che raccontano del Poverello d’Assisi pronto sempre a dare il perdono e invitava tutti a fare lo stesso. “Presso Colle, nel contado di Perugia, Francesco incontrò un uomo, che aveva conosciuto in precedenza, mentre viveva nel mondo. E gli disse: «Come va, fratello?». Ma quello, tutto in collera, prese a scagliare maledizioni contro il suo padrone: «Per colpa del mio padrone, che Dio lo maledica, non può andarmi che male, poiché mi ha rapinato ogni mio avere». Vedendo Francesco che quello persisteva nel suo odio mortale, ebbe pietà dell’anima sua e gli rispose: «Fratello, per amore di Dio perdona al tuo padrone! Libera la tua anima, e forse colui ti restituirà gli averi che ti ha tolto. Altrimenti, perduti i tuoi beni, tu perderai anche l’anima tua». Ma l’altro insistette: «Non potrò perdonargli sinceramente, finché non mi abbia restituito il mio». Allora Francesco gli disse: «Ecco, ti dono questo mantello, e ti prego di perdonare al tuo padrone per amore del Signore Dio». Subito il cuore di quell’uomo fu raddolcito e, indotto dal beneficio, smise di ingiuriare il padrone (FF 1718). Papa Francesco conclude: «Santa Giuseppina Bakhita, con il suo esempio, ci indica la via per essere finalmente liberi dalle nostre schiavitù e paure. Ci aiuta a smascherare le nostre ipocrisie e i nostri egoismi, a superare risentimenti e conflittualità. E ci incoraggia sempre.
Cari fratelli e sorelle, il perdono non toglie nulla ma aggiunge – che cosa aggiunge, il perdono? – dignità: il perdono non ti toglie nulla ma aggiunge dignità alla persona, fa levare lo sguardo da sé stessi verso gli altri, per vederli sì fragili quanto noi, ma sempre fratelli e sorelle nel Signore. Fratelli e sorelle, il perdono è sorgente di uno zelo che si fa misericordia e chiama a una santità umile e gioiosa, come quella di Santa Bakhita».