Tutti noi possiamo essere costruttori di pace
Una bambina di circa tre anni inseguiva una palla che stava rotolando in mezzo alla strada. Ad una distanza ravvicinata stava sopraggiungendo un’auto. Un bambino stava percorrendo in bicicletta lo stesso tratto di strada; capì il pericolo in cui stava incorrendo la bambina, che non avrebbe fatto attenzione all’auto e avrebbe potuto essere investita. Prontamente il bambino accelerò la velocità della sua bicicletta, con l’intento di bloccare la palla e toglierla dalla traiettoria fra la bambina e l’auto; la bambina non avrebbe quindi invaso la strada. Il bambino riuscì nel suo intento: bloccò la palla e la riportò ai margini della strada. La signora alla guida dell’auto, passando vicino al bambino, gli sorrise e alzò il pollice, come a dire al bambino: “Ben fatto!”. Il bambino sorrise a sua volta ed alzò il pollice, con complicità e fierezza.
Mi piace pensare che quel bambino viva in una famiglia in cui l’attenzione all’altro è ben presente, dove l’altruismo è un valore fondamentale, dove comportamenti pro-sociali sono all’ordine del giorno, dove il rispetto per la vita degli altri non è l’alibi per l’indifferenza, dove la riservatezza non diventa chiusura. Amo pensare che i suoi genitori siano impegnati in una qualche attività di volontariato, che abbiano rapporti di buon vicinato, che i fratelli maggiori si prendano cura di lui e che lui si prenda cura di quelli minori. Figli che respirano un’aria del genere è molto probabile che crescano dando buoni frutti attorno a sé. Forse tutto questo è fantasia; forse è soltanto casuale il comportamento di quel bambino. Ma…potrebbe esserci un collegamento, a livello concettuale, tra il comportamento di quel bambino e la pace? La pace, infatti, cos’è se non anche il frutto (ad un livello più macroscopico) di atteggiamenti e comportamenti come quelli di questo bambino?! La pace non è solo far finire una guerra, non è solo l’assenza della guerra.
C’è una pace che è più alla nostra portata, che è nelle nostre mani: tutti noi possiamo essere costruttori di pace agendo con una certa impronta nel contesto in cui viviamo. Se tutti noi vivessimo in un certo modo (comprese le persone in posti di potere) dando, cioè, a chi ci circonda quanto meno lo stesso posizionamento che diamo a noi stessi, come sarebbe il nostro mondo? Un paradiso. Nessuno aggredirebbe l’altro e nessuno dovrebbe usare la violenza per difendersi. Il mondo sarebbe più umano. La violenza toglie l’umanità all’aggressore, ma anche all’aggredito, perché genera l’odio, di generazione in generazione. E l’odio fa fare cose disumane. L’umanità dell’altro dipende anche dalla mia.
di Rossella De Peri, Psicologa – La Voce del Popolo