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La Chiesa non è nostra: è di Cristo!

Giovedì 19 ottobre 2023 presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sezione San Tommaso, si è svolta la Giornata interdisciplinare di studio “La santità di Paolo VI nei frutti del Concilio Vaticano II”.

Dopo la presentazione e i saluti accoglienti da parte del prof. G. Tavolaro e del prof. A. Foderaro decano, Sua Eccellenza Giuseppe Giudice, vescovo di Nocera-Sarno, ha presentato la sua Lectio magistralis sull’Ecclesiologia profetica di Paolo VI richiamando innanzitutto le parole del beato Giovanni Paolo I che, il 27 agosto del 1978, ebbe a dire di lui: “D’altra parte, in quindici anni di pontificato, questo papa, non solo a me ma a tutto il mondo, ha mostrato come si ama, come si serve, come si lavora e si patisce per la Chiesa di Cristo”.

Il primo documento programmatico di Paolo VI – prosegue mons. Giudice – è l’Ecclesiam Suam, 6 agosto 1964, che poi ci fa ritornare al 6 agosto 1978 il giorno anche della morte. Quasi a dire, come affermerà lo stesso Paolo VI, come un innamorato nel tramonto della vita: “Potrei dire che sempre l’ho amata e per essa, non per altro, mi pare di aver vissuto”. Quel “mi pare” quasi non volendo anticipare, con grande umiltà, il giudizio della storia.

Un motivo dominante della vita di Paolo VI è l’amore a Cristo e alla Chiesa, che mai bisogna dividere. Un amore concreto fatto di passione, umanità, spiritualità, teologia, liturgia, scrittura e tradizione. Da giovane voleva diventare benedettino e anche nella liturgia lui riporterà questa esperienza mistica molto profonda.

Ecclesiam Suam è il primo documento stupendo, programmatico e rivelativo – la Chiesa non è nostra; è di Cristo! – che non vuole turbare il cammino del Concilio, ma semplicemente lo vuole orientare. Perché Giovanni Battista Montini è diventato Pietro e il compito di Pietro è orientare la Barca.

È lo Spirito che trasfigura la Chiesa e trasfigura gli innamorati della Chiesa.  

Cristo rimane il cuore dell’ecclesiologia di Paolo VI. Lo ritroviamo anche nella Lumen gentium, nella Gaudium et spes. Il cuore di questo amore non è la Chiesa, è Cristo. Lo ricorderà anche in Misterium Fidei: una Chiesa non dirimpettaia del mondo, non arroccata su antichi speroni, ma presente come respiro di eternità nel groviglio delle città dei popoli. Mandata come lievito che fa crescere, luce per i popoli per orientare il progresso dei figli (Populorum Progressio).

Cioè, una Chiesa che non sta nascosta, ma è dentro la fatica del vivere umano; è dentro la città perché mandata alla città. E nella Chiesa, che è santa, Paolo VI ebbe anche il coraggio di dire che al cuore della Chiesa, al cuore di Cristo, c’è un altro cuore che mai dobbiamo perdere: Sacerdotalis Caelibatus, il mistero ordinato. E poi la Chiesa come corpo di Cristo, suo sangue, suo cuore che batte all’unisono con il Cuore di Cristo. Ed è il canto del Pastore che si fa tenerezza per ogni vita, per la vita di tutti e per tutta la vita, nascente e senescente.

E qui dobbiamo ricordare l’enciclica più sofferta e contrastata: l’Humanae vitae. «Questa vita mortale è – nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità – un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno di essere cantato in gaudio e in gloria. La vita dell’uomo.» E non è la vita oggi che è messa in difficoltà?

(continua)

di Angela Di Scala

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