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Incontro del Vescovo Carlo con la Caritas Diocesana

L’incontro delle Caritas parrocchiali con il Vescovo Carlo ha voluto fare il punto della situazione sulle criticità esistenti sul territorio isolano e su quanto si faccia, di default o in emergenza, malgrado le carenze, malgrado le resistenze, malgrado gli impedimenti.

È emerso che alla fine ci si ritrova, quando serve, ad aiutare, ciascuno come può, con quello che ha, nel posto in cui sta: tra pandemia, terremoto, frana, inflazione, sono sempre di più le criticità che emergono sul territorio e quindi, spesso, a prescindere dal riconoscimento di appartenenza ufficiale, chi può fa, chi non può fare, insegna, chi non può insegnare e nemmeno fare, prega o collabora con il sacerdote della propria parrocchia.

Anche quando le risorse ed i mezzi diminuiscono e sembrano essere sempre meno rispetto alle emergenze che avanzano.

Dopo una breve presentazione di tutti i presenti, ci sono state le testimonianze condivise, le esperienze vissute che hanno in qualche modo segnato positivamente e sugellato l’appartenenza alla Caritas diocesana.

La testimonianza dei ragazzi del servizio civile ha aperto l’incontro. Freschi, giovanili, come solo i giovani sanno esserlo, con l’argento vivo negli occhi di chi vuol fare, di chi mentre fa, pensa a cos’altro fare, realizzano e testimoniano che spesso, o almeno nel loro caso, le braccia che si stendono verso l’altro, in quanto a preghiera non hanno nulla da invidiare alle ginocchia che si piegano. Sono ragazzi che, per esserci, hanno fatto una selezione, hanno prodotto dei documenti, qualcuno è stato preso e qualcun altro no, ma che in definitiva hanno concorso per esserci, essere lì a spalare il fango o a sostenere il ragazzino che non riesce in geografia, a portare i pasti caldi o anche a scaricare i pacchi che erano da smistare.

Nelle manciate di tempo libero, tempo rubato al tempo, in omaggio a questo incontro con il Vescovo, si sono anche inventati un pensiero per il Vescovo e uno per ogni partecipante, il kit di candele per l’Avvento per padre Carlo, per gli ospiti un minuscolo libretto con l’immagine di un povero e il motto di Papa Francesco, “non distogliere lo sguardo dal povero”, all’interno un piccolo crocifisso a ricordo della nostra appartenenza e dei semi di girasole, simbolo di gioia, di luce, di speranza. Se si considera che il girasole è sempre rivolto al sole, questo seme non può che evocare, nell’immaginario, l’abbraccio avvolgente del Padre che guarda con clemenza il figlio che cammina sui sentieri, qualche volta impervi, della terra, e il famoso seme che, solo morendo a se stesso, produce frutto.

 E’ stata, in ordine sparso la volta dei membri delle parrocchie dislocate in tutta l’isola; singolare scoprire che c’è chi, da svariati decenni, fa “caritas” pur senza esserlo ufficialmente, chi collabora a fare di tutto e ovunque, anche fuori dai confini geografici della propria parrocchia, chi soffre per un parroco a cui la popolazione si era affezionata e che è stato chiamato a condurre altre parrocchie e chi assistendo un sacerdote guarda con fatica al fatto che ci sia un solo parroco per tre distinte parrocchie. Purtroppo i sacerdoti sono in numero di gran lunga inferiore a quello che necessiterebbe per ogni parrocchia e spesso ci si trova a fare i conti della lavandaia, dove uno (sacerdote) diviso tre (parrocchie) fa qualche volta 1 e qualche volta 3; se consideriamo la Trinità che mai fa mancare ciò di cui abbiamo bisogno, il totale arriva misteriosamente a 4 e corre il rischio di moltiplicarsi.

Qualcuno testimonia che, in mancanza di fondi, ci si inventa e ci si re-inventa, che poi alla fine, la Provvidenza ci mette la quota maggioritaria e il bicchiere mezzo vuoto diventa un vaso comunicante che si svuota riempiendosi e si riempie svuotandosi.

Il Vescovo, imperturbabile, commenta che è così un po’ ovunque e che dal punto in cui stiamo non si può tornare indietro, ma solo andare avanti e farlo bene.

Dalle testimonianze raccolte, pare che avanti si vada, e bene, pure.

Padre Carlo ha già visitato la Cittadella a Forio, l’emporio solidale, e in linea di massima già era a conoscenza delle realtà esistenti sull’Isola. Anche la Caritas diocesana, con la sua equipe, diretta da don Gioacchino con la collaborazione di Luisa, Erika, Mario, Angela, Luisa, ha condiviso i progetti messi in campo, l’ultimo, solo in ordine cronologico, “Verso il prossimo passo”, nato in Caritas parrocchiale con l’allora parroco don Carlo Candido, slittato in Caritas Diocesana per una più ampia espansione e condivisione con tutto il territorio isolano e in continua, costante, evoluzione.

Angela prende la parola e presenta il progetto dalle origini parrocchiali, planando su un’estate ricca di attività e decollando, non atterrando, sulla educazione alle emozioni, con un professionista di alto livello che offre al doposcuola una veste rinnovata, più fruibile e responsabile. Nessuno escluso è il motto che conduce le attività. In evoluzione.  

Tra gli interventi c’è quello di Raffaella, insegnante in pensione, che poco avvezza alla inattività lavorativa ha risentito degli effetti collaterali dello stop imposto dalla legge. Chi per 40 anni è stato nella scuola coi programmi in continua evoluzione, coi ragazzi che entrano piccoli ed escono grandi, con le mode che cambiano gli abiti ed il modo di vestire, di ascoltare musica, gli stessi che poi, non si sa come, diventano genitori e compaiono i figli, difficilmente accetta a cuor leggero il momento in cui improvvisamente tutto questo termina, dalla sera alla mattina, come un fine corsa, come un capolinea. Ecco che si sente meno utile. Dovrebbe riorganizzarsi l’esistenza, forse lo fa, prende impegni che prima non poteva mantenere, chissà. L’episodio chiave che l’ha rimessa in corsa è raccontato da lei stessa,

“andando in pensione avevo un po’ di magone. A giugno, durante la celebrazione per don Paolo, in chiesa, don Carlo Candido, che conosceva i miei affanni, passandomi accanto, mi disse – non preoccuparti, non mi sono dimenticato di te, non ti allontanare -. Il monito mi turbò, non sapevo cosa stesse organizzando o a cosa stesse pensando e sentivo un po’ di inquietudine specie in quel -non ti allontanare-. Gli avvenimenti poi si sono susseguiti, i nuovi impegni hanno soppiantato i vecchi e non ci ho pensato più, tenendo in tasca il magone. Un giorno mi hanno chiamata per chiedermi se ero disponibile a offrire un po’ della mia esperienza a favore di questi ragazzi, in Caritas e lì ho pensato – ecco che il Signore chiama, devo dire il mio SÌ. Ricominciare a mettermi in gioco mi ha fatto capire che non sono passati 40 anni di insegnamento ma è semplicemente iniziato di nuovo il percorso. La conferma mi arriva da un episodio di ieri, al doposcuola, si era fatta l’ora che dovevo andar via, avevo un impegno già preso precedentemente. Un ragazzino mi ha consegnato tutta la sua amarezza e la sua desolazione per non poter terminare il sonetto di Ugo Foscolo, “A Sera”, non tanto per il compito in sé quanto per il fatto che avrebbe voluto davvero comprenderlo appieno. Ho spostato il mio appuntamento, mi sono riseduta con lui e lo abbiamo studiato insieme. La versione in prosa di “A sera” di Ugo Foscolo non poteva essere lasciata incompiuta, l’impegno che avevo poteva aspettare, il ragazzino voleva capire e se lasciavo scappare il momento temevo che non l’avrei più recuperato con lo stesso spirito. “e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge” e mentre io contemplo la tua pace, si placa lo spirito combattivo che ruggisce dentro di me.

“Credo” conclude Raffaella “che abbia fatto bene anche a me riguardare con occhi nuovi l’arrivo della sera”.

Servizio civile, fratelli che si adoperano con programma di recupero di messa alla prova, diaconi, ministri straordinari, responsabili degli affari economici, operatori, volontari e presidenti, poco importa se capita, quando capita, ognuno fa quello che serve, nel posto in cui c’è bisogno, nell’emergenza che attraversa il territorio, con le risorse che si reperiscono.

Dopo aver ascoltato quanti volevano condividere il loro vissuto, le loro doglianze, il loro impegno ed anche la loro gratitudine per quel che ricevono, che è sempre in misura maggiore rispetto a quanto offrono, padre Carlo, prima della benedizione, ha donato alcune riflessioni.

  • La carità è generativa, nella carità si genera altra carità.
  • È sempre più urgente la necessità di fare formazione per essere sempre più corresponsabili e protagonisti del nostro che è un tempo di cambiamento.
  • Solo formandoci potremmo imparare ad accompagnare chi è nella difficoltà, non per offrire risposte ma per far generare domande.
  • Su chi si duole per non avere un parroco o doverselo dividere con altre parrocchie, raccomanda di imparare ad essere corresponsabili, come insegna anche il Sinodo, poiché questa è la strada che la Chiesa in uscita deve imparare, con laici e presbiteri, a percorrere;
  • Il vostro fare per i fratelli è la più alta espressione dell’Amore di Dio.

La benedizione finale ha sugellato la promessa silente di fare bene, fare meglio, far di più, ma farlo insieme.

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