All’Udienza di mercoledì 15 novembre Papa Francesco ha voluto sintetizzare il ciclo di catechesi sull’evangelizzazione, evidenziando più punti: «…l’atteggiamento da cui dipende la sostanza del gesto evangelizzatore: la gioia. Il messaggio cristiano, come abbiamo ascoltato dalle parole che l’angelo rivolge ai pastori, è l’annuncio di “una grande gioia”. E la ragione? Una buona notizia, una sorpresa, un bell’avvenimento? Molto di più, una Persona: Gesù! Gesù è la gioia. È Lui il Dio fatto uomo che è venuto da noi! La questione, cari fratelli e sorelle, non è dunque se annunciarlo, ma come annunciarlo, e questo ‘come’ è la gioia. O annunciamo Gesù con gioia, o non lo annunciamo, perché un’altra via di annunciarlo non è capace di portare la vera realtà di Gesù. Ecco perché un cristiano scontento, un cristiano triste, un cristiano insoddisfatto o, peggio ancora, risentito e rancoroso non è credibile. Questo parlerà di Gesù ma nessuno gli crederà! Una volta mi diceva una persona, parlando di questi cristiani: “Ma sono cristiani con faccia di baccalà!”, cioè, non esprimono niente, sono così, e la gioia è essenziale. È essenziale vigilare sui nostri sentimenti. L’evangelizzazione opera la gratuità, perché viene dalla pienezza, non dalla pressione. E quando si fa un’evangelizzazione – si vuole fare ma questo non va – in base a ideologie, questo non è evangelizzare, questo non è il Vangelo. Il Vangelo non è una ideologia: il Vangelo è un annuncio, un annuncio di gioia. Le ideologie sono fredde, tutte. Il Vangelo ha il calore della gioia. Le ideologie non sanno sorridere, il Vangelo è un sorriso, ti fa sorridere perché ti tocca l’anima con la Buona Notizia».
È risaputo che San Francesco d’Assisi è considerato il santo della “perfetta letizia”, il giullare di Dio, per il suo essere ilare in ogni circostanza, nella gioia come nel dolore. “Dal momento della conversione al giorno della morte, Francesco fu molto duro, sempre, con il suo corpo. Ma il suo più alto e appassionato impegno fu quello di possedere e conservare in se stesso la gioia spirituale. Affermava: «Se il servo di Dio si preoccuperà di avere e conservare abitualmente la gioia interiore ed esteriore, gioia che sgorga da un cuore puro, in nulla gli possono nuocere i demoni, che diranno: –Dato che questo servo di Dio si mantiene lieto nella tribolazione come nella prosperità, non troviamo una breccia per entrare in lui e fargli danno–». Una volta il Santo rimproverò uno dei compagni che aveva un’aria triste e una faccia mesta: «Perché mostri così la tristezza e l’angoscia dei tuoi peccati? È una questione privata tra te e Dio. Pregalo che nella sua misericordia ti doni la gioia della salvezza. Ma alla presenza mia e degli altri procura di mantenerti lieto. Non conviene che il servo di Dio si mostri depresso e con la faccia dolente a suo fratello o ad altra persona». Diceva altresì: «So che i demoni mi sono invidiosi per i benefici concessimi dal Signore per sua bontà. E siccome non possono danneggiare me, si sforzano di insidiarmi e nuocermi attraverso i miei compagni. Se poi non riescono a colpire né me né i compagni, allora si ritirano scornati. Quando mi trovo in un momento di tentazione e di avvilimento, mi basta guardare la gioia del mio compagno per riavermi dalla crisi di abbattimento e riconquistare la gioia interiore» (FF 1653). Il suo biografo Tommaso da Celano lo descrive così: “A volte si comportava così. Quando la dolcissima melodia dello spirito gli ferveva nel petto, si manifestava all’esterno con parole francesi, e la vena dell’ispirazione divina, che il suo orecchio percepiva furtivamente traboccava in giubilo alla maniera giullaresca. Talora–come ho visto con i miei occhi–raccoglieva un legno da terra, e mentre lo teneva sul braccio sinistro, con la destra prendeva un archetto tenuto curvo da un filo e ve lo passava sopra accompagnandosi con movimenti adatti come fosse una viella, e cantava in francese le lodi del Signore. Bene spesso tutta questa esultanza terminava in lacrime ed il giubilo si stemperava in compianto della passione del Signore. Poi il Santo, in preda a continui e prolungati sospiri ed a rinnovati gemiti, dimentico di ciò che aveva in mano, rimaneva proteso verso il cielo” (FF 711).
Papa Francesco conclude: «Ognuno di noi oggi si prenda un pochettino di tempo e pensi: “Gesù, Tu sei dentro di me: io voglio incontrarTi tutti i giorni. Tu sei una Persona, non sei un’idea; Tu sei un compagno di cammino, non sei un programma. Tu sei Amore che risolve tanti problemi. Tu sei l’inizio dell’evangelizzazione. Tu, Gesù, sei la fonte della gioia”. Amen».