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Cessate il fuoco: siete fratelli!

In collegamento da Gerusalemme

Domenica 10 dicembre 2023, nella Giornata Internazionale dei diritti umani e nel 75° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ad Assisi, si è tenuta una nuova Marcia per la Pace e la Fraternità per chiedere il “Cessate il fuoco!”, di soccorrere la popolazione di Gaza e di fermare le stragi.

Organizzata dalla Fondazione Perugia-Assisi per la cultura della pace, alla marcia hanno aderito in tanti: oltre trecento gruppi e associazioni, cento comuni e province, le organizzazioni civili della nostra società, semplici cittadini. È chiaro: l’argomento, il tema, il fatto, sono di quelli che riguardano tutti, e non quelli che vogliono strumentalizzare un evento per trarne benefici politici/elettorali con la loro presenza.

La partenza del corteo dei manifestanti, avvenuta nel primo pomeriggio, è stata anticipata dall’Incontro dei costruttori e costruttrici di pace, tenutosi presso la Domus Pacis in mattinata. Iniziato con le note, le parole e la voce della cantante Erica Boschiero, a questo momento di riflessione hanno partecipato anche in collegamento da Gerusalemme. Andrea De Domenico, direttore dell’Ufficio di coordinamento delle Nazioni Unite degli aiuti umanitari nei territori palestinesi occupati, ha ringraziato per essere ancora una volta in piazza per aiutare il grido della pace. La realtà, che da 63 giorni si sta vivendo in Terra Santa e che accade ogni giorno, a parte la breve pausa, è «…una guerra atroce che non risparmia nessuno. Gaza è un piccolo territorio di 365 km quadrati con due milioni e trecentomila abitanti più o meno, circondato da mura impenetrabili. È di fatto una grande prigione a cielo aperto. E più della metà della popolazione sono bambini al di sotto dei 18 anni.

Dall’inizio del conflitto c’è stato un numero enorme di feriti e di morti. Più di diciassettemila i morti e più di quarantacinquemila feriti in un sistema di gestione della sanità completamente distrutto. Dei precedenti 36 ospedali in Gaza solo 12 sono funzionanti al sud. E un paio al nord che funzionano con estrema difficoltà. Tutti gli altri sono stati sistematicamente distrutti, bombardati, occupati. Le persone non possono più andare. Ieri mattina una donna incinta ha cercato di raggiungere l’ospedale, ma dei cecchini hanno sparato. Lei è riuscita a scappare ma hanno, ucciso la sorella. Un medico ha dovuto letteralmente saltare tra i corpi dei feriti e dei morti stesi dovunque per terra per portare aiuti. Tutti gli ospedali operano senza anestesia.

Migliaia di donne, uomini, bambini che, a causa dei bombardamenti quotidiani, arrivano in ospedale in situazione pietosa, non hanno nemmeno il beneficio di cure dignitose. Ho sentito parlare di amputazioni senza anestesia. È semplicemente inaccettabile. Purtroppo, l’obiettivo dichiarato dell’operazione militare è stato interpretato dal mondo intero come una giustificazione sufficiente per calpestare sistematicamente i diritti umani, i diritti delle persone. Abbiamo richiamato al rispetto dei civili e delle strutture civili, in particolare gli ospedali. E quando facciamo un richiamo lo facciamo anche ai gruppi armati. Perché l’appropriazione delle strutture ospedaliere è da condannare. Ma non è servito a molto.

Hanno tagliato Gaza in quattro parti: Gaza del nord è impenetrabile alla maggior parte degli aiuti umanitari, a parte nei sei giorni di pausa. In una parte immediatamente inferiore abbiamo molte persone e molti sfollati. Un milione duecentomila vivevano nella parte nord, ma non sappiamo quanti rimangono lì. Stime dicono duecentomila – cinquecentomila. E quelli che sono rimasti sono stati tacciati dal mondo come un gruppo di terroristi, quando in realtà sono solo civili che non possono o che non hanno la possibilità di muoversi in maniera libera. Alcuni sono andati al sud ma non hanno trovato rifugio. Solo altre bombe. Non hanno trovato aiuti umanitari che li facessero vivere in dignità e hanno detto “piuttosto di vivere in queste condizioni disumane preferiamo morire a casa nostra”.

Le zone dichiarate sicure dovrebbero essere il risultato di un accordo tra le parti. In realtà c’è invece una dichiarazione unilaterale fatta dai militari del governo israeliano che non è il frutto di un accordo delle parti. Noi ci siamo rifiutati di accettare questo dicendo: “Noi serviremo le persone ovunque siano”. A Raffa i nostri colleghi si sono trovati una città in cui c’erano sfollati in ogni angolo di strada. Sono settimane che le dinamiche, i controlli e le limitazioni imposte dalle Nazioni Unite e dai partner delle Nazioni Unite hanno progressivamente diminuito le capacità delle Nazioni Unite di rispondere alla vastità infinita dei bisogni della gente.

Ci siamo ridotti a contare i camion a uno a uno come se fosse quello il vero problema, ma non è quello. Non dovrebbe essere ostacolata l’azione umanitaria. Non abbiamo comunicazioni, non abbiamo sicurezza, decine e decine di scuole sono state attaccate. Sentiamo continuamente parlare di trattamenti abbastanza violenti di uomini e ragazzi giovani che sono sfollati o presi dai centri di accoglienza dove sono raccolti gli sfollati. Sono presi al di fuori seminudi, trattati in condizione indegne e poi scompaiono. E non ne abbiamo più nessuna traccia.

La situazione è veramente terribile e ci rimane ben poco da fare tant’è che il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha ritenuto di fare ricorso all’articolo 99 perché siamo all’orlo del collasso del nostro sistema e alla nostra capacità di rispondere. Abbiamo un mare di persone disperate che cercano e fanno di tutto per poter sopravvivere e far sopravvivere le proprie famiglie. In tutto questo in Cisgiordania le cose non vanno meglio. Il mondo è concentrato su Gaza ma in realtà anche in Cisgiordania abbiamo una situazione assolutamente disastrosa. Le operazioni militari purtroppo continuano.

L’altro ieri un bambino di nove anni è stato ucciso perché in una dimostrazione probabilmente stavano lanciando dei petardi e l’esercito risponde sparando e uccidendo un ragazzino di nove anni. C’è necessità davvero di demolire il muro dei pregiudizi e dell’indifferenza che questa guerra ha portato per l’ennesima volta di fronte a noi. Bisogna costruire un ponte per salvaguardare lo spazio dell’umanità, della compassione e del rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani violentati ogni giorno, purtroppo, in questa situazione. E bisogna ricordare, e spero che voi siate una forza in questo senso, che “l’indifferenza uccide” (Liliana Segre) e che “il problema vero è l’inerzia dei giusti” (Albert Einstein). Voi non siete inerti e vi ringrazio e spero che questo possa portare il mondo a capire cosa sta succedendo in questa terra dilaniata. Grazie.»

di Angela Di Scala

La città della gioia di Erica Boschiero
Canto ciò che è fragile, ciò che è delicato,
che non sa difendersi, non era preparato.
Canto l’innocenza, i giochi di bambina,
persi come quelli della Terra, della Terra in cui cammina.
Tutti quegli inganni, gli abusi di potere,
…quelle mani sui miei seni.
Vuoi vedere che magari son le stesse che da quando sono in cima
sopra le foreste versan litri, versan litri di benzina.
Canto quel dolore che non era previsto,
quando l’uomo al mondo ancora non s’era mai visto.
E mi pare quasi che si unisca al canto,
la balena bianca che qualcuno ha cercato così tanto, così tanto.
Da qualche parte so che c’è la città della gioia.
Tu sarai vero con me, io sarò vera con te.
Dentro alla mia rabbia c’è quella delle bestie,
degli abissi immensi, dei deserti, le foreste.
del creato tutto intero, cui da sempre dai la caccia,
guardami negli occhi, guarda bene, qui ci vedi la tua faccia, la mia faccia.
Da qualche parte so che c’è la città della gioia. Tu sarai vero con me, io sarò vera con te.

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