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La vita consacrata come vita di comunione

Il 15 gennaio 2024 è iniziato il Sesto Seminario teologico sulla vita consacrata dal titolo “Ascolto, discernimento e profezia”

Circa 30 anni fa, il 2 febbraio 1994 – ha detto il prof. Salvatore Fari’ – è stata pubblicata l’istruzione: “La vita fraterna in comunità – Congregavit nos in unum Christi amor”, suddivisa in tre parti. Nella prima, troviamo come la vita fraterna in comunità faccia parte del progetto di Dio che vuole comunicare la sua comunione, avendo dei percorsi più adeguati da perseguire per costruire la comunità cristiana religiosa. La seconda parte, definisce la comunità come il luogo dove si diventa fratelli e la terza, come luogo e soggetto della missione.

Al n. 1. così recita: «L’amore di Cristo ha riunito per diventare una sola cosa un grande numero di discepoli, perché come Lui e grazie a Lui, nello Spirito, potessero, attraverso i secoli, rispondere all’amore del Padre, amandolo “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,5) e amando il prossimo “come se stessi” (cfr. Mt 22,39)».

Siamo riuniti in comunità non da simpatie personali o motivi umani, ma da Dio, da una divina vocazione, da una divina attrazione. Per cui il modo di vivere in comunità è sovrannaturale e nasce dalla fede in Colui che ci ha amati.

Per comprendere il senso della vita comunitaria dobbiamo nutrirci alla fonte dell’amore nel Padre, Principio senza principio, che ci ha voluto come segni del suo amore.

I credenti vengono detti amati. L’amore viene da Dio e non si può amare senza prima essere amati. Egli solo può mettere in moto l’evento dell’amore e da ciò possiamo imparare ad amarci come fratelli. Quando ci amiamo è Lui che ama.

La persona nella sua intima natura è comunionale, il cristianesimo infatti è contrario a qualsiasi forma di collettivismo, che nega l’individualità della persona, di individualismo ed egoismo, poiché l’isolazionismo non è dato ontologico, ma è prodotto da un sistema di pensiero sociale. 

La bellezza di questo documento, allora, che è di grande attualità, riguarda come migliorare la qualità della vita fraterna, offrire spunti di riflessione in merito all’ideale comunitario in quanto la realizzazione dei religiosi passa attraverso le comunità.  

La vita fraterna, la fraternità, la comunione fraterna, partono dai cuori animati dalla carità. La vita in comune, di comunità è l’abitare nella propria casa religiosa legittimamente costituita, e nel condurre una vita accomunata dalla fedeltà alle stesse norme, la partecipazione e collaborazione ai servizi comuni.

La ragione del vivere insieme tra fratelli e sorelle è il dono dello Spirito, dall’alto, nell’esser radicato nel cuore della stessa Trinità. L’essere una costruzione umana lo è come conseguenza, come riflesso di un dono gratuito: la vocazione.

Un giorno siamo stati sorpresi e attratti dalla bellezza di Cristo. «Ci ha riuniti tutti insieme Cristo Amore».

Ogni rapporto tra fratelli e sorelle sussiste per lo stupore della gratitudine, perché voluti senza merito alcuno.

Quando le comunità religiose vivono autenticamente la fraternità diventano scuole di comunione, centri di preghiera e di contemplazione, luoghi di dialogo, spazi per l’evangelizzazione e la carità. E nel mondo rappresentano la dedizione di una Chiesa in uscita.

Se in alcune regioni si sperimenta la riduzione numerica e la fatica dell’invecchiamento, la Vita consacrata continua a essere feconda e creativa, anche per la corresponsabilità dei laici.

La Chiesa e il mondo non possono fare a meno di questo dono vocazionale. La Vita consacrata dunque, è una grande risorsa per il nostro tempo, per la nostra Chiesa. Infatti, ci si deve aprire a cammini sinodali, piuttosto che a chiudersi ed essere autoreferenziali.

Un segno dell’autenticità di un carisma è proprio l’ecclesialità, come dice papa Francesco.

La Vita consacrata è un dono che lo Spirito ha fatto alla Chiesa, offerto a tutto il Corpo ecclesiale, a tutta l’umanità. Questa certezza deve salvaguardare dal rischio di disperdersi e disorientarsi, esaltando i singoli carismi fondazionali, ignorando l’appartenenza alla totalità della Chiesa. Al centro di ogni comunità c’è il Vangelo, c’è Cristo. La Vita consacrata è dono alla Chiesa, nasce e cresce nella Chiesa ed è tutta orientata alla Chiesa.

Essa, infatti, è profezia dell’unità e della comunione che fonda la Chiesa. I consacrati e le consacrate testimoniano, in un mondo fortemente diviso, la capacità di vivere un progetto comune per seguire più liberamente e da vicino Cristo Signore. Nella prima parte dell’esortazione Vita consecrata, Giovanni Paolo II considera la Vita consacrata alla luce del mistero trinitario in quanto la vocazione è una chiamata del Padre per seguire il figlio, consacrati dallo Spirito Santo che suscita i carismi al servizio della storia e dell’uomo. La Trinità è fonte e modello della Fraternità, che è spazio umano abitato dalla Trinità. Questo fondamento può cambiare i rapporti umani, creando un nuovo tipo di solidarietà, disgregando meccanismi divisori e continuando la missione di Gesù, il servizio della carità.

di Marilena Siciliano e Angela Di Scala

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