Un altro vizio – trattato da Papa Francesco durante la catechesi di mercoledì 31 gennaio – è quello dell’ira: «Oggi ci soffermiamo a riflettere sul vizio dell’ira. È un vizio particolarmente tenebroso, ed è forse il più semplice da individuare da un punto di vista fisico. La persona dominata dall’ira difficilmente riesce a nascondere questo impeto: lo riconosci dalle mosse del suo corpo, dall’aggressività, dal respiro affannoso, dallo sguardo torvo e corrucciato. Nella sua manifestazione più acuta l’ira è un vizio che non lascia tregua. Se nasce da un’ingiustizia patita (o ritenuta tale), spesso non si scatena contro il colpevole, ma contro il primo malcapitato.
Ci sono uomini che trattengono l’ira sul posto di lavoro, dimostrandosi calmi e compassati, ma che una volta a casa diventano insopportabili per la moglie e i figli. L’ira è un vizio dilagante: è capace di togliere il sonno e di farci macchinare in continuazione nella mente, senza riuscire a trovare uno sbarramento ai ragionamenti e ai pensieri. L’ira è un vizio distruttivo dei rapporti umani. Esprime l’incapacità di accettare la diversità dell’altro, specialmente quando le sue scelte di vita divergono dalle nostre. … Ma non tutto ciò che nasce dall’ira è sbagliato. … Se una persona non si arrabbiasse mai, se non si indignasse davanti a un’ingiustizia, se davanti all’oppressione di un debole non sentisse fremere qualcosa nelle sue viscere, allora vorrebbe dire che quella persona non è umana, e tantomeno cristiana. Esiste una santa indignazione, che non è l’ira ma un movimento interiore, una santa indignazione. Gesù l’ha conosciuta diverse volte nella sua vita, non ha mai risposto al male con il male, ma nel suo animo ha provato questo sentimento e, nel caso dei mercanti nel Tempio, ha compiuto un’azione forte e profetica, dettata non dall’ira, ma dallo zelo per la casa del Signore. Dobbiamo distinguere bene: una cosa è lo zelo, la santa indignazione, un’altra cosa è l’ira, che è cattiva».
Riguardo al peccato dell’ira san Francesco d’Assisi nelle Ammonizioni esortò i suoi amati frati: «E per il peccato commesso dal fratello non si adiri contro di lui, ma lo ammonisca e lo conforti con ogni pazienza e umiltà» (FF 198). … “Affermava che i frati minori sono stati mandati dal Signore in questo ultimo tempo per offrire esempi di luce a chi è avvolto dal buio dei peccati. E ripeteva che all’udire le opere virtuose dei santi frati dispersi nel mondo, si sentiva come inebriato di soavissimo profumo e cosparso di unguento prezioso. Un frate di nome Barbaro una volta offese con una parola ingiuriosa un confratello alla presenza di un nobile dell’isola di Cipro. Ma appena si accorse che il confratello ne era rimasto piuttosto offeso, si accese di ira contro sé stesso, e preso dello sterco d’asino se lo mise in bocca per masticarlo: «Mastichi sterco questa lingua, che ha sputato veleno di ira sul mio fratello». A tale vista, il cavaliere ne fu sbigottito, poi rimase molto edificato.
Da quel momento mise sé stesso ed i suoi beni a disposizione dei frati con grande generosità. Tutti i frati osservavano immancabilmente questa usanza: se per caso uno scagliava contro un altro una parola che fosse causa di turbamento, subito si prostrava per terra e accarezzava con santi baci i piedi dell’offeso, anche contro la sua volontà. Il Santo gongolava di gioia nell’udire tali cose, perché vedeva che i suoi figli da soli praticavano esempi di santità e ricolmava delle più elette benedizioni quei frati, che con la parola e l’esempio inducevano i peccatori all’amore di Cristo. Traboccante com’era di zelo per le anime, voleva che anche i suoi figli gli rassomigliassero completamente” (FF 739).
Papa Francesco conclude: «Sta a noi, con l’aiuto dello Spirito Santo, trovare la giusta misura delle passioni, educarle bene, perché si volgano al bene e non al male. Grazie».
Foto: Vatican Media