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Nell’omelia per la celebrazione della Giornata del malato, il Vescovo Carlo ci spiega il significato della guarigione del lebbroso

Lv 13,1-2.45-46; 1Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45

Nella Giornata del malato, domenica 11 febbraio scorso, il Vescovo Carlo ha scelto di celebrare la Santa Messa presso l’ospedale ‘Anna Rizzoli’ di Lacco Ameno, tra gli ammalati, lì dove il desiderio di guarigione è forte e la Parola di Dio è di grande conforto. La Liturgia della Parola presentava il tema della malattia, in particolare la terribile lebbra, contagiosa e molto diffusa al tempo di Gesù, per la quale non si conoscevano rimedi. Il brano del Levitico, nella Prima Lettura, ci ricordava come anche nelle Scritture esistesse una normativa che prescriveva, per quelli che erano colpiti dalla malattia, l’allontanamento dai centri abitati; queste persone, inoltre, a causa della loro condizione, erano considerate impure e marchiate dal peccato, del quale la malattia era il riflesso, come segno del castigo di Dio.

Nel brano del Vangelo di Marco, un lebbroso si fa avanti per incontrare Gesù, del quale conosce le opere che ha compiuto e, in ginocchio, lo implora di guarirlo.

«Gesù coglie l’occasione per proporre una riflessione sulla legge di Mosè e per far riflettere sulla volontà di Dio», ha detto il Vescovo nell’omelia, sottolineando che il messaggio che Gesù vuole farci arrivare non è tanto mirato a ricordare che bisogna avere cura degli ammalati, ma che è necessario prima di tutto costruire relazioni. Già il Vangelo di domenica scorsa – ha proseguito – ce lo aveva ricordato, proponendoci la routine quotidiana di Gesù, il quale iniziava sempre la sua giornata con un momento di profondo raccoglimento, in preghiera con il Padre. La relazione che Gesù imposta con il Padre deve essere modello della relazione che non solo ognuno di noi deve stabilire con il Signore, ma che dobbiamo costruire nelle nostre comunità:

«Il lebbroso che supplica in ginocchio sta ad indicare proprio questo, è il segno di colui che si presenta davanti al Signore per quello che è, con la sua malattia e le sue fragilità e chiede, anche alla comunità, di abbattere le barriere e le separazioni».

Gesù guarisce il lebbroso e, come segno e richiesta di superamento e demolizione delle barriere, lo manda dai sacerdoti, perché ne riconoscano la guarigione e lo riammettano nella comunità di appartenenza, rinforzando in tal modo il cammino verso la formazione di una comunità che elimini le diseguaglianze create dagli uomini.

«Il desiderio di Gesù è di abbattere ogni barriera, ma credo che questo debba essere anche il nostro desiderio, come comunità e come credenti in Cristo. Ecco il vero significato della Giornata del malato che oggi celebriamo: ricordare che i fratelli e le sorelle ammalati sono posti in mezzo a noi come segno tangibile della presenza di Cristo».

Con San Paolo, attraverso la Seconda Lettura, siamo chiamati inoltre ad essere imitatori di Cristo – ha poi detto Mons. Villano – siamo chiamati a sforzarci ogni giorno di vivere a immagine e somiglianza di Cristo, ma per fare questo non è sufficiente “parlare di Gesù” come potrebbe fare chiunque, uno storico, uno studioso; è necessario invece vivere secondo il modello di vita che lui ci ha insegnato, raccontando, con la nostra vita quotidiana, la nostra appartenenza, la nostra fede. «Tutti possiamo parlare di Gesù, ma solo i cristiani ne possono essere imitatori», ha concluso, ricordando che è verso gli ammalati che siamo chiamati ad essere testimoni di Cristo, ma questo si può ottenere solo nutrendosi della Parola e del corpo e sangue di Gesù, cibo e bevanda di salvezza.


La Messa è stata celebrata nella Cappella dell’ospedale, alla presenza del dottor Di Gennaro e di alcuni membri dell’equipe sanitaria, oltre che di alcune associazioni del volontariato tra cui Avo e Unitalsi. Ha concelebrato don Antonio Mazzella, attuale cappellano ospedaliero.

Al termine della celebrazione il dott. Di Gennaro ha voluto esprimere al Vescovo Carlo il proprio ringraziamento per la sua presenza in ospedale nella Giornata del malato e per l’ottimo lavoro che don Antonio sta operando nel suo servizio quotidiano di assistenza spirituale ai degenti, svolto con dedizione e carità. Inoltre ha manifestato anche soddisfazione per la cura della Cappella che, grazie all’operato di don Antonio, è diventata in poco tempo luogo confortevole e accogliente per malati e parenti.

A sua volta don Antonio ha poi ringraziato il Vescovo per la nomina, ricordiamo che svolge anche la funzione di direttore della Pastorale Diocesana per la salute, e tutti coloro che con lui, fuori e dentro la struttura ospedaliera, collaborano con amore e carità cristiana nel delicato lavoro di assistenza agli ammalati.

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