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Commento al Vangelo Mc 1,12-15

E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

Ci siamo. Quaresima. No dai, non scherziamo. Quest’anno in pochissimo tempo siamo catapultati nuovamente nel deserto. Proviamo allora a dare senso a questo deserto. Proviamo ad alzare la testa e guardare oltre. Niente fioretti, per carità. E niente mortificazioni. Anzi, abbiamo bisogno di vivificazione. Urgentemente.

Benedetta Quaresima, allora, se riesce in qualche modo a darci uno schiaffo. A scuoterci. A rompere il mare di ghiaccio che è in noi, a farci alzare lo sguardo, ad accorgerci di avere un’anima, a volare più in alto di quanto ci siamo rassegnati a fare. Entriamo nel deserto, allora. Quello raccontato dalla Bibbia. Luogo di tentazione, di fatica, di prove estreme, che tira fuori tutto ciò che siamo, nel bene e nel male. E non c’è bisogno di andarselo a cercare; il deserto ci attornia. Ma il deserto per Israele è anche il luogo dell’innamoramento, dell’essenzialità, dei tramonti infuocati, delle tavole della Legge. Di tutta la luce che possiamo incontrare. Fatica e luce. Pena e gioia.

La stessa realtà, la stessa vita, lo stesso deserto può diventare esperienza di pena infinita o apertura alla pienezza di luce. La Quaresima ci aiuta a vivere un’esperienza di radicale conversione. Imitando il cammino di Gesù. L’evangelista Marco lascia poco spazio alle tentazioni di Gesù. Diversamente da Matteo e da Luca non si dilunga nei dettagli, non cede alla descrizione, all’approfondimento. In pochi versetti liquida la faccenda, ma non per distrazione o superficialità. “E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana”.

Gesù non poteva iniziare direttamente la sua missione? Invece è proprio lo Spirito a spingerlo. È lo Spirito che spinge Gesù in quel luogo di desolazione e di tentazione perché deve imparare, seguire un cammino ben preciso. Fatichiamo a prenderci del tempo per stare da soli, ci spaventa il silenzio, soprattutto perché nessuno ci ha mai insegnato ad abitarlo, a farlo fiorire. E ci spaventa soprattutto il deserto che è la prova, la sete, la solitudine negativa, quella di chi si è perso. A volte è lo Spirito a spingerci ad abitare il deserto. Il dolore, allora, diventa opportunità per andare all’essenziale. E Gesù resta nel deserto, quaranta giorni come quaranta furono gli anni trascorsi da Israele a vagare nel Sinai prima di imparare a diventare un popolo libero. Niente sconti, niente privilegi.

Anche Gesù ha dovuto affrontare le sue ombre. Prima di ogni missione o prima di ogni alleanza con Dio bisogna passare per il diluvio, per una purificazione. Tentazioni, le chiama il Vangelo. Cioè, scelte, discernimento, capire cosa distrugge e cosa costruisce. Non siamo soli a farlo. Non soltanto Gesù non fugge il deserto ma asseconda lo Spirito. E, come noi, si lascia tentare. Fatica. Lotta. Matteo e Luca ci diranno che lo fa meditando la Parola e interpretandola nella giusta luce. Quel deserto offre a noi la possibilità di ridimensionarci. Il deserto ci dà la possibilità di vivere con le bestie selvatiche e gli angeli che portiamo dentro. Il deserto ti aiuta a riconciliarti con le bestie selvatiche e gli angeli, con le suggestioni e le intuizioni che ci abitano dentro.

Solo dopo questo possiamo dire: Il regno è a un passo, è vicino. Questo deserto per noi si chiama conversione. La Quaresima, dunque, è il simbolo liturgico della vera Quaresima: tutta la nostra vita. E la conversione non si tratta di diventare più buoni, e fare qualche penitenza, digiuno che può aiutarti solo a dimagrire (e la scienza ci dice che questo manco è vero perché per dimagrire devi fare un’alimentazione sana e regolare). La parola ebraica “conversione” significa “tornare alla buona origine”, “volgersi verso diversa destinazione”.

È tornare in sé stessi e riabbracciare la bellezza che c’è dentro di noi. È ritrovare la vera meta: riabbracciare il Signore. Ricordare quello per cui siamo nati, ritornare ad essere quell’Adam che Dio aveva creato e buttare via quello che non ci fa vivere. È tornare a capire che esistiamo per quell’amore che Dio ha disposto per ciascuno di noi. Sfruttare le cose belle che Dio ci offre. Tornare ad un’esistenza da figli. Per questo ci vuole una vita intera. La Quaresima torna sempre per ricordarcelo. Buon cammino!

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