L’azienda conta attualmente 35 dipendenti e due ristoranti: il 2 aprile, Giornata mondiale di sensibilizzazione su questa condizione, è stato il primo giorno di lavoro per altri due ragazzi e un terzo dovrebbe arrivare il primo maggio, nella Festa dei Lavoratori. Il fondatore, Nico Acampora: “Quando i ragazzi lavorano, stanno meglio”
Era una notte come tante altre quando Nico Acampora svegliò sua moglie, Stefania, per raccontarle l’idea che stava maturando in quelle ore: una pizzeria gestita da ragazzi con autismo. “La mattina lo trovai lì, seduto dietro la scrivania, a scrivere l’idea progettuale”, racconta oggi. Una notte che, però, avrebbe creato un solco nella vita di tante persone: 35 posti di lavoro generati per ragazzi che, invece di gravare sul welfare, producono reddito; un modello di inclusione sociale e lavorativa realizzato; una seconda famiglia per tanti ragazzi, e non solo. Ecco PizzAut, ispirata da Leo, il figlio di Nico e Stefania al quale a due anni è stato diagnosticato l’autismo.
“Un progetto complesso e articolato come PizzAut non si può fare se non c’è una famiglia che lo affronta insieme perché sono tanti i sacrifici, sono tante le rinunce ed è tantissima la bellezza. Ma per poter dedicare molto tempo ai figli degli altri c’è bisogno che la propria famiglia sia molto compatta”, racconta Nico. In questo momento, sono due i ristoranti aperti, uno a Monza e uno a Cassina de’ Pecchi. Ed è da poco uscito un libro “Vietato calpestare i sogni” per le edizioni Solferino che ne racconta il percorso. “Quando siamo partiti ci hanno detto che questo era un sogno irrealizzabile. Io ricordo mi scrissero ‘Acampora, se lei pensa di riuscirci è più handicappato dei suoi ragazzi’. Invece questo libro vuole testimoniare che si può fare, si può costruire un mondo migliore partendo dal proprio impegno e coinvolgendo, in questo impegno, altre persone”.
L’importanza della famiglia nel progetto di PizzAut
“Moltissime famiglie che hanno un figlio disabile si separano. Noi, all’inizio, abbiamo avuto delle difficoltà, quando è arrivata la diagnosi di Leo, perché sei talmente concentrato su questo dolore, su questa sofferenza, che rischi di allontanarti anche non volendo. Io mi ero concentrato molto su mia figlia Giulia, Stefania molto su Leo e invece a un certo punto ci siamo presi per mano e abbiamo detto ‘riprendiamoci tutta la famiglia in mano’ e così è andata”, ricorda Nico. E anche Stefania ripercorre alcune tappe: “Nico, da quando lo conosco, ha sempre pensato a grandi cose per fare del bene agli altri. Quindi non mi ha stupito quella notte quando mi ha detto del progetto di PizzAut. La sorpresa maggiore è stata quando ha fatto conoscere il progetto e ha avuto riscontri. Lì ho capito che si poteva fare davvero”.
Nico, frontman, gira per le scuole, Stefania si concentra sull’educazione dei figli. Il loro impegno è un seme per PizzAut, che è anche una famiglia di famiglie. “L’idea è quella che sia sempre una famiglia molto ampia, molto allargata. Al di là della nostra, ci sono altre famiglie che in questo progetto si sono lasciate coinvolgere. Enrico e Luisa sono i genitori del primo ragazzo che abbiamo assunto. Enrico è andato in pensione due anni prima pur di mettersi a disposizione di questo progetto – racconta il fondatore -. Penso a Giulio e a sua moglie. Penso anche ad altri ragazzi, ad altre famiglie. I ragazzi autistici, quando parlano di PizzAut, dicono che è una seconda famiglia.
È chiaro che all’interno della famiglia a volte ci sono anche delle criticità. Giulia, intorno ai 15 anni, mi disse: ‘Papà, tu mi trascuri per seguire i ragazzi di PizzAut’. Io gli spiegai che lo stavo facendo per costruire un futuro per suo fratello. E lei mi disse: ‘Tu trascuri anche lui per seguire gli altri ragazzi. Ci trascuri tutti, trascuri me, Leo e la mamma’. Io mi sentii un cattivo padre in quel momento. Me la ricordo ancora quella sera, perché andai al ristorante e uno dei ragazzi, Leonardo, che lavora con me, che non ama il contatto fisico, dopo due anni di lavoro assieme, mi abbracciò per la prima volta proprio quella sera. E quindi io lì decisi che avrei continuato in qualche modo, e con molto senso di colpa, a trascurare un pochino i miei figli e mia moglie. Ma mia figlia, che è una ragazza intelligente, a un certo punto venne da me e mi disse ‘Papà, ho capito, vengo io a fare la volontaria da PizzAut. Così ti vedo più spesso”.
Un’impresa con 35 dipendenti e nuove assunzioni
Il 2 aprile, che era la giornata mondiale sull’autismo, sono stati assunti altri due ragazzi a tempo pieno e a tempo indeterminato. Un’altra assunzione dovrebbe arrivare il primo maggio, nella Festa dei Lavoratori. “Assumere persone autistiche, persone con disabilità, vuol dire cambiare radicalmente la loro vita e anche quella della loro famiglia – dice Nico -. I ragazzi con autismo di solito finiscono in un centro diurno, in un centro residenziale che ha giustamente dei costi elevati per supportarli al meglio.
Quando lavorano non stanno più in questi posti, stanno molto meglio, hanno molti più stimoli, acquisiscono più competenza, non sono più un costo economico ma diventano una risorsa sociale ed economica perché pagano le tasse. Noi abbiamo ragazzi che non parlavano, con mutismo selettivo, e oggi prendono le comande tutti i giorni. Ragazzi che non toccavano le altre persone e oggi si abbracciano, che vuol dire cambiare la loro vita. Ragazzi che non scrivevano più perché, quando tu sei un ragazzo disabile, stai a casa per 20 anni di fila, ti dimentichi anche questo aspetto. Invece, oggi scrivono. Scrive Letizia, scrive Simone. E l’emozione di vedere un ragazzo che arriva con la sua prima comanda scritta e che piange e che piange tutto il ristorante per la gioia e per l’emozione è impagabile, è straordinaria”.
di Filippo Passantino – Sir
Foto SIR