Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

Andare fin dove Lui mi porta

Nella 61esima Giornata di preghiera per le vocazioni il Vescovo ha raccontato la propria chiamata

Sabato 20 aprile scorso si è svolta presso la Parrocchia di Gesù Buon pastore in Ischia la Veglia Diocesana per la 61esima Giornata di preghiera per le vocazioni, alla presenza del Vescovo Carlo, il quale ha sottolineato che la Giornata di preghiera nasce allo scopo di chiedere al Signore ogni tipo di vocazione, ma essa assume significato particolare per i sacerdoti, non solo per l’attuale crisi di vocazioni che stiamo vivendo in questi anni, ma per la particolare funzione svolta: il sacerdote è infatti colui che spezza la Parola e amministra i Sacramenti, non ultimo quello della Confessione.

Il Vescovo Carlo ha poi voluto donare ai presenti il racconto della propria vocazione, o meglio, una parte di esso, poiché ha promesso di raccontarci il resto in un’altra occasione.

Nel racconto si coglie essenzialmente una forte nota di serenità e pace, che scaturiscono entrambe da una relazione profonda con il Signore, stabilita in giovanissima età, senza esitazioni, una relazione che con la maturità si è arricchita di conferme che la hanno resa via via sempre più salda. Il vescovo ha detto di avere scelto presto nella sua vita di dire di sì al Signore, sperimentando subito la bellezza di questa decisione:

«Coglievo infatti tutta la bellezza del consegnarsi al Signore, credo che questa sia la cosa più bella: consegnare la propria vita nelle mani di Dio. Era questo il senso del lasciarsi condurre per strade e per sentieri che io fino a quel momento non conoscevo, ero pronto a mettere la mia vita nelle mani di Dio e di andare fin dove Lui mi avrebbe condotto».

Ha poi raccontato della sua esperienza di parroco nella nascente Parrocchia di Licola, territorio vocato al turismo, zona di villeggiatura che gli è sembrata lontana e sperduta:

«Accettai volentieri la proposta, chiedendomi nel contempo cosa mai avrei fatto d’inverno. Ho vissuto quella esperienza come il primo segno di Dio che si realizzava dopo aver detto sì alla sua volontà».

Scopre però subito che la ricchezza non era nel territorio, ma nella gente che lo popolava, quelle persone che poco a poco divennero la sua famiglia e che gli insegnarono la “bellezza del sacerdozio”, la preziosa relazione con le persone che Dio affida ai suoi pastori di anime. La prossimità è un valore che il Vescovo spesso sottolinea anche come tesoro tipico della nostra Diocesi:

«Qui a Ischia avete una grande ricchezza, la prossimità, siete vicini gli uni gli altri, ma essere vicini significa essere causa di bene e non di contrapposizione, la nostra capacità deve essere quella di armonizzare il bene che il Signore ci chiede di fare».

Se essere sacerdote significa assaporare la bellezza della relazione con il Signore e apprezzare la bellezza dell’affidarsi alla sua volontà nel fare il bene della comunità nella quale si è chiamati ad operare, questo significa però anche grande responsabilità, per questo il Vescovo ha raccontato un momento per lui decisivo e formativo, risalente agli anni trascorsi in seminario e cioè il giorno in cui, il 19 marzo del 1994, apprese che era stato assassinato don Peppe Diana, parroco di Casal di Principe. Era suo intimo amico:

«Per me che ero al quinto anno di seminario era una indicazione di cosa significasse essere prete, cosa volesse dire dare la vita per il Vangelo e per il popolo».

Ma essere prete – ha continuato – significa anche accogliere ogni giorno la Parola, che rende sempre nuova la vita e ci mette in movimento, non ci consente di rimanere fermi, una Parola che, pur essendo sempre la stessa, è sempre nuova e comunica ogni volta un messaggio diverso; essere prete significa poter comprendere la bellezza dei Sacramenti, celebrare i quali genera fede e consente di entrare sempre più in relazione profonda con il Signore. Allo stesso tempo però si entra in relazione con le persone, soprattutto attraverso il Sacramento della Confessione:

«Amministrare la confessione per un prete è una cosa bellissima, poter dire a chi si confessa che il Signore in ogni caso ti perdona, ti vuole bene, ti assiste nel rialzarti dalla caduta. L’esperienza della confessione è bellissima».

La confessione dona grazia e pace, ha continuato ricordando una confessione da adolescente dalla quale era uscito in un tale stato di grazia da ritenere che quello era il segno che Dio gli stava mandando, di essere a sua volta strumento di perdono.

Il Vescovo ha così concluso:
«Nessuno può programmare fino in fondo la propria vita, ma se ci si mette nelle mani del Signore, è lui che ci indica il percorso. Che il Signore ci doni santi sacerdoti!».

Vai alla Photogallery

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

I 1700 anni del Credo di Nicea

“Occasione straordinaria per essere una luce di speranza nell’oscurità di un mondo diviso e ferito” Il 2025 è l’anno in cui ricorrerà il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di