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La carità è il trionfo dello Spirito Santo

Un’altra e ultima virtù teologale trattata da Papa Francesco durante l’udienza generale è quella della carità: «Essa è il culmine di tutto l’itinerario che abbiamo compiuto con le catechesi sulle virtù. Pensare alla carità allarga subito il cuore, allarga la mente, corre alle parole ispirate di San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Concludendo quell’inno stupendo, San Paolo cita la triade delle virtù teologali ed esclama: «Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità».

Paolo indirizza queste parole a una comunità tutt’altro che perfetta nell’amore fraterno: i cristiani di Corinto erano piuttosto litigiosi, c’erano divisioni interne, c’è chi pretende di avere sempre ragione e non ascolta gli altri, ritenendoli inferiori. A questi tali Paolo ricorda che la scienza gonfia, mentre la carità edifica. L’Apostolo poi registra uno scandalo che tocca perfino il momento di massima unione di una comunità cristiana, vale a dire la “cena del Signore”, la celebrazione eucaristica: anche lì ci sono divisioni, e c’è chi se ne approfitta per mangiare e bere escludendo chi non ha niente.

Davanti a questo, Paolo dà un giudizio netto: «Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore», avete un altro rituale, che è pagano, non è la cena del Signore. … Ma c’è un amore più grande, un amore che proviene da Dio e si indirizza verso Dio, che ci abilita ad amare Dio, a diventare suoi amici, ci abilita ad amare il prossimo come lo ama Dio, col desiderio di condividere l’amicizia con Dio. Questo amore, a motivo di Cristo, ci spinge là dove umanamente non andremmo: è l’amore per il povero, per ciò che non è amabile, per chi non ci vuole bene e non è riconoscente. È l’amore per ciò che nessuno amerebbe; anche per il nemico. Anche per il nemico. Questo è “teologale”, questo viene da Dio, è opera dello Spirito Santo in noi».

San Francesco d’Assisi era soprannominato anche Serafico Padre in quanto ardeva di amore vero verso Dio e il prossimo. “Nient’altro possedeva, il povero di Cristo, se non due spiccioli, da poter elargire con liberale carità: il corpo e l’anima. Ma corpo e anima, per amore di Cristo, li offriva continuamente a Dio, poiché quasi in ogni istante immolava il corpo col rigore del digiuno e l’anima con la fiamma del desiderio: olocausto, il suo corpo, immolato all’esterno, nell’atrio del tempio; incenso, l’anima sua, esalata all’interno del tempio. Ma, mentre quest’eccesso di devozione e di carità lo innalzava alle realtà divine, la sua affettuosa bontà si espandeva verso coloro che natura e grazia rendevano suoi consorti. Non c’è da meravigliarsi: come la pietà del cuore lo aveva reso fratello di tutte le altre creature, così la carità di Cristo lo rendeva ancor più intensamente fratello di coloro che portano in sé l’immagine del Creatore e sono stati redenti dal sangue del Redentore. Non si riteneva amico di Cristo, se non curava con amore le anime da Lui redente.

Niente, diceva, si deve anteporre alla salvezza delle anime, e confermava l’affermazione soprattutto con quest’argomento: che l’Unigenito di Dio, per le anime, si era degnato di salire sulla croce. Da lì quel suo accanimento nella preghiera; quel correre dovunque a predicare; quell’eccesso nel dare l’esempio. E, perciò, ogni volta che lo biasimavano per la sua austerità eccessiva, rispondeva che lui era stato dato come esempio per gli altri. La sua carne innocente si sottometteva ormai spontaneamente allo spirito e non aveva alcun bisogno di castighi, in punizione delle colpe; eppure egli, in vista dell’esempio rinnovava contro di lei pene e fatiche e obbligava se stesso a percorrere vie faticose, in vista degli altri. Diceva: Anche se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità in me stesso e non mostrassi al prossimo esempi di virtù, poco gioverei agli altri, niente a me (FF 1168).

Papa Francesco conclude: «L’amore è la “porta stretta” attraverso cui passare per entrare nel Regno di Dio. Perché alla sera della vita non saremo giudicati sull’amore generico, saremo giudicati proprio sulla carità, sull’amore che noi abbiamo avuto in concreto. E Gesù ci dice questo, tanto bello: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Questa è la cosa bella, la cosa grande dell’amore. Avanti e coraggio!».

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